RUBRICA – Detto tra noi…

Sarà sempre troppo tardi

pace

Chi lavora per arrivare alla pace, anche se perde, comunque trionfa; chi lo fa per continuare la guerra, anche se vince, comunque ha perso.

Un gioco di parole che diventa un assioma di significati. Da che mondo è mondo, una stretta di mano richiede il contributo di due persone, mentre per un pugno è sufficiente la sola volontà di uno di loro. Ma è anche vero che la stretta avvicina e il pugno allontana.

Più volte mi sono interrogato sui perché l’essere umano annienta i propri simili anziché conviverci serenamente. E sempre non sono riuscito a darmi una risposta plausibile o, per lo meno, giustificativa. A volte tale fenomeno si verifica per sopraffazione o per esaltazione etnica: mai per necessità o per sopravvivenza.

Se così non fosse andremmo a distorcere la teoria di Darwin sulla evoluzione della specie. Un po’ come fece il nazismo attraverso la considerazione della razza pura e l’opportunità di annientare tutti coloro che inquinavano tale specificità.

Lo fecero in primis con gli ebrei, ma anche con i Rom, con i polacchi, con i disabili, con gli afro-tedeschi, con i dissidenti politici, i Testimoni di Geova, gli omosessuali. Tutte persone cioè che non venivano considerate a “norma” sociale. Era l’esaltazione del conformismo ideologico, usato come alibi per acquietare la sete di conquista.

Ed anche su questo non c’è una terza via, ovvero, se si convive in un rigido contenitore, quando uno si allarga, l’altro è costretto a restringersi.

E’ la legge del più forte, ma non di chi ha ragione.

Per far poi la pace non si può richiedere a chi si è dovuto restringere di rimanere stretto; occorre far capire a chi si è allargato, di ritornare sui suoi passi. Tanti esempi abbiamo in queste settimane intorno a noi, come la Russia che ha invaso l’Ucraina. Diventa difficile arrivare alla fine della guerra dicendo ai due contendenti: fermiamoci e lasciamo le cose così come sono adesso. Perché dietro a quel “adesso”, c’è un atto di prepotenza, i cui frutti devono ritornare all’albero che li ha generati e non possono restare nelle mani di chi li ha rubati con la forza.

Ecco perché la pace passa per la strada dell’equità e non per il sentiero della disparità.                                                                                                             

Però, per percorrere la via della pace, non basta a volte la volontà di partire, ma necessita avere la convinzione di arrivare.

Lungo il sentiero della guerra, invece, tutto è più semplice: basta individuare un semplice pretesto.

Per spegnere un grande fuoco occorre tanta acqua, per accenderlo è sufficiente una scintilla. E numerose sono state le scintille scoccate  in questi ultimi mesi in giro per il mondo, non ultima quella della striscia di Ghaza. Ciò che sta avvenendo in quel martoriato lembo di terra è solo la punta di un iceberg che affonda le sue radici in un retroterra culturale e religioso che investe più popoli, rendendoci quotidiani i termini a loro legati, come: sunniti, sciiti, semitismo, sionismo e così via. Sono talmente comuni questi termini, che vengono spesso da noi assimilati anche se non sempre compresi e metabolizzati.

E pensare, per esempio, che i sunniti e gli sciiti, credono nello stesso Dio, che è Allah, e condividono lo stesso libro sacro, che è il Corano.

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Eppure si fanno la guerra!

Anche nel nome c’è una derivazione diversa e precisa. I Sunniti lo prendono dalla Sunna, ovvero il codice comportamentale della comunità di fedeli all’Islam. Gli Sciiti invece prendono nome dal loro Ali, cugino e genero di Maometto, credendo che sia lui il suo prescelto per la successione.  Tra i Sunniti sono gli Imam a guidare la preghiera; per gli Sciiti ci pensano gli Ayatollah

E’ facile quindi dedurre che la religione o, meglio ancora, la fede, qualunque essa sia, condiziona il credo e le azioni dei popoli. Più forte è la fede e la credenza, più difficile è il raggiungimento della pace in caso di guerra.

Avveniva anche al tempo dell’Impero romano, dove la intaccabile fede dei cristiani era il loro maggior punto di forza che poteva essere debellato soltanto attraverso il martirio. L’unica differenza, di non poco conto, è che il loro credere veniva professato per il bene e la convivenza e non per la sopraffazione. Guardando però il rovescio della medaglia, ci accorgiamo che,  in nome di quella stessa fede professata dai martiri cristiani, le alte sfere ecclesiastiche mandavano al patibolo e al rogo gli eretici.

Mastro Titta ne sa qualcosa!                                                                                  Tutto questo per convincere che occorre la guerra per raggiungere la pace. Anche in questi giorni assistiamo  alla materializzazione della violenza usata per far terminare la violenza, con le truppe israeliane che invadono la Striscia di Gaza per  annientare i terroristi di Hamas. E’ fuori discussione il fatto che Hamas abbia commesso per primo un’azione criminosa attraverso il sanguinoso raid in territorio ebreo, colpendo la popolazione innocente.  

E’ però anche vero che la risposta di Israele, pur se vista come sacrosanta reazione, va a colpire persone e, soprattutto bambini, che hanno solo la colpa di trovarsi in quel posto nel momento sbagliato.

Anche in questo caso la scintilla iniziale è stata sprigionata dalla fede dove, da una parte ci sono i Palestinesi, che rivendicano la loro egemonia sulla terra che occupano; dall’altra avanzano gli Israeliani che vantano quella terra perché promessa da Dio ad Abramo, vedendo come una missione la conquista di Sion, ovvero la collina di Gerusalemme, dove dovrebbe essere sepolto Davide.                   

La cornice di questo quadro d’insieme culturale e religioso è costituita però da dissidi, divisioni, bombe, ostaggi, terrorismo, morte, distruzione.                               

Non so se un Dio, qualunque esso sia, possa mai giustificare tutte queste bestialità. E non sono certo i militari al fronte a volere la guerra, ma i politici che strategicamente li comandano.

Detto fra noi, chissà se un giorno comprenderanno che la costruzione di qual cosa non può passare attraverso la sua preventiva distruzione.

E, quando lo faranno, sarà sempre troppo tardi.

pace

RUBRICA – La risposta è nei libri

Il viaggio di Eirene, la dea della Pace, nella letteratura classica

Eirene Dea della Pace

Dai tempi antichi ai nostri giorni la storia è stata disseminata da guerre per la supremazia di alcuni popoli su altri; la politica, nei momenti di crisi, lascia posto agli interventi armati per risolvere divergenze su questioni solitamente economiche. L’uomo ha fatto progressi nei più svariati ambiti ma sul fronte dei conflitti nessun cambiamento di prassi, con tragiche conseguenze sulle popolazioni che pagano per le scelte di chi le governa.

