Un anno fa siamo stati catapultati in una situazione lontana da ogni immaginazione, in grado di mettere in ginocchio l’intero sistema di sostentamento per le aziende e per le persone, causando gravi perdite a livello economico e aumentando le turbolenze sociali. Tante le proteste, tante le sconfitte ma anche tante vittorie.
Proprio in occasione di un giorno speciale come la Festa dei Lavoratori è giusto quindi guardare in faccia alla realtà nella sua completezza. Ci sono state aziende che sono riuscite a ripartire, reinventarsi, addirittura accelerare in una situazione del genere. Tanti possono essere i motivi: coraggio, ambizione, determinazione, formazione. Ma quello che più interessa a noi e a voi lettori è l’ispirazione che ha portato al successo.
Oggi, infatti, andremo ad esaminare proprio quelli che sono gli aspetti principali di una delle realtà leader del settore energetico che più è riuscita ad eccellere in un periodo particolare come quello che stiamo vivendo: Energy Italy SpA. E chi meglio del Presidente Benedetto Roberto Ingoglia può raccontarci i fattori che più hanno contribuito al successo attuale dell’azienda e che aprono ad un futuro sempre più raggiante?
Oggi, per Atlas Magazine, andremo in profondità di questo aspetto, che sottolinea il successo imprenditoriale ma anche e soprattutto l’ispirazione per chi oggi cerca una risposta per gli anni a venire che ci attendono.
L: “Il 2020 è stato un anno difficile ma anche occasione di forte crescita in Energy Italy: quali sono stati i fattori più importanti di questa crescita?”
R. “Anni fa, prima ancora di creare Energy Italy, nel novembre 2001, in piena crisi economica, subito dopo l’attentato delle Torri Gemelle, col fatturato aziendale che crollava di giorno in giorno, ho frequentato un corso di formazione il cui argomento principale era “Strategie di crescita aziendali”.
Ero proprio curioso di capire, in un momento di così forte depressione sociale e una così forte congiuntura economica, quale potesse essere la strategia che avrebbe potuto invertire l’andamento e le sorti dell’azienda in cui lavoravo.
Nel concreto, abbiamo parlato ben poco di strategie effettive, in quanto, per la maggior parte del tempo, il relatore ci ha spinto a riflettere sulle opportunità che ogni crisi può scaturire e, analizzando le reali occasioni celate in quella che era la più grande depressione economica del dopoguerra, mi sono reso conto che sì, dietro ogni crisi si nascondono sempre delle grandi opportunità, ma per coglierle servono coraggio, forza di volontà, visione e un forte atteggiamento positivo.
Quindi, alla sua domanda posso sicuramente rispondere che i fattori più importanti di questa crescita sono stati indubbiamente la grande visione di un nuovo mercato, il coraggio di affrontarlo, una profonda forza di volontà, ma soprattutto il pensiero positivo”.
L: “Energy Italy non solo è cresciuta come mole di lavoro ma anche come squadra e sedi! Ci racconti nel dettaglio questa “vittoria” del lavoro”.
“Per cogliere al meglio una nuova e grande opportunità come quella della riqualificazione energetica degli edifici, grazie al cosiddetto Superbonus 110%, devi mettere in atto una sinergia di strategie tecniche, commerciali e di marketing.
Per farlo bene è assolutamente necessario un personale altamente qualificato, che deve essere presente su tutto il territorio nelle filiali aziendali, al fine di offrire un’assistenza ottimale ai clienti già acquisiti e di attirarne dei nuovi.
La nostra vittoria è stata quella di realizzare il tutto questo in un tempo brevissimo”.
L: “Parlando di progetti, come crescerà ancora Energy Italy?”
“Possiamo dire che il percorso di Energy Italy è ancora all’inizio: l’inserimento di nuove 10 risorse all’interno del nostro staff e l’apertura delle sedi periferiche di Catania e Partanna (TP) negli ultimi 12 mesi sono soltanto lo start up di un progetto che nei prossimi 5 anni ci vedrà presenti con altre aperture nelle più importanti aree commerciali a supporto della nostra rete e dei nostri clienti.
Tutto questo perché il mercato dell’energia rinnovabile è costretto a crescere, in funzione degli accordi che le Nazioni di tutto il mondo hanno sottoscritto, con l’obiettivo di ridurre l’emissione di gas serra.
