IL COMMERCIO INTERNAZIONALE TRA PANDEMIA, RIPRESA E CANALE DI SUEZ

L’export è una chiave per capire lo stato di salute delle imprese e pertanto di ciascun Stato. Lo scenario internazionale in periodo COVID-19 è caratterizzato da nuovi segnali di protezionismo posti in essere dai almeno 80 paesi nel mondo, al fine di tutelare le imprese, prodotti, servizi nazionali e per contro sfavorire le importazioni con l’introduzione di restrizioni commerciali varie. Il Commissario UE al Commercio – l’irlandese Phil Hogan – rimane convinto come il commercio internazionale debba essere un pilastro della prossima ripresa economica, con una adeguata protezione delle imprese europee più delicate da eventuali svendite e pretendere parità di accesso al mercato, con la riduzione o eliminazione di tariffe e incoraggiando la riduzione di qualsiasi barriera la commercio. I temi dello sviluppo del settore digitale e della attenzione alla sostenibilità ambientale rimangono sempre di attualità e da incoraggiare.

Sono le previsioni, su dati Oxford Economics, la ripresa delle esportazioni, per le imprese italiane, potrà partire nel quarto trimestre di quest’anno. Non per tutti i settori e verso qualsiasi stato: 

  • si segnalano i settori agroalimentare, farmaceutico e delle apparecchiature medicale tra quelli con alto tasso di successo;
  • così come si segnalano i settori del turismo, logistica trasporto e automotive tra quelli più colpiti e con ripresa lenta;
  • mentre ripartiranno gradualmente e con il fattore “fiducia” consolidato, anche i settori dell’alta moda, gioielleria, design e arredi;
  • i Paesi come la Cina, il Vietnam o le Filippine, così come la Germania saranno tra le prime mete dell’Export italiano;
  • nonché, fuori dall’UE, avranno ottime prospettive di sbocco per l’Export Italiano: gli Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita (malgrado i minori incassi dal petrolio), il Perù, la Colombia e il Cile (paesi dell’America latina ove l’Italia realizza molte infrastrutture).

La pandemia ha evidenziato la criticità legata al blocco delle filiere nelle forniture di beni a livello internazionale con conseguenti ritardi nell’approvvigionamento di merci e necessità per tutti i paesi di ripensare alle produzioni nazionali interne di tutti i componenti di un bene, con possibili maggiori costi iniziali a anche possibili positivi effetti sul comparto innovazione, stimolo a nuova occupazione e attrazione di giovani talenti.

Le normative europee – tra cui il Recovery Fund – puntano ad una condivisione delle nuove politiche economiche volte al superamento della pandemia.

Così come per l’Italia,  il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza  (PNRR) appare lo strumento per cogliere la grande occasione del Next Generation EU e rendere l’Italia un Paese più equo, verde e inclusivo, con un’economia più competitiva, dinamica e innovativa. Un insieme di azioni e interventi disegnati per superare l’impatto economico e sociale della pandemia e costruire un’Italia nuova, intervenendo sui suoi nodi strutturali e dotandola degli strumenti necessari per affrontare le sfide ambientali, tecnologiche e sociali del nostro tempo e del futuro. Questi i focus, in preparazione la strategia complessiva che mobiliterà oltre 300 miliardi di euro: una occasione cruciale e decisiva per il nostro futuro. Un ambizioso pacchetto di investimenti e riforme in grado di liberare il potenziale di crescita della nostra economia, generare una forte ripresa dell’occupazione, migliorare la qualità del lavoro e dei servizi ai cittadini e la coesione territoriale e favorire la transizione ecologica.

