RUBRICA – La risposta è nei libri – La misoginia tra le righe

misoginia in letteratura

La Misoginia, dal greco μισέω, “odiare” e γυνή, “donna”, significa etimologicamente l’odio nei confronti della donna, manifestato dagli uomini o anche da altre donne.
L’atteggiamento del misogino può andare dalla semplice discriminazione alla violenza verbale o fisica. Molti intellettuali, scrittori, filosofi e personaggi storici sono stati riconosciuti come tali; per qualcuno la misoginia si è manifestata esclusivamente nell’esprimere apertamente posizioni contrarie alla donna e al suo ruolo nella società, mentre per altri si è manifestata in un’evidente patologia.
“Come l’ago della bussola segna il nord, così il dito accusatore dell’uomo trova sempre una donna a cui dare la colpa” così scrive in “Mille splendidi Soli” Khaled Hosseini, riassumendo in una frase come per secoli la donna sia stata un capro espiatorio per gli uomini, incolpata anche per cattiverie, ingiustizie o scelte fatte dagli stessi.
In certi paesi, come l’Afghanistan di Mille Splendidi Soli, questo accade ancora: le donne sono umiliate ed emarginate dalla società per colpe degli uomini, come la violenza sessuale, venendo addirittura accusate di “provocare” gli uomini nel compiere il gesto di violenza, inducendoli alla tentazione solo attraverso un vestiario che metta in risalto le forme fisiche anche in maniera trascurabile o con una parola di troppo.
Ma non dobbiamo viaggiare così lontani o fare della misoginia qualcosa di collegato ad una sfera transnazionale o religiosa particolare, perché vive e si alimenta anche nei paesi occidentali “moderni” dove la donna ha guadagnato indipendenza economica e sociale.

Da cosa dipende ed in che pensiero si concretizza questo odio verso la popolazione femminile? Come spesso accade, per spiegare il presente dobbiamo partire dal passato e, come spesso accade, è la letteratura a spiegare e disegnare certi concetti in maniera semplice e ad offrirci spunti di riflessione.
Ci troviamo spesso a confrontarci con una narrazione che, oltre ad essere specchio di una cultura maschilista, finisce per rafforzare e convalidare una serie di stereotipi, legittimando una visione in cui la donna non solo oggettivamente ma anche giustamente è subordinata all’uomo.
Prendendo ad esempio due tra le figure femminili più note in tutta la cultura occidentale, Eva e Pandora, possiamo osservare come nei più diversi contesti narrativi, i ruoli particolarmente scomodi siano attribuiti alla donna.

La figura di Eva è tratta dalla tradizione biblica mentre quella di Pandora dal mito greco del poeta Esiodo; gli scritti che le ospitano vogliono esprimere una morale fornendo, con la narrazione di un aneddoto, un insegnamento.
Eva, sottraendosi al comando divino e mangiando il frutto proibito si imprime la macchia indelebile del peccato e, in questo vortice di incoscienza trascina anche Adamo e tutta la sua discendenza; la risonanza della sua colpa si amplifica con un’eco che continuerà a propagarsi nell’eternità. Eva ha condannato infatti tutta l’umanità alla cacciata dal paradisiaco giardino dell’Eden e, se anche Adamo ha una colpa, essa consiste solo nell’averla ascoltata ed imitata.
Lo sguardo inquisitorio rimane quindi fermo su Eva perché intorno a lei resta un alone di pericolosità da cui bisogna avere la prudenza di guardarsi bene. Per il suo errore Adamo sarà condannato a guadagnarsi il pane con il sudore della fronte mentre per Eva la punizione è di un’altra portata: Dio moltiplicherà le sue gravidanze, partorirà con dolore i figli e il marito la dominerà.
È evidente che la natura del castigo per lei deciso non è assoluta- mente neutra, ma è strettamente legata al suo sesso.

Anche nel mito di Pandora l’arrivo della donna sconvolge rovinosamente l’armonia preesistente dando inizio a una vita, per tutti gli uomini, segnata da sofferenza e disgrazie. In questo caso, anzi, Pandora viene appositamente fatta creare ad Efesto da Zeus con lo scopo di punire gli uomini per essersi appropriati del fuoco in modo disonesto. È una donna dalle belle sembianze a cui Ermes «pose nel cuore menzogne, scaltre lusinghe e indole astuta»: è, insomma, una donna il cui unico valore consiste nella bellezza del corpo e nel potere della seduzione ma che non ha altre qualità positive. Pandora è la donna che, per un banale capriccio e per l’incapacità di contenere la sua curiosità, innesca una catena di sventure senza fine, sollevando il coperchio del vaso che conteneva tutti i mali del mondo.

Un aspetto molto interessante è la relazione tra queste due don- ne e il male: non sono esse stesse il male ma sono l’essere attraverso il quale esso si propaga tra gli uomini, l’anello debole in cui trova lo spazio per potersi intrufolare. È un particolare che sembra spingere nella direzione di una connotazione negativa dell’essere donna su un piano ontologico, come a indicare una mancanza intrinseca che renderebbe le donne prede facili dell’inganno oppure ottime esche attraverso cui perpetrare orrendi misfatti.

Del tema del disprezzo nei confronti del genere femminile è pervasa tutta la produzione letteraria greca dell’età classica, non solo in Esiodo con il mito di Pandora.
Uno dei più famosi esempi di misoginia è dato da un componimento di Semonide, definito un vero e proprio manifesto della misoginia. L’autore presenta dieci diverse tipologie di donna, paragonandole ad animali ed elementi fisici.

Di questi dieci esempi solo quello dell’ape è positivo in quanto simbolo della donna laboriosa. I restanti versi sono un lungo catalogo di violento disprezzo. Egli ci presenta l’esempio della donna “cagna”, caratterizzata da una così forte curiosità che non si ferma “né con le minacce, né se t’arrabbi e le fracassi i denti con un sasso”. Successivamente vengono introdotte la donna “terra” e la donna “asina”. La prima viene descritta come “minorata, non ha idea né di bene né di male. Una cosa la sa: mangiare. E basta.” La seconda invece è “paziente alle botte, capace di tollerare il lavoro e si prende per amante chiunque”. Semonide conclude affermando che le donne sono il più grande male creato da Zeus e continua dicendo che “a qualche cosa par che servano, ma per chi le possiede sono un guaio”.

Questa visione misogina sembra non trovare prosecuzione in un autore del secolo successivo, come Euripide, ma in realtà in alcune sue tragedie sono presenti delle analogie con il pensiero semonideo. Euripide ci presenta, all’interno delle sue opere, figure femminili così carismatiche e dal carattere così forte che si è addirittura arrivati a parlare di “femminismo” euripideo. Egli stravolge i tradizionali ordini: sono le donne che posseggono sia il primato di intelligenza, che il primato etico. Esse inoltre riesco- no a raggiungere i loro obiettivi tramite piani ben organizzati e rappresentano modelli etici da seguire. Nel caso del personaggio di Alcesti, è lei ad incarnare la virtù del saper morire con onore, valore che veniva solitamente associato agli uomini; decide di immolarsi per il marito, al quale era stata offerta la possibilità, da parte del dio Apollo, di salvarsi a patto che qualcuno morisse al suo posto, dimostrando dunque di essere superiore a lui. In realtà si esalta l’accettazione del ruolo imposto, condannando la fuoriuscita dallo stesso: Alcesti incarna l’interiorizzazione del ruolo subordinato e la virtù del sacrificio di sé.