Noi di Energy Italy vogliamo essere, anzi, sicuramente saremo protagonisti di questo risultato, attraverso la fornitura di prodotti innovativi e all’erogazione di servizi di estrema qualità”.
Un racconto affascinante quanto entusiasmante e che ci ha sciolto diversi dubbi su quello che è giusto fare in un momento così incerto.”
Dai successi ottenuti e soprattutto dalle parole del Presidente Roberto Ingoglia, Energy Italy si è rivelata e confermata azienda solida e promettente nel settore energetico.
Questo sicuramente per le grandi occasioni proposte con il Decreto Rilancio, ma anche e fondamentalmente grazie alla preparazione e formazione durante gli anni e allo spirito intraprendente che ha fatto sì che venisse creata una realtà incredibile: più di 1000 consulenti, la creazione di EnergyRE, una rete di imprese fra le più grandi d’Italia e composta da 400 tecnici e 200 imprese affiliate. Non solo: Energy Italy ha ampliato anche il proprio staff, le proprie sedi e il proprio capitale sociale, dando una forte accelerata in termini di qualità professionale, presenza territoriale e forza economica, in un momento tutt’altro che roseo. Una vera vittoria del lavoro!
In questo numero di Atlas ho deciso di coinvolgere una realtà particolare, sempre vicina però al tema importante della sostenibilità.
Parto sempre dai perché nei miei articoli: perché parlare di questo? Perché adesso? Perché coinvolgere altre realtà o settori?
Tutte domande che tengo porre anche ai lettori, per dar motivo a loro del perché appunto leggere gli articoli sui protagonisti dell’interviste Atlas.
Da quando questo magazine esiste si pone il forte obiettivo di diffondere l’informazione più corretta e costruttiva per la società, che riguardi l’individuo (Vivere Sano), la comunità (Vivere Sociale) o che riguardi l’intero ambiente attorno ad essa (Vivere Sostenibile).
In questa intervista approfondiremo proprio questo tema di Atlas, la sostenibilità ambientale, con un nuovo ospite esclusivo, in grado di darci risposte a nuovi metodi per un mondo più green che prima non conoscevamo o peggio ignoravamo.
Stiamo parlando di Ecopneus, la realtà tutta italiana che si occupa della gestione degli pneumatici fuori uso.
Risponderemo a queste domande ad esempio: quanto dura uno pneumatico? Dopo aver compiuto il proprio dovere dove andrà a finire? Ma soprattutto, quanti sono al mondo a dover essere smaltiti? A tutto questo ci ha risposto Giovanni Corbetta, il direttore generale di Ecopneus.
Ma andiamo con ordine, conoscendo intanto la realtà e le loro fondamenta valoriali.
L: “Qual è la mission e la vision di Ecopneus? Qual è l’ispirazione e quando nasce il sistema di gestione dei PFU in Italia?”
G: “Lo smaltimento degli pneumatici fuori uso è un argomento importante tanto quanto incredibile.
La nascita di Ecopneus, società senza fini di lucro ma con lo scopo unico di riappropriarsi degli pneumatici a fine ciclo di vita, coincide con la legge sullo smaltimento dei rifiuti, dando inizio a quello che vedremo durante l’articolo: una realtà in grado di dar nuova vita a ciò che in realtà si pensava fosse morto o un peso da cui liberarsi.
Già da questo primo passo in avanti possiamo considerare questa realtà come innovativa, perché ha offerto ed è tuttora la soluzione a questo problema. Per fortificare questa considerazione possiamo dare voce ai dati forniti proprio da Ecopneus: ben 210.00 tonnellate di PFU all’anno trasformate in gomma riciclata per campi da calcio di ultima generazione, superfici sportive indoor e outdoor, isolanti acustici e antivibranti per l’edilizia, asfalti modificati “silenziosi” e duraturi, elementi dell’arredo urbano oppure come energia.”
L: “Quali sono i benefici per l’ambiente dell’attività di Ecopneus?”
Il recupero dei PFU di Ecopneus consente inoltre importanti benefici ambientali ed economici: nel 2018 è stata evitata l’immissione in atmosfera di oltre 350mila tonnellate di CO2eq, risparmiati materiali per 350mila tonnellate ed evitato il consumo di circa 1,7 milioni di m3 di acqua. Grazie all’impiego dei materiali derivati dal riciclo dei PFU il nostro Paese risparmia inoltre circa 140 milioni di euro ogni anno sull’importazione di materie prime. Concreti benefici possibili anche grazie al lavoro di una filiera qualificata, formata da circa 100 imprese su tutto il territorio nazionale che danno lavoro complessivamente a oltre 700 persone.