Secondo Tucidide la principale caratteristica della natura umana è l’accrescimento, la tendenza ad aumentare la propria potenza, che comporta necessariamente il desiderio di annientare il rivale e anche se oggi, come in altre epoche, è il termine “guerra” il termine forte che mette in ombra quello di “pace”, la stessa ha percorso tutta la storia dell’umanità; essa è sempre stata cantata e ricercata come condizione necessaria per l’animo umano.

La pace inizia il suo viaggio nei miti greci dove è personificata dalla dea Eirene. Essa era figlia di Zeus, dio che ha stabilito un nuovo ordine cosmico e di Themis, dea della Giustizia universale, che ebbe tre figlie: Eirene, la Pace, Eunomia, la dea della legalità e del buon governo e Dike, la giustizia morale che presiede alla legge degli uomini, quasi che le tre cose siano inscindibilmente legate.

Eirene è raffigurata con un ramoscello d’ulivo mentre tiene in braccio il piccolo Plutone, divinità della ricchezza e dell’abbondanza a conferma che ricchezza ed abbondanza si possono trovare solo in tempo di pace.

L’immagine che comunemente abbiamo dell’antichità classica è tutt’altro che pacifica: la guerra è stata elogiata da poeti che ne esaltano la forza, la bellezza e l’eroismo, era ritenuta far parte dell’ordine naturale. L’eroe deve compiere in battaglia azioni degne del suo nome con le quali possa acquistarsi gloria e tiene al proprio onore più che alla causa comune.

 Ma molte sono le opere che parlano di pace. Spesso la nostra sensibilità può trovare quindi riscontro nelle parole di uomini e donne vissuti in secoli lontani, che hanno vissuto la guerra e hanno avuto il coraggio di condannarla nonostante la cultura dominante fosse rivolta all’esaltazione degli eroi e delle loro gesta eroiche.

  • Omero, nell’ Iliade, poema epico per eccellenza, tramanda anche tuttavia con forza e compassione le ragioni dei vinti. Il poema epico, che sembra scritto dai vincitori, porta in realtà alla luce l’umanità dei Troiani. Come scrive Alessandro Baricco: “A prima vista non te ne accorgi, accecato dai bagliori delle armi e degli eroi. Ma poi, nella penombra della riflessione viene fuori un Iliade che non ti aspetti. Vorrei dire: il lato femminile dell’Iliade…Relegate ai margini del combattimento, le donne incarnano l’ipotesi ostinata e quasi clandestina di una civiltà alternativa, libera dal dovere della guerra. Sono convinte che si potrebbe vivere in un modo diverso, e lo dicono. Nel modo più chiaro lo dicono nel VI libro dell’Iliade. In un tempo sospeso, vuoto, rubato alla battaglia, Ettore entra in città e incontra tre donne: ed è come un viaggio nell’altra faccia del mondo. A ben vedere tutte e tre pronunciano una stessa supplica, una supplica di pace, ma ognuna lo fa in modo diverso. La madre Ecuba, la regina dei Troiani, lo invita a pregare. Elena lo invita al suo fianco, a riposarsi. E la moglie Andromaca, alla fine, gli chiede di essere padre e marito prima che eroe e combattente”. Andromaca dice infatti ad Ettore: “Non rendere orfano tuo figlio, non fare di tua moglie una vedova”. Al tripudio del trionfo del vincitore si contrappone sempre il compianto e la pietà per il vinto; il dolore ed il pianto per gli eroi caduti, accompagnano tutto il poema ed ogni lettore si trova portato a compiangere con Achille la morte di Patroclo, e con Priamo la morte di Ettore. Appare molto significativa la conclusione della grande epopea bellica con i solenni funerali di Ettore.
  • Euripide ne “Le Troiane” fa ascoltare il grido di pace delle donne prese schiave dai Greci vittoriosi, andando incontro al loro destino in quanto parte del bottino di guerra con una dignità che sottolinea che i grandi eroi greci della guerra sono barbari spietati, protagonisti nel gioco senza senso della guerra, non capaci di accettare di limitare la loro sete di potere.
  • Aristofane nella sua commedia “La Pace”, canta la pace in modo assoluto: la dea Eirene, dopo essere stata liberata dal contadino Trigeo dalla prigione in cui la teneva il Dio della guerra, rifiuta sacrifici in suo favore e trasforma le lance in pali per le viti e gli scudi in recipienti. La condanna della guerra ed il ripristino della pace fu l’obbiettivo principale, se non l’unico di questo autore civilmente e politicamente impegnato
  • Menandro nella sua commedia “Lo Scudo”, fa recitare al servo Davo una lunga battuta che denuncia gli orrori della guerra. Egli racconta dei morti, sfigurati, tra i quali non è stato in grado di riconoscere il suo padrone; racconta dello scudo, che ogni soldato doveva conservare, simbolo di onore, e che assurdamente torna a casa senza il giovane che lo portava con sé. Un tragico resoconto che stride con la caratterizzazione del personaggio, uno schiavo, che come tale, per le regole della Commedia, era personaggio comico; diventa una sorta di clown triste che porta in scena gli orrori della guerra in Licia.
  • Antigone di Sofocle che vuole dare sepoltura al fratello, contro i decreti regali che lo considerano un traditore è convinta che l’obbligo morale abbia la precedenza sull’obbligo civile. L’orrore della guerra è sullo sfondo, la denuncia dell’arroganza del re emerge potente: Antigone è simbolo di ribellione, di una volontà di giustizia portata avanti fino al sacrificio di se stessa.
  • Per concludere il nostro viaggio nell’antica Grecia, non possiamo non richiamare un passo particolarmente significativo di Erodoto che nelle Storie, fa rispondere Creso ad una domanda di Ciro che gli chiedeva quale follia lo aveva spinto a muovere guerra a lui, il quale era considerato molto più potente da non permettere nessuna illusione circa l’esito del conflitto: “…di tutto questo il colpevole fu il dio dei Greci, che mi esortò alla guerra. Nessuno è così folle da preferire la guerra alla pace: in pace i figli seppelliscono i padri, in guerra invece i figli seppelliscono i padri…”

La presenza scomoda di questi letterati rappresenta una critica interna ai presupposti e alle pratiche della guerra che impregnavano l’ideologia della Grecia antica: la pace è vista da loro come situazione di normalità, contrapposta alla guerra, che è invece situazione in cui si ha un rovesciamento dell’ordine naturale.
In un mondo in cui la guerra era considerata una circostanza ben più normale della pace essi hanno avuto il coraggio di essere la voce fuori dal coro.