Medea, nell’omonima tragedia, dopo essere stata ripudiata da Giasone, decide di attuare una crudele vendetta; essa afferma che le donne sono le creature più infelici, spiega come sia necessario trovarsi un marito che diventerà poi il suo padrone. Vengono qui evidenziate le differenti situazioni: l’uomo può ripudiare la don- na, che invece non può fare lo stesso, oltretutto se l’uomo si stanca di stare in casa può uscire e alleviare la noia, mentre le donne non hanno questa possibilità e sono costrette a guardare solo una persona, il marito. Medea continua, affermando che sia un ragionamento insensato pensare che la condizione delle donne sia più facile in quanto priva dei pericoli della guerra: lei preferirebbe trovarsi in battaglia mille volte più che partorire un’unica volta. Euripide descrive quindi dettagliatamente la condizione della donna priva di protezione maschile e del triste destino che le spetta, quasi dimostrandosi sensibile alla loro sorte.
Ma per lo stesso autore risulta incomprensibile la mentalità femminile tanto che qualsiasi azione dal suo punto di vista immotivata, viene considerata come un atto di follia. Egli non nega la possibilità che la donna possa essere astuta ma questo risulta preoccupante: più la donna è scaltra, più potere può esercitare e quindi maggiori danni provocare.
Prendiamo in considerazione dello stesso autore, l’”Ippolito”, che narra delle sfortunate vicende che hanno come vittime dell’ira della dea Afrodite la matrigna Fedra e il figliastro Ippolito. In questo componimento le donne vengono descritte come un “ambiguo malanno” poiché sono fonte di guai per tutti quanti, che siano padrone o serve. Ippolito si rivolge a Zeus chiedendogli per quale motivo il genere umano sia costretto a subire continua- mente la presenza delle donne. Questo diventa evidente in un passo in cui viene detto che lo stesso padre, dopo aver generato la figlia, averla cresciuta e affidatole la dote, la manda via di casa per liberarsi da questo male. Successivamente Ippolito continua affermando che colui che si prende in casa questa creatura “nefasta” inizialmente ne gioisce, ma ciò può solo rivelarsi essere un male, sia che la donna sia inutile per la sua stupidità oppure saccente, situazione secondo Ippolito ancora peggiore, in quanto afferma che “in casa mia non vi sia una che sappia più di quanto convenga ad una donna”. Ippolito conclude affermando che l’unico modo per interagire con le donne è maledirle.

Questi pochi brani e autori che abbiamo citato ci offrono un quadro della società greca antica, all’interno della quale la donna era considerata non solo inferiore all’uomo, ma nemmeno allo stesso livello dell’essere umano: un oggetto da possedere, che passava dalle mani del padre alle mani del marito. Oggetto considerato nefasto e portatore solo di disgrazie e sciagure.

La misoginia aveva quasi sempre uno scopo funzionale, perché per gli uomini era conveniente non prendersi le proprie responsabilità colpevolizzando una categoria come quella femminile che non aveva nessun impatto nella sfera sociale e politica. Alle attività delle polis, infatti, non potevano partecipare donne e schiavi; la donna era di fatto sottomessa per tutta la vita all’autorità di una figura maschile, padre prima e marito dopo.
La misoginia contribuisce a giustificare l’esclusione delle donne e perpetuare i rapporti di subordinazione perché proprio i vizi attribuiti al genere femminile impediscono naturalmente la partecipazione femminile ai compiti che caratterizzano l’uomo libero come la guerra, la politica ed il possesso della terra.
La donna si qualifica o per alterità rispetto all’uomo, quasi sua opposizione, o per sottrazione rispetto ad esso: la donna è un maschio menomato quindi ad esso inferiore gerarchicamente. In entrambi i casi si parte da una visione androcentrica, dove il femminile esiste solo in relazione al maschile.

Le disuguaglianze storiche e sociali si trasformano in differenze naturali e quindi immutabili.
Dobbiamo ammettere che questa visione distorta, misogina e retrograda purtroppo si riflette ancora nella società moderna. Nonostante la donna oggi abbia un ruolo pubblico e sociale, le dinamiche relazionali sono ancora pervase da una mentalità androcentrica; la conquista della parità formale non ha ancora cancellato la plurimillenaria forma mentis discriminatoria e com- prenderne le ragioni di fondo può far si che la trama della misoginia possa sciogliere i propri nodi.
È solo dando voce alle donne che non ce l’hanno e con la promozione della parità di genere e l’autonomia femminile che potremmo vivere in un mondo senza misoginia, in cui anzi si apprezzano il valore e le abilità femminili allo stesso modo di quelle maschili. La democratica Atene si fingeva democratica proprio come oggi fanno molti paesi, che si ritengono paladini delle libertà individuali ma proprio per capire chi è davvero garante di questi diritti dobbiamo guardare alla condizione di ogni singolo individuo: donne, stranieri, uomini con credo religiosi differenti.

Vi lascio con questi interrogativi: l’odio è una forma di paura? Timore degli uomini di vedersi minacciati sul luogo di lavoro, privato, familiare, economico, sociale, politico; il terrore di perdere il controllo e di essere intaccati nella propria mascolinità, mito incarnato nel termine più vasto di “potere”?

misoginia in letteratura

RUBRICA – Le pillole dell’avvocato – INTELLIGENZA ARTIFICIALE TRA REGOLAMENTAZIONE EUROPEA E PROFILI DI RILEVANZA PENALE

L’8 dicembre 2023 è una data storica nel mondo della tecnologia e della governance, poiché il Parlamento, il Consiglio e la Commissione dell’Unione Europea hanno raggiunto un accordo politico fondamentale: l’AI Act, il primo regolamento al mondo specificamente dedicato all’Intelligenza Artificiale (IA). Questo accordo ambizioso mira a plasmare lo sviluppo futuro dell’IA in Europa, assicurando al contempo la sicurezza, il rispetto dei diritti fondamentali, la democrazia, lo Stato di diritto e la sostenibilità ambientale.

Nonostante il percorso verso l’entrata in vigore dell’AI Act sia inevitabilmente lungo e complesso, la Commissione si è impegnata a lanciare un “Patto per l’IA” che chiede agli sviluppatori di rispettare degli obblighi specifici prima ancora che diventi vincolante. L’AI Act dell’UE rappresenta, dunque, un significativo passo avanti nella regolamentazione dell’intelligenza artificiale, bilanciando l’innovazione con la tutela dei diritti e della democrazia. Mentre il percorso verso l’attuazione completa potrebbe richiedere ulteriore tempo, la volontà di guidare l’evoluzione dell’IA in una direzione centrata sull’essere umano è un segno di responsabilità e lungimiranza da parte dell’Unione Europea.