Un ruolo speciale quello di Ecopneus perché non solo primo riferimento in Italia per lo smaltimento degli pneumatici ma anche per aver con sé il potere dell’innovazione, parola chiave per aprire la porta della sostenibilità ambientale.
L: “La gomma riciclata dai PFU è un materiale di grande valore e si applica in diversi ambiti. Quali sono i principali settori applicativi della gomma riciclata?”
G: “L’impiego di gomma riciclata da PFU in sostituzione di polimeri di gomma, vergine o derivata dal petrolio, risponde pienamente ai principi dell’economia circolare, rispetta la gerarchia di gestione dei prodotti a fine vita e costituisce inoltre un concreto volano per le politiche del GPP – Acquisti Verdi della Pubblica Amministrazione.
Grazie all’aggiunta di gomma da riciclo nel bitume per asfalti, ad esempio, si ottengono asfalti modificati che durano fino a tre volte una strada convenzionale, riducono il rumore del passaggio di veicoli e che, resistendo al formarsi di crepe e buche, richiedono minori interventi di manutenzione.
Altro settore in cui la gomma riciclata costituisce un valore aggiunto rispetto altri materiali è quello edile, dove isolanti acustici e dalle vibrazioni realizzati in gomma riciclata stanno trovando sempre maggior spazio, insieme a nuove soluzioni eco-innovative per il design, l’arredo e l’architettura.
Il principale settore applicativo della gomma riciclata è però quello sportivo, che assorbe oltre il 35% della gomma riciclata della filiera Ecopneus. Campi da calcio in erba sintetica di ultima generazione, superfici sportive indoor e outdoor per basket, volley pallamano, playground e campi di lavoro per l’equitazione beneficiano delle proprietà elastiche, ammortizzanti, antitrauma e di resistenza della gomma riciclata. Un settore in forte espansione, grazie anche alla partnership avviata nel 2012 con UISP, Unione Italiana Sport Per tutti, che ha portato a numerose realizzazioni in tutta Italia.”
L: “Dall’unione degli Pneumatici Fuori Uso e plastica riciclata nascono innovativi materiali circolari per diversi settori industriali. Quali sono i vantaggi di questo materiale rispetto agli altri e in che settori trovano applicazione? quali altri nel futuro potranno essere?”
Giovanni Corbetta durante la nostra intervista ci ha spiegato che in Italia esiste una filiera di aziende qualificate che utilizzano la gomma riciclata per realizzare pavimentazioni stradali, superfici sportive, materiali per l’isolamento acustico, elementi dell’arredo urbano e tanto altro ancora! Portiamo alcuni degli esempi tra i più interessanti:
Asfalti modificati “silenziosi” e duraturi
G: “Ad oggi esistono in Italia oltre 470 km di strade asfaltate utilizzando bitumi modificati con gomma riciclata e l’interesse verso questa applicazione è in costante crescita. L’aggiunta del polverino di gomma modifica le proprietà̀ fisiche del bitume migliorando le prestazioni complessive della pavimentazione, consentendo:
riduzione della rumorosità̀ fino a 7 Db, che corrisponde a circa il dimezzamento del rumore percepito dall’uomo;
durata della pavimentazione fino a tre volte superiore rispetto a quella di un asfalto tradizionale;
maggiore resistenza della superficie al formarsi di fessurazioni e crepe di ogni tipo, da cui consegue il contenimento degli interventi di manutenzione e i relativi costi e disagi;
maggiore sicurezza grazie al migliore drenaggio dell’acqua, con aumento dell’aderenza e miglioramento della visibilità̀, e alla minor presenza di buche.
Vantaggi per chi guida, per chi vive o lavora vicino ad arterie stradali trafficate, ma anche per le tasche della Pubblica Amministrazione. La grande durata degli asfalti “gommati” e la possibilità di progettare ottime pavimentazioni di ridotto spessore, consente alla P.A. di investire ottimamente le risorse, riducendo i disagi ed utilizzando un materiale dalle elevate prestazioni 100% made in Italy. Ecopneus è, inoltre, partner del progetto LIFE Nereide, finanziato dalla Comunità Europea, che punta ad ottenere pavimentazioni stradali a bassa emissione sonora ed estremamente durevoli, grazie a gomma riciclata e fresato d’asfalto.