Non è facile in un momento come questo parlare di pace ma ricordiamo che ogni guerra, passata o presente, rappresenta la sconfitta dell’umanità, della diplomazia e della ragione.

RUBRICA – Pillole dell’avvocato

Internazionalizzazione e PMI: un approccio come Boutique

internazionalizzazione-e-PMI

Una Boutique legale alle prese con i rapporti Italia-Medio Oriente: Simone Facchinetti, Founder di Facchinetti Studio Legale, racconta la sua esperienza professionale.

F.L.: In che modo la sua realtà professionale incarna il modello Boutique?
S.F.: La relazione con il cliente è rapida e aggiornata, sempre gestita da due professionisti di Studio contemporaneamente. Offriamo un servizio di risk management, illustrando rischi, opzioni e soluzioni al singolo caso sottoposto, confrontandoci attivamente con il cliente con assertività e responsività.

Il team di studio è aggiornato, smart, sostenibile, assertivo, lavora con etica, nel rispetto della certificazione ESG.

Il nostro modello di business è concentrato su una clientela am- pia che viene selezionata e ristretta a seconda delle divisioni di materia e campo giuridico, con la ricerca di servizi altamente personalizzati a seconda delle necessità del caso e della strategia di approccio adottata sempre di concerto con il cliente. Interve- niamo nei seguenti settori: impresa, PMI italiana e estera, con dedizione al diritto internazionale, internazionalizzazione d’impresa, sponsorizzazione sportiva e gestione giuridica delle ope- re d’arte. Contrattualistica domestica e internazionale, creazione e protezione del personal branding, consulenza societaria che sfocia anche in gestione dei patrimoni personali/familiari, nella protezione delle opere d’arte e nell’ambito sportivo con la gestione dell’immagine/reputazione degli atleti, con attenzione tanto civilistica che penale.

Il team di studio è aggiornato, smart, sostenibile, assertivo, lavora con etica, nel rispetto della certificazione ESG.

F.L.: Quali peculiarità e quali potenzialità riscontra nelle sue strategie di business?
S.F.: Innovazione, reattività, sostenibilità, inclusione, etica e ricerca di una strategia di gestione del rischio/soluzioni concordate con il cliente.

È altresì importante l’approfondimento di temi e materie dedicate, dal societario alla contrattualistica, dal diritto sportivo al tratta- mento giuridico fiscale delle opere d’arte, dall’internazionalizzazione di impresa alla protezione dei marchi e personal branding, dalla finanza agevolata all’industria 5.0.
Attuiamo la ricerca di vantaggi competitivi operando con lealtà e trasparenza, instaurando relazioni autentiche con i clienti/colleghi/altri operatori del settore, definendo scopi, strategie e desiderata del cliente.
Catalizziamo le energie e competenze del team, in ottica di gestione del tempo e risorse nel miglior interesse per il cliente. Abbiamo la capacità di stabilire e mantenere relazioni di lungo termine con i clienti, sviluppando un rapporto di fiducia e collaborazione, attraverso l’assertività con il team di lavoro e con il cliente, per dedicare equilibrio nelle emozioni che connotano la nostra attività.
Inoltre, i ruoli di rappr. Uff. della Camera di Commercio Italiana negli Emirati Arabi Uniti dal 2016 ad oggi, così come di legal advisor di Arab Fashion Council consentono una relazione diretta con operatori del settore stranieri (non solo emiratini e del Medio Oriente) per la ricerca del migliore intervento di export da dedica- re alle PMI italiane (e viceversa).
Una nostra challenge: ricerchiamo nuove sfide costantemente, tra queste la pubblicazione a breve del primo libro in materia di diritto di famiglia sulle spese ordinarie e straordinarie da ripartir- si tra i genitori per i figli, individuando nuove frontiere e strumenti di soluzione nella gestione della crisi familiare.

F.L.: Il suo studio si occupa in particolar modo di rapporti Italia Medio-Oriente, all’interno del settore di Interna- zionalizzazione d’impresa. Nel ruolo di Boutique, come gestisce il suo studio questa particolare practice?

S.F.: Attraverso il monitoraggio delle novità normative, culturali, fiscali, economiche e commerciali dello Stato emiratino e del Medio Oriente e con la verifica delle tendenze di mercato, le opportunità di investimento e le sfide specifiche che le PMI italiane possono incontrare espandendosi in questa macroarea. Curiamo anche lo sviluppo di una vasta rete di contatti e partnership con professionisti, istituzioni e imprese negli Emirati Arabi Uniti, strategici per identificare le migliori e più adatte opportunità di business e partnership per i clienti. Nel gestire questa practice, lo Studio si concentra sulla consulenza personalizzata e sulla pianificazione strategica, comprendendo le loro esigenze, valutando i rischi, le opportunità e sviluppando piani d’azione su misura per assisterli nel raggiungimento dei loro obiettivi. Forniamo una c.d. “cassetta degli attrezzi” dedicata alle azioni di export. Infine, viene offerto supporto continuo e follow-up durante tutto il processo di internazionalizzazione d’impresa.

La fondamentale connessione tra pace, sostenibilità e futuro: Un estratto dal volume “Salvator Mundi – Manifesto per la pace” sulla rigenerazione verde

pace sostenibilità e futuro

“La Terra non è un’eredità ricevuta dai nostri padri, ma un prestito da restituire ai nostri figli”. Con questo antico proverbio amerindio si apre il capitolo del volume “Salvator Mundi – Manifesto per la pace” dedicato alla rigenerazione verde delle aree colpite dai conflitti.

La necessità di preservare l’ambiente e i territori teatro delle attuali guerre non può essere sottovalutata, in un momento storico in cui le sfide ambientali sono legate anche al profondo concetto di pace.

In questa prospettiva, abbiamo il piacere di inserire in questo numero di Atlas Magazine un estratto speciale dal “Salvator Mundi – Manifesto per la pace” della giornalista Katia La Rosa, Presidente di ItDifesa e autore e fondatore di tutto il progetto integrato, presentato alla Camera dei Deputati lo scorso 11 luglio, e in prossima presentazione al Senato, presumibilmente per il mese di gennaio.

Tale estratto è a cura di Benedetto Roberto Ingoglia, imprenditore a capo di Energy Holding, società che coordina l’intero Gruppo Energy, al quale appartiene la più conosciuta Energy Italy SpA.