Sotto tale ultimo aspetto, tuttavia, la concreta utilizzazione dei software di Intelligenza Artificiale, come Chat GPT, sta infervorando il dibattito in ordine al rapporto tra l’eventuale condotta illecita umana e il contributo fornito dall’A.I. per la realizzazione di quest’ultima.

La pervasività dell’intelligenza artificiale, rappresentata, ad esempio, da Chat GPT e prodotti simili, che godono di un ampio utilizzo potenziale, è ormai una caratteristica distintiva della nostra epoca. Questa diffusione pone l’urgente necessità di valutare se e in che misura tali applicazioni impongano o suggeriscano soluzioni giuridiche significativamente diverse da quelle tradizionalmente adottate per situazioni analoghe.

In primis, occorre sgomberare subito il campo da ogni eventuale equivoco, precisando come in situazioni in cui Chat GPT venga utilizzato per attività chiaramente e inequivocabilmente criminali, come la predisposizione di testi credibili per frodi informatiche, l’imputazione della responsabilità penale deve seguire gli ordinari criteri generali di attribuzione. Ad esempio, in caso di diffamazione online realizzata mediante la predisposizione di un testo ad hoc, generato da un software di Intelligenza Artificiale, la responsabilità penale deve ricadere inequivocabilmente sul soggetto che voluto tale output, poiché questo deve ritenersi il risultato di una sollecitazione umana volta a creare e utilizzare modalità espressive costituenti reato. All’evidenza, infatti, l’Intelligenza Artificiale, in sé e per sé, non può essere considerata un soggetto agente, perfettamente riconducibile nell’alveo dell’omonima dicitura penalistica, poiché difetta dei requisiti di consapevolezza e volontà richiesti inderogabilmente ai fini di una compiuta imputazione di natura penale. Seppur realizzata mediante software di Intelligenza Artificiale, la responsabilità penale deve rimanere ancorata unicamente all’azione umana realizzata mediante l’utilizzo del programma.

Il discorso può essere spostato su un piano di maggior incertezza, qualora ad essere valutate non siano più azioni dolose commesse dall’essere umano, ma quelle di natura non intenzionale. Soprattutto nell’ambito dei software di Intelligenza Artificiale ad oggi fruibili, tale aspetto assume un’indubbia importanza, posto che l’essere umano comune non ha la possibilità di intervenire sull’algoritmo modificandolo, ma può unicamente fruire dell’output generato dal programma.

Tra i commentatori, infatti, vi è chi evidenzia come l’opacità e l’imprevedibilità di strumenti basati sull’IA rendano estremamente difficile attribuire la colpa di un reato unicamente all’azione di un singolo individuo. Nel concreto, si pensi all’errore medico causato da un robot-chirurgo. In tale contesto ci si troverebbe dinnanzi ad un paradosso che, tuttavia, a livello pratico deve essere risolto: l’utilizzo lecito da parte dell’essere umano di un software di Intelligenza Artificiale potrebbe comportare la commissione di un fatto illecito, pressoché (se non addirittura totalmente) ascrivibile all’errore di un programma IA, seppur causato a sua volta da una censurabile elaborazione algoritmica di dati, provenienti da database inseriti da esseri umani.

Nel mare magnum delle molteplici interpretazioni in ordine alla responsabilità penale in tema di Intelligenza Artificiale, devono puntualizzarsi due punti chiave: in primo luogo, vi è la necessità di trovare una nuova categoria di responsabilità che sia in grado di includere le tipicità di tale nuova tecnologia, al di là del codice penale esistente. Secondariamente – e ciò costituisce l’aspetto maggiormente pragmatico – la creazione della predetta categoria di responsabilità non deve ostacolare lo sviluppo e l’uso di tali programmi.

Come anticipato in apertura, un simile approccio è stato adottato dall’Unione Europea mediante il cd. AI Act, seppur allo stato ancora in “fase embrionale”. Le regole introdotte dall’atto di matrice europea, tendono infatti ad armonizzare una serie di obblighi, come la valutazione del rischio, l’adozione di misure tecniche e organizzative per ridurre il rischio, la registrazione delle attività e l’adesione a principi etici.

Il regolamento proposto – in tutti i settori del diritto – cerca dunque di bilanciare l’innovazione tecnologica con la necessità di proteggere i diritti e la sicurezza degli individui. Tuttavia, la sua efficacia dipenderà dalla sua attuazione pratica e dalla sua capacità di evolversi con il rapido sviluppo delle tecnologie dell’Intelligenza Artificiale.


Avvocato Simone Facchinetti

Staff dello Studio Legale Facchinetti

ASSOCIAZIONE ALZATI E FAI LUCE: diverse modalità di “fare del bene”

associazione Alzati e Fai Luce

Esistono tanti modi per donare, fare beneficenza, per essere gentili. Dal semplice gesto di condividere un pasto con il compagno di scuola, aiutare la vicina a portare su la spesa o le borse pesanti, dare una monetina al ragazzo seduto sul marciapiede con il suo sacco a pelo, la sua coperta, … Portare i cibi a lunga conservazione in chiesa o nelle strutture che si occupano poi dello smistamento presso le famiglie bisognose del quartiere.

Ogni piccolo gesto fa la differenza e la felicità che si prova una volta compiuto è immensa. È, per quanto mi riguarda, una sensazione unica.

Il volontariato, il semplice atto gentile, sono tutti modi per prendersi cura degli altri e, per molti versi, anche di noi stessi. E ci sono tanti modi di fare volontariato. Tanti modi per essere gentili. Anche solo con un sorriso, possiamo contribuire ad un momento di felicità di qualcun altro. E ci sono tante associazioni, tante realtà, che ti possono supportare nel compiere il tuo gesto d’amore. Nei confronti dell’ambiente, degli animali, o di altre persone. Dalle Associazioni no profit, senza scopo di lucro, nate allo scopo di soddisfare dei bisogni sociali senza ottenerne un guadagno, alle Onlus: associazioni con determinati requisiti che operano in supporto delle persone svantaggiate come disabili, anziani e poveri. Le Ong, Organizzazione non governativa, organismo senza fini di lucro, per lo più di carattere umanitario, che nei Paesi in via di sviluppo gestiscono, per incarico del governo di uno o più Paesi sviluppati o di organismi internazionali, alcuni servizi essenziali (scuola, sanità, sviluppo all’agricoltura ecc.) o svolgono attività socialmente utili (volontariato). E numerose associazioni di volontariato presenti in tutto il territorio, le cooperative sociali, la Croce bianca e la Croce rossa, … insomma, se vuoi, puoi contribuire ad un momento di felicità di qualcun altro in innumerevoli modi.

Oggi anche andando a fare la spesa, molti supermercati mettono a disposizione un “carrello della solidarietà”; un’iniziativa che mi emoziona da sempre, e che mi permette di acquistare anche solo un rotolo di scottex o un pacco di pasta da donare a tutte quelle persone che faticano ad acquistarlo da sole.