Campi polivalenti indoor e outdoor
Con la gomma riciclata è possibile realizzare superfici polivalenti adatte per la quasi totalità delle discipline, dal volley al basket, dalla ginnastica alla danza, dal tennis fino al calcio a 5. Possono essere realizzate “colando in opera” una miscela di granuli di gomma e resine poliuretaniche oppure affiancando dei materassini prefabbricati in gomma riciclata per formare un’unica superficie. In entrambi i casi, sopra lo strato in gomma viene successivamente applicata una resina poliuretanica colorata per il corretto “grip” e per tracciare le linee dei campi da gioco.
Isolanti acustici e materiali antivibranti
La gomma dei PFU viene utilizzata per produrre pannelli insonorizzanti, tappetini anti-calpestio, membrane impermeabilizzanti, materiali antivibranti e antisismici. Legata con poliuretani o altri materiali termoplastici costituisce dei veri e propri “building blocks” di elementi altamente performanti per l’isolamento acustico e lo smorzamento delle vibrazioni. Modulando opportunamente gli spessori, la rigidità̀ e i parametri di fono isolamento dei singoli prodotti è possibile intervenire in tutte quei contesti ove è necessario isolare dalle vibrazioni e dai rumori esterni costruzioni private, macchinari industriali o edifici sensibili come scuole ed
ospedali. Anche l’Auditorium Toscanini di Parma ha utilizzato 960 mq di materiali isolanti e fonoassorbenti in gomma riciclata per la riqualificazione acustica della propria Sala Prove principale.”
L: “Il campo dello sport, ad esempio quello del calcio, è uno dei settori in cui trova ampio spazio la gomma riciclata: quali sono i vantaggi e qual è la differenza in termini di prestazione rispetto al campo classico in erba?”
G: “I manti in erba sintetica artificiale hanno caratteristiche e vantaggi che li rendono preferibili ai campi in erba tradizionale dal punto di vista delle prestazioni degli atleti, della gestione complessiva dell’impianto e della manutenzione del campo. In proposito, Roberto Spagnolo, Direttore Operativo dell’Atalanta BC ha dichiarato: “oggi possiamo dire con certezza che, nel confronto, il contenimento dei costi che si ottiene con un campo in erba sintetica è mediamente oltre il 50% rispetto ad un campo in erba naturale.
Queste pavimentazioni infatti sono caratterizzate da:
Maggiore disponibilità̀ del campo, con miglior rapporto ore di gioco/anno rispetto ai manti tradizionali;
Elevata resistenza alle condizioni metereologiche più avverse;
Bassi costi di manutenzione;
Possibilità̀ di installazione senza restrizioni per le condizioni atmosferiche necessarie alla cura di un manto erboso tradizionale;
Minor consumo di acqua per l’irrigazione;
Possibilità̀ di utilizzare il campo da gioco per altri scopi senza pregiudicare il manto (concerti, presentazioni, incontri stampa, meeting, open-day, eventi vari);
Possibilità̀ di disputare gare in ogni stagione, anche con climi estremi.”
Un’intervista che ho cercato di trasporre nella maniera più trasparente possibile, per far luce su tutti gli aspetti più interessanti della realtà Ecopneus: i loro prodotti, l’utilizzo che si può fare con uno pneumatico considerato fuori uso e le soluzioni innovative che possono nascere.
Tutto questo ovviamente con lo scopo finale di garantire la massima sostenibilità ambientale, un impegno da non cui non possiamo esimerci, soprattutto visti i grandiosi risultati che porta alla vita di ognuno di noi e di ogni società.
Ormai è chiaro quanto per noi di Atlas sia fondamentale il tema della sostenibilità ambientale, il perché è fondamentale e allo stesso tempo ovvio: noi tutti viviamo sulla Terra, proprio per il puro fatto che sia casa nostra dobbiamo trattarla con estremo rispetto, riducendo al minimo l’impatto che abbiamo su di essa, rispettando l’ambiente e gli ecosistemi che la abitano assieme a noi.