Con le sue riflessioni, Ingoglia ci spinge a considerare il nostro ruolo attivo nella transizione energetica come un atto di responsabilità nei confronti delle generazioni future, introducendo il suo progetto RIGENERAZIONE VERDE, che mira a diffondere una cultura sostenibile a sostegno della pace, attraverso la ricostruzione delle aree verdi colpite e distrutte dalla guerra, creando un futuro più sostenibile e pacifico per le generazioni future, rafforzando ancor il legame imprescindibile tra pace e sostenibilità ambientale.

Volontariato online: un nuovo modo per contribuire alla società, comodamente da casa

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I potenti rammentino che la felicità non nasce dalla ricchezza né dal potere, ma dal piacere di donare”. 

Un’espressione a prima vista molto forte, utilizzata da Fabrizio De Andrè nel contesto del disco “Tutti morimmo a stento”, ma che riesce con pochissime parole a rappresentare il profondo significato del volontariato.

Mettersi a disposizione dell’altro, dedicarsi a soddisfare un bisogno altrui, anche apparentemente insignificante, rende felici.

L’esperienza quotidiana ci insegna, infatti, che nessuna forma di potere eguaglia quella dell’amore, non solo per chi lo riceve ma anche per chi lo dona.

La stessa quotidianità, tuttavia, molto spesso non ammette pause, non concede spazi per virare le nostre attenzioni verso orizzonti di altruismo.

A colmare tale lacuna interviene, però, la società e gli strumenti che la medesima mette a disposizione; in effetti, sempre più spesso si parla del c.d. volontariato online.

Nell’era moderna, per occuparsi delle cause che ci stanno più a cuore, è sufficiente una buona connessione internet e un portatile, un tablet o uno smartphone, restando sul proprio divano o comodamente in pigiama.

Trattandosi comunque di volontariato, anche quello online richiede tempo e dedizione, ma offre l’enorme vantaggio di poter organizzare più liberamente e senza vincoli il tempo da riservare all’attività selezionata.

Al contrario di quanto possa apparire a prima vista, inoltre, il volontariato online è per tutti, in quanto si può svolgere da qualunque posto e indipendentemente dalle proprie capacità o competenze.

Basta navigare un pochino in internet per rendersi conto che ci sono tante opportunità in tal senso; si tratta spesso di iniziative internazionali ovvero offerte in lingua inglese, ma facilmente traducibili in lingua italiana.

Alcune attività, poi, richiedono abilità specifiche, altre no.

Rientrano nella prima categoria tutti quei progetti ideati da associazioni che ricercanovideomaker o programmatori, che consentono di gestire siti web o social media oppure di svolgere attività di consulenza, di formazione o, ancora, di tradurre documenti e redigere testi in altre lingue.

Facciamo qualche esempio concreto.

Il più noto è sicuramente il programma di volontariato online ideato dalle Nazioni Unite nel 2000, all’interno del quale cittadini e associazioni, in qualunque parte del mondo si trovino, possono scegliere l’azione da svolgere, selezionando il tipo di attività, l’ambito di intervento, l’area geografica e il numero di ore da dedicarvi; per potervi partecipare, tuttavia, è necessario avere delle conoscenze specifiche in alcuni ambiti come l’IT o la grafica.

Famoso è, altresì, il portale predisposto da “Ayni Cooperazione”, avente ad oggetto il volontariato internazionale, finalizzato ad avvicinare i volontari italiani ad associazioni che lottano contro la povertà, la discriminazione e lo sfruttamento.  All’interno di esso, è possibile dare il proprio contributo con attività di fundraising, di consulenza, di traduzione, di comunicazione e marketing, di grafica, di progettazione e tanto altro.

Non richiedono, invece, particolari abilità quelle piattaforme dove il proprio apporto si limita alle attenzioni da dedicare a qualcuno o a qualcosa.

Sotto tale profilo, merita di essere certamente menzionata l’app gratuita (disponibile sia per iOS che Android) “BeMyEyes”, che connette soggetti non vedenti o ipovedenti con volontari normovedenti. In buona sostanza, i volontari aiutano queste persone a diventare il più autonome possibile, rispondendo alle loro video-chiamate per fornire assistenza visiva per attività anche basilari, che vanno dall’indicazione del colore dei vestiti alla preparazione della cena, passando per molto altro ancora (ad esempio, viene chiesto ai volontari di indicare se le luci sono accese o dove si trovano alcuni oggetti in casa).

Peculiare è, poi, il servizio offerto da “7 cups” che mette in contatto chi ha bisogno di esprimere i propri pensieri e le proprie paure con persone formate ad ascoltare.  In questo contesto, tutti possono proporsi come volontari ascoltatori, beneficiando, altresì, di una formazione online gratuita perché – è bene evidenziarlo – saper ascoltare non è soltanto un’attitudine, ma richiede sensibilità, attenzione e una buona dose di intelligenza emotiva.  Ricevere una formazione in merito, in effetti, può fornire vantaggi non solo per chi chiede di essere ascoltato, ma anche per il volontario che intende ascoltare, potendo ricavare da questa esperienza un’opportunità di crescita personale.

Così come di certo contribuisce a uno sviluppo di determinati temi, il progetto dell’Università di Harvard, c.d. “Project Implicit”, che si propone di studiare pensieri e sentimenti nell’ambito dell’inconscio.  In tal caso, è sufficiente partecipare ai test messi a disposizione sul loro sito; lo scopo è quello di trasmettere i dati ai ricercatori e così consentirgli un approccio più concreto al mondo delle emozioni, sempre complesso da esaminare.   L’unico difetto – almeno per quanto riguarda gli italiani – è che non è prevista la possibilità di effettuare il test in lingua italiana.

Ci sono, da ultimo, attività, previste soprattutto per i più giovani, che permettono di contribuire in modo davvero semplice al benessere generale; ad esempio, la piattaforma “Do Something” consente, tra l’altro, di creare playlist non più lunghe di cinque minuti per limitare il tempo della doccia e sprecare meno acqua possibile.

Insomma, i progetti relativi al volontariato online sono molti; c’è spazio per tutti e ognuno può dare il proprio contributo, nei modi e nei tempi che desidera.

Basta soltanto un po’ di organizzazione e di volontà di supportare le attività che riteniamo più adeguate alla nostra personalità, facendo sì, del bene agli altri, ma anche a noi stessi.

Non dimentichiamo, infatti, che il volontariato – qualsiasi tipo di volontariato – consente di metterci in contatto con tante persone e con tante esperienze diverse, comportando un indubbio arricchimento del nostro bagaglio culturale, in un percorso di crescita sia a livello personale, che, a seconda del campo scelto, anche professionale.