Durante un viaggio in Marocco, il mio dolce papà, che mi ha insegnato tutto quello che so e che mi commuove sempre con i suoi gesti d’amore, si preoccupava di donare qualcosa ad ogni bambino o bambina che incontrava durante le nostre visite, le nostre passeggiate, escursioni, … Un insegnamento meraviglioso!

E sulla scia dei suoi insegnamenti cerco di impegnarmi ogni giorno per fare qualcosa di buono. Nel farlo, lo scorso anno, ho scoperto l’esistenza di Alzati e Fai Luce: una Onlus che ha sede ad Oppeano, in provincia di Verona, e che dal 2005 si prende cura dei bambini di Kijiwetanga, in Kenya. Legalmente nata nel 2009, Alzati e Fai Luce opera in strutture site a Kijiwetanga, un piccolo villaggio nelle vicinanze di Malindi-Kenya.

Già in attività dal 2005, ha – grazie al contributo di molti volontari e il supporto di tante persone di cuore, costruito le prime aule della scuola materna, successivamente il pozzo, l’acquedotto, l’ambulatorio, il grande gazebo e la casa famiglia con il suo relativo ampliamento.

La scuola materna accoglie circa 120 bambini dai 2 ai 6 anni ed è composta da tre differenti classi, per ognuna delle quali è presente un’insegnante. Nella casa famiglia vivono 47 bambini e ragazzi dai 3 ai 18 anni, supportati da educatori e collaboratori sia nel garantire l’assistenza primaria (igiene personale e della casa, preparazione dei pasti, sorveglianza, somministrazione di medicinali), sia in percorsi di sostegno alla crescita personale attraverso attività di gruppo o individuali tenendo conto dell’età, delle problematiche relative ad essa, della storia individuale e della personalità di ciascuno. I volontari di Alzati e Fai Luce, supportano i bambini e i ragazzi negli studi e organizzano attività ricreative a seconda degli interessi di ciascuno.

Percorsi di apprendimento, cura ed assistenza, sono questi alcuni degli obiettivi della Onlus che si avvale anche del supporto e del lavoro giornaliero del personale kenyota in loco e al prezioso servizio dei volontari, alle donazioni e al sostegno economico a distanza dei bambini, senza alcun intermediario. Difatti, gli aspetti legali, contabili, gestionali, i lavori di laboratorio per la creazione delle bomboniere e l’organizzazione di eventi sono gestiti da persone che mettono a disposizione le loro capacità e conoscenze lavorative gratuitamente per il bene dei bambini coinvolti e per la fiducia che hanno in questa associazione.

Alzati e Fai Luce, quindi, ti permette di attivare diverse modalità di “fare del bene”, a distanza o no, attraverso l’acquisto di bomboniere solidali, o il sostegno a distanza di un bambino della scuola materna o della casa famiglia. E ti aggiorna con l’invio di disegni, fotografie, lavoretti svolti dai bimbi, più volte l’anno. Inoltre, l’Onlus organizza anche dei viaggi di volontariato tre volte l’anno e dopo un’adeguata formazione, per partire con i volontari dell’associazione e prendersi cura personalmente di questi dolcissimi bambini. Un’esperienza che sogno di fare al più presto!

Associazione Alzati e Fai Luce

IL NUOVO PANORAMA ENERGETICO ITALIANO: comprendere il passaggio al mercato libero nel 2024

mercato libero luce e gas 2024

Lanno 2024 segna un momento cruciale per i consumatori di energia in Italia: il passaggio obbligatorio dal mercato tutelato a quello libero.
Questa transizione rappresenta un passo importante verso un mercato energetico più competitivo e sostenibile. In questo articolo, spiegheremo le differenze chiave tra i due mercati, cosa bisogna fare nel 2024, come comportarsi, le conseguenze di non aderire al mercato libero e offriremo consigli pratici per una scelta consapevole.

MERCATO TUTELATO VS MERCATO LIBERO: QUALI DIFFERENZE?
Il mercato tutelato, gestito dal Servizio Elettrico Nazionale, offre tariffe stabilite dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA). Questo mercato è stato una scelta sicura per molti, ma con limitate opzioni di personalizzazione.

Il mercato libero, invece, permette ai consumatori di scegliere liberamente il proprio fornitore di energia, con tariffe e offerte competitive basate sulle leggi di mercato. Questo comporta una maggiore varietà di offerte, spesso con vantaggi in termini di prezzo e servizi aggiuntivi.

LA FINE DEL MERCATO TUTELATO: UNA TRANSIZIONE FASE PER FASE
L’energia elettrica e il gas sono le due aree in cui si vedrà questo cambiamento.

La proroga al 1° luglio 2024 riguarda il mercato tutelato dell’energia elettrica per i clienti domestici non vulnerabili, mentre la scadenza per il gas è stata confermata per il 10 gennaio u.s. Queste date sono cruciali poiché segnano il termine entro cui i consumatori devono avere effettuato la loro scelta.

Per i consumatori che non hanno effettuato/effettueranno la scelta entro le suddette scadenze, il governo ha previsto delle soluzioni.

Nel caso del gas, chi rimane indeciso continuerà a ricevere il servizio, ma con tariffe variabili basate sulle quotazioni nazionali.
Per l’energia elettrica, invece, i consumatori saranno assegnati a fornitori selezionati attraverso aste territoriali organizzate da Arera, con una tariffa di salvaguardia, che potrebbe non essere la più vantaggiosa.

Pertanto, è importante iniziare a informarsi fin da ora, confrontando le varie offerte disponibili.

CONSIGLI UTILI
• Scegli fornitori Green, che utilizzano energia prodotta da fonti rinnovabili.
• Attenzione al servizio clienti: esistono realtà che offrono un servizio clienti chiamato “One Call Solution”, che consente la riso- luzione di qualsiasi problematica interfacciandosi con un unico operatore, a prescindere dall’argomento.
• Bolletta semplice trasparente: è importante comprendere facilmente le voci in bolletta e avere ben chiaro a cosa fanno riferimento. Tieni in considerazione questo aspetto quando scegli il tuo nuovo fornitore.
• Offerte speciali: esistono compagnie che offrono importanti scontistiche in bolletta, trova quella più adatta a te!

RICORDA: IL CAMBIO DI FORNITORE È GRATUITO E NON COMPORTA INTERRUZIONI DEL SERVIZIO.

Il passaggio al mercato libero rappresenta un’opportunità per esercitare un maggiore controllo sulle proprie scelte energetiche. Con la giusta preparazione e informazione, questo può tradursi in benefici economici e un impatto positivo sull’ambiente.
Questa transizione rappresenta un’opportunità per i consumato- ri di esplorare nuove opzioni e potenzialmente trovare soluzioni più vantaggiose e sostenibili. Tuttavia, richiede anche un impe- gno attivo nel comprendere le opzioni disponibili e nel fare scelte informate.

RUBRICA – Detto tra noi…

Sarà sempre troppo tardi

pace

Chi lavora per arrivare alla pace, anche se perde, comunque trionfa; chi lo fa per continuare la guerra, anche se vince, comunque ha perso.