Atlas è fondamentale anche per questo, diffondere il messaggio: uno strumento potente che cerca di trasmettere la cultura del rispetto ambientale e quindi ci rende responsabili dell’obiettivo più grande, ossia salvare il nostro pianeta. L’unico modo per poterlo fare in maniera efficace è quello di farlo insieme, coinvolgendo quante più realtà possibili che si uniscano al nostro grido di battaglia per l’ambiente.
Con noi in questo articolo infatti parleremo di un’altra realtà innovativa e avanti con il tempo, avvincente e affascinante perché lega al massimo quello che per noi è dilettevole all’utile, o meglio il dovere con la bellezza.
Stiamo parlando del centro commerciale più green del pianeta e che si trova a Torino: Green Pea!
Abbiamo avuto l’onore di intervistare in esclusiva per Atlas il CEO del progetto e della realtà di Green Pea, Francesco Farinetti, che ci ha raccontato come è nata l’idea, quali sono le prospettive che si pongono davanti e tante altre curiosità dietro questa grande iniziativa.
Per Francesco è stato un percorso e un risultato logico quello di Green Pea: parte tutto da quella che è oggi la realtà di Eataly (altra creatura affascinante sempre opera della famiglia Farinetti), ossia portare in Italia e in tutto il mondo la miglior food experience che il nostro paese possa offrire al cliente, rispettando il territorio e mostrando la bellezza naturale in un ambiente elegante, moderno, accogliente. Sono aspetti fondamentali per educare il target a consumare nel modo più responsabile possibile, che non significa “mangiare cose sane, punto” ma al contrario essere anche consapevoli. Una parola che spesso passa in sordina per la superficialità con cui viene affrontata, la stessa con cui potremmo affrontare un’etichetta sul retro di un prodotto alimentare.
Quindi perché Francesco Farinetti ci ha raccontato questa premessa? Perché la chiave di un messaggio e renderlo comprensibile a tutti, specialmente a chi ha in mano il futuro del nostro pianeta, è l’educazione, la scuola. Eataly è stata, ed è ancora oggi, ispirazione di quello che è il progetto finale di Green Pea: deve essere un luogo fisico in cui ci sia uno scambio di conoscenze sostenibili, in cui i più grandi ma soprattutto i più piccoli siano in grado di apprendere ciò che vedono attorno e quello che vedono deve essere la rappresentazione ideale di un futuro sostenibile e di un posto in cui non ci si pone limite nella creazione di nuove idee per salvare il pianeta.
Dopo quindi aver capito le ragion d’essere della realtà create dal fondatore di Green Pea e di Eataly, effettivamente viene da chiedersi come rendere concreti questi concetti così importanti e delicati come appunto l’educazione, la formazione, la consapevolezza. Francesco ci spiega anche questo dettaglio importante.
L’edificio si struttura in ben 5 piani, ciascuno ovviamente dedicato ad un tema vicino alla sostenibilità ambientale ma se vogliamo che ne esplora anche le bellezze: dai vestiti, al cibo, alle macchine costruite dall’uomo per sfruttare al meglio il pianeta per fare del bene ma sempre senza mai lasciare il visitatore dall’apprendere su cosa sta camminando, cosa sta guardando e che ispirazione può trarre da tutto ciò.
Il Piano 0, dedicato al tema Life, propone le aziende più autorevoli che si impegnano al 100% nel sostenibile e investendo sul futuro più verde: FCA, Iren, Enel X, TIM, Unicredit, Mastercard, FTP Industrial e Samsung che è anche partner tecnologico. Quello che è più interessante e che Francesco ha tenuto far notare è la presenza del Green Pea Discovery Museum. Come abbiamo citato finora, l’educazione e l’apprendimento sono tutto per porre delle fondamenta solide su cui poter costruire davvero un futuro per questo pianeta. Ecco, quindi, perché appena entrati abbiamo il museo di Green Pea, perché dobbiamo immergerci appieno in questa mentalità, scoprirla e toccarla con mano, come gli strumenti che ci spiegano come creare energia elettrica in maniera sostenibile e pulita oppure la storia del movimento green, chi ha ispirato tutto questo. Con questo, Green Pea si pone come luogo di accoglienza ma anche e soprattutto come educatore.