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Halloween: una storia di divertimento e paura

Halloween, una delle festività più iconiche del mondo occidentale, ha radici che affondano nella storia, mescolando tradizioni antiche e influenze culturali moderne. Andiamo a conoscerle!

Origini celtiche

Le radici di Halloween affondano nelle celebrazioni celtiche antiche, in particolare nella festa di Samhain. Celebrata intorno al 31 ottobre, Samhain segnava la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno e si riteneva che in questa notte il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti si assottigliasse, consentendo agli spiriti di tornare sulla Terra. Gli antichi Celti accendevano di conseguenza fuochi e indossavano maschere per scacciare gli spiriti maligni.

Influenza cristiana

Con la diffusione del cristianesimo, la festa di Samhain fu influenzata dalla festa cristiana di Ognissanti, che si celebra il 1° novembre. La sera precedente, il 31 ottobre, divenne nota come “All Hallows’ Eve” (la vigilia di Ognissanti), da cui derivò il termine “Halloween”. Le tradizioni pagane e cristiane si fusero quindi gradualmente.

Immigrazione in America

Durante il XIX secolo, i coloni irlandesi portarono le tradizioni di Halloween in America, dove la festa divenne sempre più popolare. Qui, le tradizioni celtiche si mescolarono con altre influenze culturali, dando origine a costumi, dolcetti e festeggiamenti notturni.

La moderna festa di Halloween

Halloween ha subito un’ulteriore evoluzione nel corso del XX secolo. Ora è una festa caratterizzata da costumi spaventosi, dolcetti, case infestate e decorazioni a tema horror. Le famiglie si preparano a “dolcetto o scherzetto”, i bambini vanno a caccia di caramelle e le persone di tutte le età partecipano a feste in costume.

Perché festeggiare quindi questa festa?

Concludendo quindi Halloween è una festa unica che fonde tradizioni antiche e influenze moderne, portando paura, divertimento e comunità insieme in una notte di festa. Indipendentemente dalla sua storia, è un momento in cui le persone possono abbracciare la loro immaginazione, condividere dolcetti e, per una notte, immergersi nel mondo del soprannaturale. Quindi, indossate i vostri costumi, preparatevi a dolcetto o scherzetto e godetevi una notte di Halloween!

RUBRICA – Detto tra noi…

Gallina vecchia fa buon brodo

Etimologicamente anziano significa ancien ano, ovvero avanti con gli anni.  Un giorno un giornalista televisivo chiese al suo collega Enzo Biagi, quando una persona poteva ritenersi anziana. Con la solita flemma accattivante, il professionista rispose: “Quando i ricordi superano le aspettative”. Non male! Nella parola “ricordi” c’è tutto un passato che non ritorna; nella parola “aspettative” c’è ancora un possibile futuro da consumare. Con una sola differenza: quel passato è certezza; l’aspettativa è per lo più uno scampolo di speranza. Guai però ad usare la parola vecchio! Il divario percettivo fra i due termini identificanti è abissale e istantaneo, soprattutto perché l’uno esclude l’altro. Una persona di una certa età la percepiamo anziana se, pur vivendo in una sorta di mascherata stanchezza, riesce a dare una continuità alla propria esistenza, conservando gran parte dei valori a cui ha creduto durante la fase costruttiva della sua vita. La consideriamo invece  vecchia, quando ci accorgiamo che la sua esistenza si trascina nella parziale o totale rinuncia della propria autonomia, fino al limite della rassegnazione.  L’anziano lo percepiamo quindi ancora produttivo; il vecchio lo vediamo passivo e bisognoso. Ecco perché oggi, a mio modesto avviso, a differenza di ieri, esistono due status: quello di anziano e quello di vecchio.                     Prima eri vecchio e basta! 

Anche se c’è un filo sottile che accomuna i due momenti, annodato dalla inesorabilità del tempo. Più il tempo passa, e più c’è il pericolo di entrare nel tunnel della solitudine, lasciando all’esterno l’indifferenza e l’ipocrisia. Tutto ciò non avviene in assoluto, ma sicuramente investe la grandissima fetta di soggetti interessati. Non è nemmeno sufficiente essere circondati dalle premure e attenzioni degli altri, quando il senso di frustrazione invade la propria interiorità, perché quando ci si richiude in se stessi, si è comunque soli! Dove porta tale stato d’animo?

Quasi sempre verso la depressione e il decadimento fisico, che sono antesignani della discriminazione e dell’indifferenza. Tale condizione sociale si è accentuata negli ultimi anni per una serie di conseguenze da tempo conosciute a chi ha il compito di intercettarle. Complice primaria è la lievitante aspettativa di vita, resa possibile dalle evoluzioni medico-scintifiche e tecnologiche, nonché dal mutato stile di vita. Tutto ciò, se visto dalla finestra evolutiva, è un elemento fortemente positivo. Se lo guardiamo invece da quella della razionalità, ci accorgiamo che ha comunque delle ricadute pesanti, sia in termini finanziari, che sociali e sanitari. 

La gamba sinistra cammina con l’opportunità; quella destra con il problema. Nel passato, più remoto che recente,  i vecchi anziani erano, sempre e comunque, una risorsa irrinunciabile all’interno della famiglia, dovendo ricoprire principalmente il ruolo della saggezza e dell’esperienza vissuta. Vivevano per raccontare cosa avevano realizzato nella loro vita e, di contro, per consigliare chi tali realizzazioni doveva ancora perseguire.  Anche le condizioni interne alla famiglia erano completamente diverse, sia in termini di risorse, che di esigenze.  Il passaggio da anziano a vecchio veniva gestito direttamente dai suoi membri, spesso rappresentati dalle “donne di casa”.