Un gioco di parole che diventa un assioma di significati. Da che mondo è mondo, una stretta di mano richiede il contributo di due persone, mentre per un pugno è sufficiente la sola volontà di uno di loro. Ma è anche vero che la stretta avvicina e il pugno allontana.

Più volte mi sono interrogato sui perché l’essere umano annienta i propri simili anziché conviverci serenamente. E sempre non sono riuscito a darmi una risposta plausibile o, per lo meno, giustificativa. A volte tale fenomeno si verifica per sopraffazione o per esaltazione etnica: mai per necessità o per sopravvivenza.

Se così non fosse andremmo a distorcere la teoria di Darwin sulla evoluzione della specie. Un po’ come fece il nazismo attraverso la considerazione della razza pura e l’opportunità di annientare tutti coloro che inquinavano tale specificità.

Lo fecero in primis con gli ebrei, ma anche con i Rom, con i polacchi, con i disabili, con gli afro-tedeschi, con i dissidenti politici, i Testimoni di Geova, gli omosessuali. Tutte persone cioè che non venivano considerate a “norma” sociale. Era l’esaltazione del conformismo ideologico, usato come alibi per acquietare la sete di conquista.

Ed anche su questo non c’è una terza via, ovvero, se si convive in un rigido contenitore, quando uno si allarga, l’altro è costretto a restringersi.

E’ la legge del più forte, ma non di chi ha ragione.

Per far poi la pace non si può richiedere a chi si è dovuto restringere di rimanere stretto; occorre far capire a chi si è allargato, di ritornare sui suoi passi. Tanti esempi abbiamo in queste settimane intorno a noi, come la Russia che ha invaso l’Ucraina. Diventa difficile arrivare alla fine della guerra dicendo ai due contendenti: fermiamoci e lasciamo le cose così come sono adesso. Perché dietro a quel “adesso”, c’è un atto di prepotenza, i cui frutti devono ritornare all’albero che li ha generati e non possono restare nelle mani di chi li ha rubati con la forza.

Ecco perché la pace passa per la strada dell’equità e non per il sentiero della disparità.                                                                                                             

Però, per percorrere la via della pace, non basta a volte la volontà di partire, ma necessita avere la convinzione di arrivare.

Lungo il sentiero della guerra, invece, tutto è più semplice: basta individuare un semplice pretesto.

Per spegnere un grande fuoco occorre tanta acqua, per accenderlo è sufficiente una scintilla. E numerose sono state le scintille scoccate  in questi ultimi mesi in giro per il mondo, non ultima quella della striscia di Ghaza. Ciò che sta avvenendo in quel martoriato lembo di terra è solo la punta di un iceberg che affonda le sue radici in un retroterra culturale e religioso che investe più popoli, rendendoci quotidiani i termini a loro legati, come: sunniti, sciiti, semitismo, sionismo e così via. Sono talmente comuni questi termini, che vengono spesso da noi assimilati anche se non sempre compresi e metabolizzati.

E pensare, per esempio, che i sunniti e gli sciiti, credono nello stesso Dio, che è Allah, e condividono lo stesso libro sacro, che è il Corano.

pace

Eppure si fanno la guerra!

Anche nel nome c’è una derivazione diversa e precisa. I Sunniti lo prendono dalla Sunna, ovvero il codice comportamentale della comunità di fedeli all’Islam. Gli Sciiti invece prendono nome dal loro Ali, cugino e genero di Maometto, credendo che sia lui il suo prescelto per la successione.  Tra i Sunniti sono gli Imam a guidare la preghiera; per gli Sciiti ci pensano gli Ayatollah

E’ facile quindi dedurre che la religione o, meglio ancora, la fede, qualunque essa sia, condiziona il credo e le azioni dei popoli. Più forte è la fede e la credenza, più difficile è il raggiungimento della pace in caso di guerra.

Avveniva anche al tempo dell’Impero romano, dove la intaccabile fede dei cristiani era il loro maggior punto di forza che poteva essere debellato soltanto attraverso il martirio. L’unica differenza, di non poco conto, è che il loro credere veniva professato per il bene e la convivenza e non per la sopraffazione. Guardando però il rovescio della medaglia, ci accorgiamo che,  in nome di quella stessa fede professata dai martiri cristiani, le alte sfere ecclesiastiche mandavano al patibolo e al rogo gli eretici.

Mastro Titta ne sa qualcosa!                                                                                  Tutto questo per convincere che occorre la guerra per raggiungere la pace. Anche in questi giorni assistiamo  alla materializzazione della violenza usata per far terminare la violenza, con le truppe israeliane che invadono la Striscia di Gaza per  annientare i terroristi di Hamas. E’ fuori discussione il fatto che Hamas abbia commesso per primo un’azione criminosa attraverso il sanguinoso raid in territorio ebreo, colpendo la popolazione innocente.  

E’ però anche vero che la risposta di Israele, pur se vista come sacrosanta reazione, va a colpire persone e, soprattutto bambini, che hanno solo la colpa di trovarsi in quel posto nel momento sbagliato.

Anche in questo caso la scintilla iniziale è stata sprigionata dalla fede dove, da una parte ci sono i Palestinesi, che rivendicano la loro egemonia sulla terra che occupano; dall’altra avanzano gli Israeliani che vantano quella terra perché promessa da Dio ad Abramo, vedendo come una missione la conquista di Sion, ovvero la collina di Gerusalemme, dove dovrebbe essere sepolto Davide.                   

La cornice di questo quadro d’insieme culturale e religioso è costituita però da dissidi, divisioni, bombe, ostaggi, terrorismo, morte, distruzione.                               

Non so se un Dio, qualunque esso sia, possa mai giustificare tutte queste bestialità. E non sono certo i militari al fronte a volere la guerra, ma i politici che strategicamente li comandano.

Detto fra noi, chissà se un giorno comprenderanno che la costruzione di qual cosa non può passare attraverso la sua preventiva distruzione.

E, quando lo faranno, sarà sempre troppo tardi.

pace

RUBRICA – La risposta è nei libri

Il viaggio di Eirene, la dea della Pace, nella letteratura classica

Eirene Dea della Pace

Dai tempi antichi ai nostri giorni la storia è stata disseminata da guerre per la supremazia di alcuni popoli su altri; la politica, nei momenti di crisi, lascia posto agli interventi armati per risolvere divergenze su questioni solitamente economiche. L’uomo ha fatto progressi nei più svariati ambiti ma sul fronte dei conflitti nessun cambiamento di prassi, con tragiche conseguenze sulle popolazioni che pagano per le scelte di chi le governa.

Secondo Tucidide la principale caratteristica della natura umana è l’accrescimento, la tendenza ad aumentare la propria potenza, che comporta necessariamente il desiderio di annientare il rivale e anche se oggi, come in altre epoche, è il termine “guerra” il termine forte che mette in ombra quello di “pace”, la stessa ha percorso tutta la storia dell’umanità; essa è sempre stata cantata e ricercata come condizione necessaria per l’animo umano.