23 marzo 2021: la Ever Given, una nave portacontainer di 400 metri di lunghezza e una capacità di 20mila container (proveniente dalla Cina con destinazione Rotterdam e registrata a Panama, gestita da una società tedesca, controllata dalla società taiwanese Evergreen, con equipaggio indiano) si incaglia nel Canale di Suez, bloccando una delle rotte marittime più trafficate al mondo. Un incidente, un evento di “forza maggiore”, una tempesta perfetta che evidenzia l’estrema fragilità del commercio internazionale e vulnerabilità dei trasporti marittimi e in particolare di infrastrutture strategiche come il Canale di Suez.  Secondo notizie di stampa sembra che la Ever Given sia stata investita da un’improvvisa tempesta di sabbia – con conseguenze sulla ridotta visibilità della rotta e manovrabilità della nave – così ostruendo completamente il passaggio da un lato all’altro del canale e creando un ingorgo che rischia di congestionare i porti di mezza Europa.

Un blocco che interessa anche l’Italia, che nel Canale di Suez vede transitare ogni anno circa il 40% di tutto il suo import-export marittimo. Inoltre, in conseguenza dell’incidente e dei possibili disagi nell’approvvigionamento di petrolio – da Suez transita il 7% del commercio mondiale di greggio e il 12% del commercio globale

La catena delle supply chains, già messa a dura prova durante la pandemia e attualmente con la distribuzione dei vaccini, mostra nuovamente la sua vulnerabilità con necessarie riflessioni:

  • sull’incidenza nelle catene di approvvigionamento dei c.d. ‘colli di bottiglia’ (o Checkpoints), percorsi stretti o canali artificiali strategici per le rotte commerciali internazionali tanto di materiali quanto di energie;
  • sui pericoli esistenti da blocchi come questi: navi ferme nei porti e nelle acque internazionali possono essere oggetto di atti di crimini marittimi (es. sequestro di equipaggi), pirateria, attacchi terroristici, incidenti navali;
  • sul tema dei risarcimenti dei danni a carico dei responsabili del blocco e sugli interventi delle varie compagnie assicurative (dai pagamenti delle operazioni di salvataggio ai risarcimenti per i danni provocati dal blocco delle altri navi, delle merci, dal blocco e ostruzione del canale, ecc.);
  • sulla praticabilità di nuove rotte, anche di più lunga percorrenza con conseguenti maggiori costi di trasporto (dai 250 ai 500mila euro in più per viaggio) e dilungamento dei tempi di consegna (almeno dai 12 ai 20 gg in più);
  • sulla configurazioni di nuovi equilibri sullo scacchiere geopolitico, basti pensare a come intere regioni del mondo (Europa compresa) si sono ritrovate senza prodotti di cui, fino al giorno prima, neanche sapevano di avere bisogno: mascherine e dispositivi sanitari, provenienti per almeno inizialmente da Oriente;
  • sulla programmazione delle economie, visto come l’andamento non lineare dell’epidemia ha portato a provvedimenti di lockdown sfalsati tanto a livello mondiale che statale;
  • sul ripensamento verso catene di supply chain più corte e sostenibili a livello interno;
  • sul trend del “gigantismo” delle navi, le maxinavi hanno capacità di trasporto di molta più merce in un solo viaggio e con costi di inquinamento minori per il pianeta (secondo quanto indicato dal International Maritime Organization quanto a efficienza per carico trasportato), ma in caso di incidente portano con sé ripercussioni dannose a cascata per l’intero sistema (basti pensare come vi sono oltre 320 navi bloccate, di cui 30 petroliere, ancorate nelle acque ai due estremi e lungo lo stretto di Suez e come ad oggi si stimano danni di oltre 170milioni di euro richiesti all’armatore della Ever Given da parte delle compagnie marittime le cui unità non hanno potuto imboccare il canale e dai proprietari dei loro carichi).

Commercio internazionale e  globalizzazione in un epoca sempre più digitale mostrano la loro fragilità e vulnerabilità di fronte alla realtà di accadimenti inaspettati ma dirompenti. Occorre una nuova visione dell’ecosistema economico per garantire un futuro più equilibrato al nostro pianeta.

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