Erano loro che accudivano le pareti domestiche, i figli, i nipoti e i nonni. Chi aveva ingrigito i capelli e la fantasia, si ritrovava con gli amici all’osteria, si fumava un sigaro davanti al fuoco del sempre acceso camino, raccontava il passato a chi ancora camminava carponi sul pavimento. Con l’avvento della giusta emancipazione femminile, e quindi la sua partecipazione attiva nel mondo del lavoro e del tempo libero, si è rovesciata tale situazione. Oggi come oggi, sono gli anziani ancora non vecchi,  ad aver cura dei nipoti, sia dal punto di vista cautelativo, che educativo.  Spesso e volentieri sono le sicure, anche se scarse, risorse economiche dei nonni a contribuire al sostentamento dell’intera famiglia. Poi quei nipoti crescono e quei nonni da anziani diventano vecchi e, da risorsa, diventano un problema. Arriva allora il momento della badante, magari straniera che, pur nella irreprensibilità comportamentale, significa sempre mettere a dura prova l’autostima e la dignità di chi ne abbisogna.  Inizia la discesa del sentirsi inutile. Peggio ancora quando lo stanzone di una residenza sociale, anche se pitturato di attenzioni ma vuoto d’intimità,  si sostituisce alla calda familiarità della propria casa; quando operatori sconosciuti e spogli di vincoli radicali, manipolano il suo corpo e la sua anima; quando orari imposti ed abitudini lacerate, prendono il posto della libertà del suo tempo; quando gli scelti amici di prima, vengono sostituiti dagli imposti compagni del dopo. Dovrà mangiare anche se non ha fame, dovrà dormire anche se non ha sonno, accompagnato dal recondito rimorso di essere un peso per chi deve prendersi cura di lui o per chi lo ha scaricato alle cure altrui come un sacco della differenziata. E’ il momento in cui il declino psicologico inizia a precipitare irreversibilmente, lasciando ampi spazi a propositi funesti, fino a considerare la fine dei propri giorni come unica soluzione alla propria esistenza. Ed il pensiero sarà solo uno: prima finisce, meglio è! Ecco perché è importante che i giovani di oggi comprendano prima possibile che anche loro diventeranno prima gli anziani e poi i vecchi del domani. Poi, come sempre accade, esiste chi fortunatamente non vive queste situazioni estreme, avendo la fortuna di arrivare al traguardo della propria esistenza circondato da umanità e riconoscenza. Occorre anche porsi una domanda a tal proposito: sono solo le persone ad invecchiare, o è anche la società che invecchia? Le trasformazioni strutturali e culturali, influiscono sempre sulle nostre condizioni di vita. Se in questi decenni si è registrato un sensibile decremento delle nascite, significa che l’incisività della terza età sul panorama sociale è maggiore rispetto al passato. Qualcuno potrebbe obiettare che, a prescindere dall’età, è sempre la stessa minestra. Forse è anche vero ma, detto fra noi, da che mondo è mondo, gallina vecchia ha sempre fatto buon brodo.

RUBRICA – Pillole dell’avvocato

1° giugno 2023: entra in vigore il Brevetto Unitario e il Tribunale Unificato dei Brevetti

L’introduzione del Brevetto Unitario e del Tribunale Unificato dei Brevetti, costituiscono una tappa fondamentale dell’evoluzione del processo di creazione di una protezione uniforme brevettuale nell’Unione. La tutela brevettuale unitaria, infatti, favorisce il funzionamento del mercato interno e del commercio, rendendo l’accesso al sistema brevettuale più facile, economicamente meno oneroso e giuridicamente sicuro garantendo altresì delle misure più efficaci di armonizzazione delle norme interne all’Unione Europea.

Con uno sguardo alla normativa comunitaria, di particolare importanza sono l’istituzione di due regolamenti: il Regolamento UE n. 1257/2012 e il Regolamento UE n. 1260/2012; il primo relativo all’attuazione di una tutela brevettuale unitaria mentre il secondo autorizza la cooperazione rafforzata per il regime di traduzione applicabile. A ciò si aggiunge anche l’accordo del Consiglio dell’Unione Europea n. 2013/C 175/01 che ha istituito il Tribunale Unificato dei Brevetti.

Il Brevetto Unitario  

Il Brevetto europeo con effetto unitario viene rilasciato dall’Ufficio Europeo dei brevetti (EPO) e consente, attraverso il pagamento di un’unica tassa di rinnovo all’EPO, di ottenere contemporaneamente la protezione ventennale nei 17 paesi UE che hanno ratificato l’accordo TUB. Ad oggi, gli stati aderenti sono 25, ma il brevetto unitario si può far valere solo nei paesi che hanno ratificato i regolamenti che sono appunto solo 17. È bene notare che il brevetto unitario non si sostituisce, ma si affianca, alla tutela brevettuale già esistente.

Dall’art. 3 del Reg. UE n. 1257/2012 si evince la definizione di Brevetto europeo con effetto unitario, ossia un brevetto europeo la cui peculiarità è quella di possedere un carattere unitario: fornire una protezione uniforme e avere pari efficacia in tutti gli Stati Membri partecipanti. Pertanto, esso può essere limitato, trasferito, revocato o estinto unicamente in relazione agli Stati membri partecipanti.

Per quanto riguarda gli effetti del Brevetto unitario, sono indicati al capo II del Reg. UE n. 1257/2012, in particolare l’art. 5 afferma che “il brevetto europeo con effetto unitario conferisce al titolare il diritto di impedire a qualsiasi terzo di commettere atti avverso i quali tale brevetto fornisce tutela in tutti i territori degli Stati Membri partecipanti in cui ha effetto unitario, fatte salve le limitazioni applicabili.” Inoltre, in relazione al principio di uniformità del diritto, rilevante è l’art. 7 del Reg. UE n. 1257/2012 in base al quale il brevetto europeo con effetto unitario è considerato nella sua totalità e in tutti gli Stati Membri partecipanti come un brevetto nazionale dello Stato in cui tale brevetto abbia effetto unitario.  

Il Tribunale Unificato dei Brevetti (UPC)

Prima dell’introduzione del Tribunale Unificato dei Brevetti (UPC: Unified Patent Court), la tutela brevettuale nell’Unione era fondata sul Brevetto europeo, che tuttavia non offre una tutela unitaria. Il Brevetto europeo infatti è governato dalla Convenzione sul brevetto europeo e dalle leggi nazionali degli Stati Membri della convenzione stessa, dunque ricade sotto la giurisdizione del tribunale nazionale di ciascuno stato. Di conseguenza, ciò può portare ad avere difficoltà quando il titolare del brevetto desidera far valere un brevetto europeo in più paesi e il contenzioso in più paesi comporta il rischio di dover affrontare decisioni del tutto divergenti dinnanzi a tribunali differenti con il conseguente aumento esponenziale del rischio di soccombenza e dei costi legali. Al fine di superare queste difficoltà, è stato introdotto un Tribunale Unificato con competenza esclusiva sia per i brevetti unitari che europei.