La pace inizia il suo viaggio nei miti greci dove è personificata dalla dea Eirene. Essa era figlia di Zeus, dio che ha stabilito un nuovo ordine cosmico e di Themis, dea della Giustizia universale, che ebbe tre figlie: Eirene, la Pace, Eunomia, la dea della legalità e del buon governo e Dike, la giustizia morale che presiede alla legge degli uomini, quasi che le tre cose siano inscindibilmente legate.

Eirene è raffigurata con un ramoscello d’ulivo mentre tiene in braccio il piccolo Plutone, divinità della ricchezza e dell’abbondanza a conferma che ricchezza ed abbondanza si possono trovare solo in tempo di pace.

L’immagine che comunemente abbiamo dell’antichità classica è tutt’altro che pacifica: la guerra è stata elogiata da poeti che ne esaltano la forza, la bellezza e l’eroismo, era ritenuta far parte dell’ordine naturale. L’eroe deve compiere in battaglia azioni degne del suo nome con le quali possa acquistarsi gloria e tiene al proprio onore più che alla causa comune.

 Ma molte sono le opere che parlano di pace. Spesso la nostra sensibilità può trovare quindi riscontro nelle parole di uomini e donne vissuti in secoli lontani, che hanno vissuto la guerra e hanno avuto il coraggio di condannarla nonostante la cultura dominante fosse rivolta all’esaltazione degli eroi e delle loro gesta eroiche.

  • Omero, nell’ Iliade, poema epico per eccellenza, tramanda anche tuttavia con forza e compassione le ragioni dei vinti. Il poema epico, che sembra scritto dai vincitori, porta in realtà alla luce l’umanità dei Troiani. Come scrive Alessandro Baricco: “A prima vista non te ne accorgi, accecato dai bagliori delle armi e degli eroi. Ma poi, nella penombra della riflessione viene fuori un Iliade che non ti aspetti. Vorrei dire: il lato femminile dell’Iliade…Relegate ai margini del combattimento, le donne incarnano l’ipotesi ostinata e quasi clandestina di una civiltà alternativa, libera dal dovere della guerra. Sono convinte che si potrebbe vivere in un modo diverso, e lo dicono. Nel modo più chiaro lo dicono nel VI libro dell’Iliade. In un tempo sospeso, vuoto, rubato alla battaglia, Ettore entra in città e incontra tre donne: ed è come un viaggio nell’altra faccia del mondo. A ben vedere tutte e tre pronunciano una stessa supplica, una supplica di pace, ma ognuna lo fa in modo diverso. La madre Ecuba, la regina dei Troiani, lo invita a pregare. Elena lo invita al suo fianco, a riposarsi. E la moglie Andromaca, alla fine, gli chiede di essere padre e marito prima che eroe e combattente”. Andromaca dice infatti ad Ettore: “Non rendere orfano tuo figlio, non fare di tua moglie una vedova”. Al tripudio del trionfo del vincitore si contrappone sempre il compianto e la pietà per il vinto; il dolore ed il pianto per gli eroi caduti, accompagnano tutto il poema ed ogni lettore si trova portato a compiangere con Achille la morte di Patroclo, e con Priamo la morte di Ettore. Appare molto significativa la conclusione della grande epopea bellica con i solenni funerali di Ettore.
  • Euripide ne “Le Troiane” fa ascoltare il grido di pace delle donne prese schiave dai Greci vittoriosi, andando incontro al loro destino in quanto parte del bottino di guerra con una dignità che sottolinea che i grandi eroi greci della guerra sono barbari spietati, protagonisti nel gioco senza senso della guerra, non capaci di accettare di limitare la loro sete di potere.
  • Aristofane nella sua commedia “La Pace”, canta la pace in modo assoluto: la dea Eirene, dopo essere stata liberata dal contadino Trigeo dalla prigione in cui la teneva il Dio della guerra, rifiuta sacrifici in suo favore e trasforma le lance in pali per le viti e gli scudi in recipienti. La condanna della guerra ed il ripristino della pace fu l’obbiettivo principale, se non l’unico di questo autore civilmente e politicamente impegnato
  • Menandro nella sua commedia “Lo Scudo”, fa recitare al servo Davo una lunga battuta che denuncia gli orrori della guerra. Egli racconta dei morti, sfigurati, tra i quali non è stato in grado di riconoscere il suo padrone; racconta dello scudo, che ogni soldato doveva conservare, simbolo di onore, e che assurdamente torna a casa senza il giovane che lo portava con sé. Un tragico resoconto che stride con la caratterizzazione del personaggio, uno schiavo, che come tale, per le regole della Commedia, era personaggio comico; diventa una sorta di clown triste che porta in scena gli orrori della guerra in Licia.
  • Antigone di Sofocle che vuole dare sepoltura al fratello, contro i decreti regali che lo considerano un traditore è convinta che l’obbligo morale abbia la precedenza sull’obbligo civile. L’orrore della guerra è sullo sfondo, la denuncia dell’arroganza del re emerge potente: Antigone è simbolo di ribellione, di una volontà di giustizia portata avanti fino al sacrificio di se stessa.
  • Per concludere il nostro viaggio nell’antica Grecia, non possiamo non richiamare un passo particolarmente significativo di Erodoto che nelle Storie, fa rispondere Creso ad una domanda di Ciro che gli chiedeva quale follia lo aveva spinto a muovere guerra a lui, il quale era considerato molto più potente da non permettere nessuna illusione circa l’esito del conflitto: “…di tutto questo il colpevole fu il dio dei Greci, che mi esortò alla guerra. Nessuno è così folle da preferire la guerra alla pace: in pace i figli seppelliscono i padri, in guerra invece i figli seppelliscono i padri…”

La presenza scomoda di questi letterati rappresenta una critica interna ai presupposti e alle pratiche della guerra che impregnavano l’ideologia della Grecia antica: la pace è vista da loro come situazione di normalità, contrapposta alla guerra, che è invece situazione in cui si ha un rovesciamento dell’ordine naturale.
In un mondo in cui la guerra era considerata una circostanza ben più normale della pace essi hanno avuto il coraggio di essere la voce fuori dal coro.

Non è facile in un momento come questo parlare di pace ma ricordiamo che ogni guerra, passata o presente, rappresenta la sconfitta dell’umanità, della diplomazia e della ragione.

RUBRICA – Pillole dell’avvocato

Internazionalizzazione e PMI: un approccio come Boutique

internazionalizzazione-e-PMI

Una Boutique legale alle prese con i rapporti Italia-Medio Oriente: Simone Facchinetti, Founder di Facchinetti Studio Legale, racconta la sua esperienza professionale.

F.L.: In che modo la sua realtà professionale incarna il modello Boutique?
S.F.: La relazione con il cliente è rapida e aggiornata, sempre gestita da due professionisti di Studio contemporaneamente. Offriamo un servizio di risk management, illustrando rischi, opzioni e soluzioni al singolo caso sottoposto, confrontandoci attivamente con il cliente con assertività e responsività.

Il team di studio è aggiornato, smart, sostenibile, assertivo, lavora con etica, nel rispetto della certificazione ESG.

