RUBRICA – Detto tra noi…

Gallina vecchia fa buon brodo

Etimologicamente anziano significa ancien ano, ovvero avanti con gli anni.  Un giorno un giornalista televisivo chiese al suo collega Enzo Biagi, quando una persona poteva ritenersi anziana. Con la solita flemma accattivante, il professionista rispose: “Quando i ricordi superano le aspettative”. Non male! Nella parola “ricordi” c’è tutto un passato che non ritorna; nella parola “aspettative” c’è ancora un possibile futuro da consumare. Con una sola differenza: quel passato è certezza; l’aspettativa è per lo più uno scampolo di speranza. Guai però ad usare la parola vecchio! Il divario percettivo fra i due termini identificanti è abissale e istantaneo, soprattutto perché l’uno esclude l’altro. Una persona di una certa età la percepiamo anziana se, pur vivendo in una sorta di mascherata stanchezza, riesce a dare una continuità alla propria esistenza, conservando gran parte dei valori a cui ha creduto durante la fase costruttiva della sua vita. La consideriamo invece  vecchia, quando ci accorgiamo che la sua esistenza si trascina nella parziale o totale rinuncia della propria autonomia, fino al limite della rassegnazione.  L’anziano lo percepiamo quindi ancora produttivo; il vecchio lo vediamo passivo e bisognoso. Ecco perché oggi, a mio modesto avviso, a differenza di ieri, esistono due status: quello di anziano e quello di vecchio.                     Prima eri vecchio e basta! 

Anche se c’è un filo sottile che accomuna i due momenti, annodato dalla inesorabilità del tempo. Più il tempo passa, e più c’è il pericolo di entrare nel tunnel della solitudine, lasciando all’esterno l’indifferenza e l’ipocrisia. Tutto ciò non avviene in assoluto, ma sicuramente investe la grandissima fetta di soggetti interessati. Non è nemmeno sufficiente essere circondati dalle premure e attenzioni degli altri, quando il senso di frustrazione invade la propria interiorità, perché quando ci si richiude in se stessi, si è comunque soli! Dove porta tale stato d’animo?

Quasi sempre verso la depressione e il decadimento fisico, che sono antesignani della discriminazione e dell’indifferenza. Tale condizione sociale si è accentuata negli ultimi anni per una serie di conseguenze da tempo conosciute a chi ha il compito di intercettarle. Complice primaria è la lievitante aspettativa di vita, resa possibile dalle evoluzioni medico-scintifiche e tecnologiche, nonché dal mutato stile di vita. Tutto ciò, se visto dalla finestra evolutiva, è un elemento fortemente positivo. Se lo guardiamo invece da quella della razionalità, ci accorgiamo che ha comunque delle ricadute pesanti, sia in termini finanziari, che sociali e sanitari. 

La gamba sinistra cammina con l’opportunità; quella destra con il problema. Nel passato, più remoto che recente,  i vecchi anziani erano, sempre e comunque, una risorsa irrinunciabile all’interno della famiglia, dovendo ricoprire principalmente il ruolo della saggezza e dell’esperienza vissuta. Vivevano per raccontare cosa avevano realizzato nella loro vita e, di contro, per consigliare chi tali realizzazioni doveva ancora perseguire.  Anche le condizioni interne alla famiglia erano completamente diverse, sia in termini di risorse, che di esigenze.  Il passaggio da anziano a vecchio veniva gestito direttamente dai suoi membri, spesso rappresentati dalle “donne di casa”.

Erano loro che accudivano le pareti domestiche, i figli, i nipoti e i nonni. Chi aveva ingrigito i capelli e la fantasia, si ritrovava con gli amici all’osteria, si fumava un sigaro davanti al fuoco del sempre acceso camino, raccontava il passato a chi ancora camminava carponi sul pavimento. Con l’avvento della giusta emancipazione femminile, e quindi la sua partecipazione attiva nel mondo del lavoro e del tempo libero, si è rovesciata tale situazione. Oggi come oggi, sono gli anziani ancora non vecchi,  ad aver cura dei nipoti, sia dal punto di vista cautelativo, che educativo.  Spesso e volentieri sono le sicure, anche se scarse, risorse economiche dei nonni a contribuire al sostentamento dell’intera famiglia. Poi quei nipoti crescono e quei nonni da anziani diventano vecchi e, da risorsa, diventano un problema. Arriva allora il momento della badante, magari straniera che, pur nella irreprensibilità comportamentale, significa sempre mettere a dura prova l’autostima e la dignità di chi ne abbisogna.  Inizia la discesa del sentirsi inutile. Peggio ancora quando lo stanzone di una residenza sociale, anche se pitturato di attenzioni ma vuoto d’intimità,  si sostituisce alla calda familiarità della propria casa; quando operatori sconosciuti e spogli di vincoli radicali, manipolano il suo corpo e la sua anima; quando orari imposti ed abitudini lacerate, prendono il posto della libertà del suo tempo; quando gli scelti amici di prima, vengono sostituiti dagli imposti compagni del dopo. Dovrà mangiare anche se non ha fame, dovrà dormire anche se non ha sonno, accompagnato dal recondito rimorso di essere un peso per chi deve prendersi cura di lui o per chi lo ha scaricato alle cure altrui come un sacco della differenziata. E’ il momento in cui il declino psicologico inizia a precipitare irreversibilmente, lasciando ampi spazi a propositi funesti, fino a considerare la fine dei propri giorni come unica soluzione alla propria esistenza. Ed il pensiero sarà solo uno: prima finisce, meglio è! Ecco perché è importante che i giovani di oggi comprendano prima possibile che anche loro diventeranno prima gli anziani e poi i vecchi del domani. Poi, come sempre accade, esiste chi fortunatamente non vive queste situazioni estreme, avendo la fortuna di arrivare al traguardo della propria esistenza circondato da umanità e riconoscenza. Occorre anche porsi una domanda a tal proposito: sono solo le persone ad invecchiare, o è anche la società che invecchia? Le trasformazioni strutturali e culturali, influiscono sempre sulle nostre condizioni di vita. Se in questi decenni si è registrato un sensibile decremento delle nascite, significa che l’incisività della terza età sul panorama sociale è maggiore rispetto al passato. Qualcuno potrebbe obiettare che, a prescindere dall’età, è sempre la stessa minestra. Forse è anche vero ma, detto fra noi, da che mondo è mondo, gallina vecchia ha sempre fatto buon brodo.

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