Il vantaggio principale del Tribunale Unificato dei Brevetti (UPC) è rappresentato dalla giurisdizione unica che elimina la necessità, in caso di violazione del brevetto, di avviare contenziosi paralleli dinanzi ai tribunali nazionali in una molteplicità di giurisdizioni europee, con un beneficio in termini di economia processuale. Vi sarà, infatti, un’unica procedura giudiziaria il cui esito sarà valido contemporaneamente in tutti i paesi dove il brevetto è efficace e protetto. Durante una prima fase iniziale, chiamata periodo transitorio della durata di 7 anni, solo per i Brevetti Europei già concessi avranno la facoltà di escludere la competenza dell’UPC mediante una richiesta di rinuncia definita “opt-out”, la quale può essere presentata mediante un modulo standard disponibile sul sito web dell’UPC. In questo modo la giurisdizione, sarà, quindi unicamente quella dei singoli Paesi di convalida del brevetto. Similmente, la legislazione concede la possibilità di revocare tale scelta attraverso una richiesta di “opt-in”, salvo che non sia già stata proposta un’azione di fronte ad una Corte nazionale.

In relazione alla sua composizione, l’UPC si articola in un Tribunale di primo grado, una Corte d’Appello con sede a Lussemburgo e una Cancelleria ubicata presso la Corte d’Appello. Il Tribunale di primo grado si compone a sua volta, in una divisione centrale con sede a Parigi e sezioni a Monaco e Londra, ma a seguito della Brexit è necessario trovare un’altra collocazione; il governo italiano ha individuato Milano come possibile terza sede. Inoltre, sono previste anche delle divisioni locali e regionali, in questo caso possono essere istituite in ogni stato membro contraente che ne faccia richiesta, decidendone anche la rispettiva sede. La distribuzione delle azioni tra le divisioni del Tribunale, è, invece, regolata dall’art. 33 dell’Accordo. Secondo la norma in questione, “le azioni di contraffazione, di risarcimento del danno, cautelari e per gli indennizzi, sono di competenza delle divisioni locali e regionali.” Invece, “le azioni di nullità in via principale, quelle di accertamento negativo e quelle relative alle decisioni dell’UEB, confluiscono alla sede centrale.”

Infine, per quanto riguarda la lingua del procedimento davanti al tribunale di primo grado, l’art. 49 afferma che “La lingua del procedimento dinnanzi alle divisioni regionali o locali è una lingua ufficiale dell’Unione europea che è la lingua ufficiale o una delle lingue ufficiali dello Stato membro contraente che ospita la divisione interessata. “Vi è la possibilità di derogare a tale regola in quanto gli Stati Membri possono scegliere una o più lingue ufficiali dell’Ufficio europeo dei brevetti oppure per motivi di praticità si può utilizzare la lingua in cui è stato rilasciato il brevetto. Invece, la lingua del procedimento presso la divisione centrale è quella in cui è stato rilasciato il brevetto.  

In conclusione, le misure adottate dall’Unione, dunque, hanno come obiettivo quello di eliminare la frammentazione del mercato dei brevetti e le ampie discrepanze tra i differenti ordinamenti giuridici nazionali che possono rappresentare un pregiudizio alla ricerca e all’innovazione, cercando, invece, di favorire una tutela amplificata dei diritti di proprietà intellettuale.

L’empatia: il motore invisibile della trasformazione sociale

Nel corso della storia umana, l’empatia ha dimostrato di essere una forza motrice straordinaria, capace di guidare la trasformazione sociale e portare avanti cambiamenti significativi. Intesa come la capacità di comprendere e condividere i sentimenti degli altri, ha il potere di creare connessioni profonde, superare le barriere culturali e generare un impatto positivo sul mondo che ci circonda.

Spesso confusa con la simpatia, l’empatia in realtà rappresenta una forma di comprensione più profonda, che ci porta a metterci nei panni degli altri e vedere il mondo attraverso i loro occhi. Ci permette di sentire con loro, di condividere le loro emozioni e, allo stesso tempo, di mantenere una certa distanza per non fonderci completamente con la loro esperienza.

Nel caos del mondo moderno, l’empatia sembra essere un valore sempre più raro, che si manifesta in poche occasioni, per lo più in concomitanza di eventi negativi, catastrofi o crisi umanitarie, come accaduto con il Covid, il conflitto in Ucraina o l’ultima alluvione avvenuta in Emilia Romagna. 

Oggi, viviamo in una società sempre più diversificata, con persone provenienti da culture differenti, esperienze e aspettative. Questa diversità, purtroppo, spesso porta a malintesi e pregiudizi.

Eppure, se coltivassimo l’empatia, potremmo superare queste barriere e promuovere l’inclusione sociale, sviluppando una mentalità aperta, a discapito degli stereotipi che spesso ci limitano.

Quando ci mettiamo nei panni degli altri e comprendiamo le loro difficoltà, sviluppiamo una maggiore consapevolezza delle ingiustizie e delle disuguaglianze che esistono nel mondo, rendendoci più responsabili delle nostre azioni e incoraggiandoci a contribuire al benessere della comunità.

Molti sono gli esempi concreti di come l’empatia abbia giocato un ruolo importante come motore per la trasformazione sociale. Basti pensare al Movimento #BlackLivesMatter, che ha aumentato la consapevolezza sul razzismo e la brutalità della polizia contro le persone di colore. Ha spinto molti a considerare le loro posizioni e ad adottare misure per affrontare le disuguaglianze razziali, come riforme delle forze dell’ordine e una maggiore attenzione alla giustizia sociale.

L’empatia, tuttavia, non rappresenta soltanto una forza motrice sociale; essa svolge un ruolo cruciale anche in altri ambiti, nei quali la sua applicazione può generare notevoli vantaggi.

EMPATIA E CRESCITA ECONOMICA

L’empatia riveste un ruolo cruciale anche nel contesto economico, contribuendo alla crescita economica sostenibile e al successo delle imprese.

È provato, infatti, che le aziende che dimostrano empatia verso i bisogni e le aspirazioni dei propri clienti, spesso ottengono un vantaggio competitivo significativo. Inoltre, le imprese che dimostrano empatia verso i propri dipendenti creano ambienti di lavoro più positivi e produttivi, con conseguente aumento della soddisfazione degli stessi e della loro fidelizzazione.

EMPATIA ED EDUCAZIONE

Nell’ambito dell’istruzione, l’empatia da parte degli insegnanti verso gli studenti è fondamentale nella creazione di un ambiente di apprendimento positivo. Maestri e professori empatici non solo comprendono meglio le esigenze degli studenti, ma adattano anche il loro approccio didattico per potenziare l’efficacia delle proprie lezioni. Questo processo genera una catena di reciprocità, in quanto gli studenti, imparando dagli insegnanti, diventano a loro volta soggetti empatici, propensi al lavoro di gruppo e alla collaborazione, in grado di ascoltare le opinioni altrui, rispettare le diverse prospettive e a lavorare insieme verso il raggiungimento di obiettivi comuni.