Il nostro modello di business è concentrato su una clientela am- pia che viene selezionata e ristretta a seconda delle divisioni di materia e campo giuridico, con la ricerca di servizi altamente personalizzati a seconda delle necessità del caso e della strategia di approccio adottata sempre di concerto con il cliente. Interve- niamo nei seguenti settori: impresa, PMI italiana e estera, con dedizione al diritto internazionale, internazionalizzazione d’impresa, sponsorizzazione sportiva e gestione giuridica delle ope- re d’arte. Contrattualistica domestica e internazionale, creazione e protezione del personal branding, consulenza societaria che sfocia anche in gestione dei patrimoni personali/familiari, nella protezione delle opere d’arte e nell’ambito sportivo con la gestione dell’immagine/reputazione degli atleti, con attenzione tanto civilistica che penale.

Il team di studio è aggiornato, smart, sostenibile, assertivo, lavora con etica, nel rispetto della certificazione ESG.

F.L.: Quali peculiarità e quali potenzialità riscontra nelle sue strategie di business?
S.F.: Innovazione, reattività, sostenibilità, inclusione, etica e ricerca di una strategia di gestione del rischio/soluzioni concordate con il cliente.

È altresì importante l’approfondimento di temi e materie dedicate, dal societario alla contrattualistica, dal diritto sportivo al tratta- mento giuridico fiscale delle opere d’arte, dall’internazionalizzazione di impresa alla protezione dei marchi e personal branding, dalla finanza agevolata all’industria 5.0.
Attuiamo la ricerca di vantaggi competitivi operando con lealtà e trasparenza, instaurando relazioni autentiche con i clienti/colleghi/altri operatori del settore, definendo scopi, strategie e desiderata del cliente.
Catalizziamo le energie e competenze del team, in ottica di gestione del tempo e risorse nel miglior interesse per il cliente. Abbiamo la capacità di stabilire e mantenere relazioni di lungo termine con i clienti, sviluppando un rapporto di fiducia e collaborazione, attraverso l’assertività con il team di lavoro e con il cliente, per dedicare equilibrio nelle emozioni che connotano la nostra attività.
Inoltre, i ruoli di rappr. Uff. della Camera di Commercio Italiana negli Emirati Arabi Uniti dal 2016 ad oggi, così come di legal advisor di Arab Fashion Council consentono una relazione diretta con operatori del settore stranieri (non solo emiratini e del Medio Oriente) per la ricerca del migliore intervento di export da dedica- re alle PMI italiane (e viceversa).
Una nostra challenge: ricerchiamo nuove sfide costantemente, tra queste la pubblicazione a breve del primo libro in materia di diritto di famiglia sulle spese ordinarie e straordinarie da ripartir- si tra i genitori per i figli, individuando nuove frontiere e strumenti di soluzione nella gestione della crisi familiare.

F.L.: Il suo studio si occupa in particolar modo di rapporti Italia Medio-Oriente, all’interno del settore di Interna- zionalizzazione d’impresa. Nel ruolo di Boutique, come gestisce il suo studio questa particolare practice?

S.F.: Attraverso il monitoraggio delle novità normative, culturali, fiscali, economiche e commerciali dello Stato emiratino e del Medio Oriente e con la verifica delle tendenze di mercato, le opportunità di investimento e le sfide specifiche che le PMI italiane possono incontrare espandendosi in questa macroarea. Curiamo anche lo sviluppo di una vasta rete di contatti e partnership con professionisti, istituzioni e imprese negli Emirati Arabi Uniti, strategici per identificare le migliori e più adatte opportunità di business e partnership per i clienti. Nel gestire questa practice, lo Studio si concentra sulla consulenza personalizzata e sulla pianificazione strategica, comprendendo le loro esigenze, valutando i rischi, le opportunità e sviluppando piani d’azione su misura per assisterli nel raggiungimento dei loro obiettivi. Forniamo una c.d. “cassetta degli attrezzi” dedicata alle azioni di export. Infine, viene offerto supporto continuo e follow-up durante tutto il processo di internazionalizzazione d’impresa.

La fondamentale connessione tra pace, sostenibilità e futuro: Un estratto dal volume “Salvator Mundi – Manifesto per la pace” sulla rigenerazione verde

pace sostenibilità e futuro

“La Terra non è un’eredità ricevuta dai nostri padri, ma un prestito da restituire ai nostri figli”. Con questo antico proverbio amerindio si apre il capitolo del volume “Salvator Mundi – Manifesto per la pace” dedicato alla rigenerazione verde delle aree colpite dai conflitti.

La necessità di preservare l’ambiente e i territori teatro delle attuali guerre non può essere sottovalutata, in un momento storico in cui le sfide ambientali sono legate anche al profondo concetto di pace.

In questa prospettiva, abbiamo il piacere di inserire in questo numero di Atlas Magazine un estratto speciale dal “Salvator Mundi – Manifesto per la pace” della giornalista Katia La Rosa, Presidente di ItDifesa e autore e fondatore di tutto il progetto integrato, presentato alla Camera dei Deputati lo scorso 11 luglio, e in prossima presentazione al Senato, presumibilmente per il mese di gennaio.

Tale estratto è a cura di Benedetto Roberto Ingoglia, imprenditore a capo di Energy Holding, società che coordina l’intero Gruppo Energy, al quale appartiene la più conosciuta Energy Italy SpA.

Con le sue riflessioni, Ingoglia ci spinge a considerare il nostro ruolo attivo nella transizione energetica come un atto di responsabilità nei confronti delle generazioni future, introducendo il suo progetto RIGENERAZIONE VERDE, che mira a diffondere una cultura sostenibile a sostegno della pace, attraverso la ricostruzione delle aree verdi colpite e distrutte dalla guerra, creando un futuro più sostenibile e pacifico per le generazioni future, rafforzando ancor il legame imprescindibile tra pace e sostenibilità ambientale.

Volontariato online: un nuovo modo per contribuire alla società, comodamente da casa

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I potenti rammentino che la felicità non nasce dalla ricchezza né dal potere, ma dal piacere di donare”. 

Un’espressione a prima vista molto forte, utilizzata da Fabrizio De Andrè nel contesto del disco “Tutti morimmo a stento”, ma che riesce con pochissime parole a rappresentare il profondo significato del volontariato.

Mettersi a disposizione dell’altro, dedicarsi a soddisfare un bisogno altrui, anche apparentemente insignificante, rende felici.

L’esperienza quotidiana ci insegna, infatti, che nessuna forma di potere eguaglia quella dell’amore, non solo per chi lo riceve ma anche per chi lo dona.

La stessa quotidianità, tuttavia, molto spesso non ammette pause, non concede spazi per virare le nostre attenzioni verso orizzonti di altruismo.

A colmare tale lacuna interviene, però, la società e gli strumenti che la medesima mette a disposizione; in effetti, sempre più spesso si parla del c.d. volontariato online.

Nell’era moderna, per occuparsi delle cause che ci stanno più a cuore, è sufficiente una buona connessione internet e un portatile, un tablet o uno smartphone, restando sul proprio divano o comodamente in pigiama.

Trattandosi comunque di volontariato, anche quello online richiede tempo e dedizione, ma offre l’enorme vantaggio di poter organizzare più liberamente e senza vincoli il tempo da riservare all’attività selezionata.

Al contrario di quanto possa apparire a prima vista, inoltre, il volontariato online è per tutti, in quanto si può svolgere da qualunque posto e indipendentemente dalle proprie capacità o competenze.

Basta navigare un pochino in internet per rendersi conto che ci sono tante opportunità in tal senso; si tratta spesso di iniziative internazionali ovvero offerte in lingua inglese, ma facilmente traducibili in lingua italiana.

Alcune attività, poi, richiedono abilità specifiche, altre no.

Rientrano nella prima categoria tutti quei progetti ideati da associazioni che ricercanovideomaker o programmatori, che consentono di gestire siti web o social media oppure di svolgere attività di consulenza, di formazione o, ancora, di tradurre documenti e redigere testi in altre lingue.

Facciamo qualche esempio concreto.

Il più noto è sicuramente il programma di volontariato online ideato dalle Nazioni Unite nel 2000, all’interno del quale cittadini e associazioni, in qualunque parte del mondo si trovino, possono scegliere l’azione da svolgere, selezionando il tipo di attività, l’ambito di intervento, l’area geografica e il numero di ore da dedicarvi; per potervi partecipare, tuttavia, è necessario avere delle conoscenze specifiche in alcuni ambiti come l’IT o la grafica.

Famoso è, altresì, il portale predisposto da “Ayni Cooperazione”, avente ad oggetto il volontariato internazionale, finalizzato ad avvicinare i volontari italiani ad associazioni che lottano contro la povertà, la discriminazione e lo sfruttamento.  All’interno di esso, è possibile dare il proprio contributo con attività di fundraising, di consulenza, di traduzione, di comunicazione e marketing, di grafica, di progettazione e tanto altro.

Non richiedono, invece, particolari abilità quelle piattaforme dove il proprio apporto si limita alle attenzioni da dedicare a qualcuno o a qualcosa.

Sotto tale profilo, merita di essere certamente menzionata l’app gratuita (disponibile sia per iOS che Android) “BeMyEyes”, che connette soggetti non vedenti o ipovedenti con volontari normovedenti. In buona sostanza, i volontari aiutano queste persone a diventare il più autonome possibile, rispondendo alle loro video-chiamate per fornire assistenza visiva per attività anche basilari, che vanno dall’indicazione del colore dei vestiti alla preparazione della cena, passando per molto altro ancora (ad esempio, viene chiesto ai volontari di indicare se le luci sono accese o dove si trovano alcuni oggetti in casa).

Peculiare è, poi, il servizio offerto da “7 cups” che mette in contatto chi ha bisogno di esprimere i propri pensieri e le proprie paure con persone formate ad ascoltare.  In questo contesto, tutti possono proporsi come volontari ascoltatori, beneficiando, altresì, di una formazione online gratuita perché – è bene evidenziarlo – saper ascoltare non è soltanto un’attitudine, ma richiede sensibilità, attenzione e una buona dose di intelligenza emotiva.  Ricevere una formazione in merito, in effetti, può fornire vantaggi non solo per chi chiede di essere ascoltato, ma anche per il volontario che intende ascoltare, potendo ricavare da questa esperienza un’opportunità di crescita personale.

Così come di certo contribuisce a uno sviluppo di determinati temi, il progetto dell’Università di Harvard, c.d. “Project Implicit”, che si propone di studiare pensieri e sentimenti nell’ambito dell’inconscio.  In tal caso, è sufficiente partecipare ai test messi a disposizione sul loro sito; lo scopo è quello di trasmettere i dati ai ricercatori e così consentirgli un approccio più concreto al mondo delle emozioni, sempre complesso da esaminare.   L’unico difetto – almeno per quanto riguarda gli italiani – è che non è prevista la possibilità di effettuare il test in lingua italiana.

Ci sono, da ultimo, attività, previste soprattutto per i più giovani, che permettono di contribuire in modo davvero semplice al benessere generale; ad esempio, la piattaforma “Do Something” consente, tra l’altro, di creare playlist non più lunghe di cinque minuti per limitare il tempo della doccia e sprecare meno acqua possibile.

Insomma, i progetti relativi al volontariato online sono molti; c’è spazio per tutti e ognuno può dare il proprio contributo, nei modi e nei tempi che desidera.

Basta soltanto un po’ di organizzazione e di volontà di supportare le attività che riteniamo più adeguate alla nostra personalità, facendo sì, del bene agli altri, ma anche a noi stessi.

Non dimentichiamo, infatti, che il volontariato – qualsiasi tipo di volontariato – consente di metterci in contatto con tante persone e con tante esperienze diverse, comportando un indubbio arricchimento del nostro bagaglio culturale, in un percorso di crescita sia a livello personale, che, a seconda del campo scelto, anche professionale.

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Halloween: una storia di divertimento e paura

Halloween, una delle festività più iconiche del mondo occidentale, ha radici che affondano nella storia, mescolando tradizioni antiche e influenze culturali moderne. Andiamo a conoscerle!

Origini celtiche

Le radici di Halloween affondano nelle celebrazioni celtiche antiche, in particolare nella festa di Samhain. Celebrata intorno al 31 ottobre, Samhain segnava la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno e si riteneva che in questa notte il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti si assottigliasse, consentendo agli spiriti di tornare sulla Terra. Gli antichi Celti accendevano di conseguenza fuochi e indossavano maschere per scacciare gli spiriti maligni.

Influenza cristiana

Con la diffusione del cristianesimo, la festa di Samhain fu influenzata dalla festa cristiana di Ognissanti, che si celebra il 1° novembre. La sera precedente, il 31 ottobre, divenne nota come “All Hallows’ Eve” (la vigilia di Ognissanti), da cui derivò il termine “Halloween”. Le tradizioni pagane e cristiane si fusero quindi gradualmente.

Immigrazione in America

Durante il XIX secolo, i coloni irlandesi portarono le tradizioni di Halloween in America, dove la festa divenne sempre più popolare. Qui, le tradizioni celtiche si mescolarono con altre influenze culturali, dando origine a costumi, dolcetti e festeggiamenti notturni.

La moderna festa di Halloween

Halloween ha subito un’ulteriore evoluzione nel corso del XX secolo. Ora è una festa caratterizzata da costumi spaventosi, dolcetti, case infestate e decorazioni a tema horror. Le famiglie si preparano a “dolcetto o scherzetto”, i bambini vanno a caccia di caramelle e le persone di tutte le età partecipano a feste in costume.

Perché festeggiare quindi questa festa?

Concludendo quindi Halloween è una festa unica che fonde tradizioni antiche e influenze moderne, portando paura, divertimento e comunità insieme in una notte di festa. Indipendentemente dalla sua storia, è un momento in cui le persone possono abbracciare la loro immaginazione, condividere dolcetti e, per una notte, immergersi nel mondo del soprannaturale. Quindi, indossate i vostri costumi, preparatevi a dolcetto o scherzetto e godetevi una notte di Halloween!