EMPATIA, SALUTE E MEDICINA

Anche in campo medico, l’empatia contribuisce ad instaurare un trattamento personalizzato per il paziente, andando oltre la semplice applicazione di protocolli medici. Gli operatori sanitari empatici, in grado di comprendere le emozioni, le paure e le preoccupazioni dei pazienti, diventano guide essenziali nel percorso di malattia, aiutando le persone ad affrontare la loro condizione con una prospettiva più positiva e una maggiore fiducia.

EMPATIA, POLITICA E DIPLOMAZIA

L’empatia applicata alla politica e alla diplomazia agevola la risoluzione dei conflitti e la promozione della comprensione reciproca, rafforzando le relazioni tra le nazioni o le fazioni politiche.  Aiuta a ridurre le tensioni internazionali e può contribuire alla costruzione della pace. Inoltre, sensibilizza ai problemi globali, spingendo i leader a collaborare per affrontare sfide come il cambiamento climatico e i diritti umani.

EMPATIA E MONDO ANIMALE

Quando estendiamo la nostra empatia verso gli animali, mettendoci nei loro panni, sviluppiamo una maggiore sensibilità verso il loro benessere e le loro necessità. Questo non solo ci spinge a trattarli con rispetto e cura, ma può anche influenzare le nostre scelte quotidiane. Inoltre, l’empatia verso il mondo animale ci insegna a riconoscere il valore di ogni forma di vita e ci aiuta ad adottare una prospettiva più ampia sulla connessione che condividiamo con il mondo naturale.

L’empatia è un motore eccezionale per la trasformazione sociale, che abbraccia moltissimi ambiti. Grazie a essa, instauriamo connessioni autentiche, incoraggiamo l’inclusione e coltiviamo la solidarietà. Certo, la sua applicazione richiede un impegno individuale basato sull’ascolto attivo, la tolleranza e l’apertura mentale, ma i vantaggi che ne conseguono sono infiniti. Se tutti abbracciassimo l’empatia come elemento essenziale delle nostre scelte e azioni, potremmo contribuire a costruire un mondo più comprensivo, giusto e armonioso.

Vendemmia: una storia di persone, cultura e territorio

Vendemmia

È arrivato settembre, il mese in cui il vignaiolo si prepara al momento più importante dell’anno: la vendemmia!

Essa rappresenta la fase in cui si raccolgono i frutti di tanto duro lavoro, durato un anno intero, tempo in cui gli agricoltori hanno curato con amore e impegno le proprie vigne.

La vendemmia è una delle tradizioni più antiche d’Italia, un’arte tramandata di generazione in generazione.

Vendemmia è da sempre anche sinonimo di condivisione e di aggregazione, un momento con una valenza fortemente sociale in cui stare all’aria aperta e godere dei ritmi lenti della natura, nonostante il frenetico lavoro di raccolta. 

Spesso, verso l’ora di pranzo, ci si ferma per godere di un po’ di riposo e per condividere un pasto insieme all’aria aperta.

Ogni regione italiana ha proprie tradizioni specifiche legate alla vendemmia, e questo arricchisce ancor più questo affascinante rito, tradizioni che spesso sono rievocate e riportate alla memoria in antiche sagre di paese, in modo da tenere viva nella memoria questo importante bagaglio culturale anche per le generazioni future.

Ecco di seguito alcune feste tradizionali a tema vino da non perdere:

Festa dell’uva e del vino a Bardolino – Bardolino (VR), 28 settembre – 02 ottobre 2023

A Bardolino, sul Lago di Garda, si tiene la 92° edizione di questa rinomata festa, caratterizzata da numerosi appuntamenti e spettacoli.

Il vino protagonista di questa sagra è il Bardolino, una delle eccellenze dell’enologia veronese riconosciuta a livello mondiale.

Durante questi giorni di festa i partecipanti potranno godere di concerti musicali, chioschi enogastronomici, degustazioni guidate a cura del Consorzio Tutela Vino Classico DOC, spettacoli, convegni, incontri sul tema del vino…e molto altro ancora!

https://bardolinotop.it/eventi/#/eventi/TRN/5e98c2e4-2792-4b11-8b7e-55fe763cc6e1/festa-dell-uva-e-del-vino-bardolino

Sagra dell’Uva di Marino – Marino (RM), 29 settembre – 02 ottobre 2023

Festa nata nel 1925 per celebrare l’anniversario della Battaglia di Lepanto del 1571 e la ricorrenza della Madonna del Rosario.

A suon di musica, per l’occasione la città si veste a festa con tipici balconi addobbati. Celebre è il “miracolo delle fontane che danno vino”: dalle fontane del paese, durante l’evento, sgorga infatti del rosso vino al posto dell’acqua.

Durante la manifestazione è possibile anche assaporare prodotti tipici della zona, e godere di diverse attrazioni, all’insegna del divertimento e della tradizione.

httpss://www.sagradelluvamarino.it

Festa del vino di Monferrato – Casale Monferrato (AL), 15-16-17/22-23-24 settembre 2023

Arrivata alla 62° edizione, questa festa nasce il 28 settembre 1930, organizzata secondo precise direttive impartite dal Governo Nazionale: per l’occasione, alcuni carri sfilarono per le vie della città e venne venduta uva da tavola in sacchetti di carta.

Tanti gli eventi in programma per intrattenere i partecipanti, tra buon cibo e ottimo vino da sorseggiare.

https://www.festadelvinodelmonferrato.it

Festa del Vino a Fosciandora – Riana di Fosciandora (LU), 15 ottobre 2023 (data precisa da definire)

Durante questa manifestazione, sarà possibile degustare prodotti tipici ovviamente accompagnati da buon vino.

In occasione di questa festa, dalle fontane del paese sgorgherà il vino di Riana. La giornata si concluderà poi in bellezza con la “Corsa delle botti”, gara a cronometro in cui i partecipanti si sfideranno spingendo botti all’interno di un vigneto.

Per concludere, possiamo quindi affermare come in Italia la vendemmia sia molto più della semplice raccolta di uva!

È un rito antico che lega le persone alla terra, alla cultura e alla storia del proprio paese. È un momento in cui tradizione e innovazione si fondono con la gioia di condividere questo momento con amici e familiari.

La vendemmia è un’esperienza unica e indimenticabile che rappresenta la bellezza e l’autenticità di ciascun paese e della sua gente.