Poi ci eleviamo al piano 1, in cui entriamo in un altro tema quotidiano in cui possiamo fare la differenza, ossia Home (Casa). oltre 40 Partner tra i quali Whirlpool, Valcucine, Roda, Gervasoni, Riva 1920, Pianca, Rubelli, Artemide, Driade e FontanaArte, sotto la guida del Home Brand Director Pierangelo De Poli. Il significato di questa scelta è altrettanto affascinante, perché per poter cambiare il mondo dobbiamo partire da noi stessi, in cui ognuno faccia la propria parte: dal chiudere un rubinetto così da non sprecare acqua all’avere elettrodomestici con un basso consumo o mi spiego meglio, con un consumo efficiente e intelligente. Il mondo inizia a cambiare quando ogni individuo diventa consapevole del proprio ambiente e quanto può migliorarlo, deve diventare quindi un’estensione di noi stessi.
Così come casa nostra, noi siamo anche quello che vestiamo. Ecco che ci addentriamo quindi al piano successivo, il secondo, quello dedicato al Fashion: i migliori marchi della moda sostenibile italiana e internazionale tra i quali Borbonese, Timberland, PT Torino, Patagonia, ESEMPLARE, oscalito1936, Drumohr, Giampaolo, Ecoalf, North Sails, Dedicated e Ortigni sotto la guida del Fashion Brand Director Roberto Orecchia. E poi sartoria del passato e del futuro, con la avatar factory Igoodi. Quale modo migliore per portare all’esterno il messaggio di Green Pea se non vestendosi in maniera sostenibile? Tra le aziende più conosciute al mondo della moda all’interno dell’ambiente più eco-friendly possibile. Una collaborazione o meglio una sinergia efficace in grado di garantire al cliente che essere sostenibile non solo è un dovere ma è anche bello, attraente in una parola: efficace. E le aziende sono sempre più consapevoli di questo aspetto, che lo si voglia o meno la sostenibilità deve arrivare il più lontano possibile. Per fare ciò bisogna colpire il target nella maniera più fruibile possibile e nel modo più green, dalla A alla Z. Francesco Farinetti con Green Pea l’ha intuito e ha incrociato questi interessi con il dovere della sostenibilità creando lo spazio, il luogo ideale per accogliere questi bisogni, senza mai scordare il ruolo importante di educatore verso le persone, verso il futuro.
Decolliamo verso il terzo piano, dunque, il piano dedicato alla Bellezza: le migliori firme italiane dell’abbigliamento – Ermenegildo Zegna, Brunello Cucinelli, Herno e SEASE – proporranno concept store dedicati a Green Pea. E, parallelamente, cosmesi, libri, cultura e cibo, insieme. Da un nuovo format di Sartoria Cosmetica con Allegro Natura a un Bistrot Pop, 100 Vini e Affini, in collaborazione con Fontanafredda e Affini fino, a un Ristorante Stellato, Casa Vicina, gestito dalla famiglia Vicina.
Il piano 4 invece ospita un esclusivo, ma inclusivo, Club sul Rooftop dedicato all’Ozio Creativo, con l’alkemy Spa, Cocktail Bar e la prima infinity pool di Torino affacciata sull’arco alpino: l’Otium Pea Club, curato da To Be srl.
È forse proprio all’ultimo piano che troviamo il cuore di Green Pea, perché come tiene dire Francesco Facchinetti spesso è proprio nell’incontro tra le persone che nascono le idee migliori e il Club sul Rooftop ha proprio questo ideale di riunione inclusiva al centro, in cui le persone dopo un vero e proprio viaggio all’interno dell’edificio si incontrano per parlare e riflettere, pensare che forse essere green non è così male e impossibile oggi, ma qualcosa di bello, di doveroso soprattutto visto il grande risultato ottenuto con il luogo appena visitato.
Prende vita anche un altro aspetto vitale per noi e per le nostre menti: il tempo.
Il Presidente di Green Pea ha infatti analizzato anche questo aspetto per costruire attorno ad esso il progetto: sostenibilità, infatti, è un concetto all’idea del tempo, ossia quanto può durare qualcosa. Nasce con l’avvento del pianoforte: uno dei suoi pedali si chiama sustain cioè proprio quello strumento che allunga la nota, per farle durare più a lungo. Ecco che quindi traducendo nuovamente in sostenibilità ambientale per Green Pea, significa scoprire e riscoprire nuovi modi per dare nuova vita agli aspetti che pensavamo fossero conclusi o fini a sé stessi, far durare dunque il più possibile la bellezza delle cose, rinnovandole.
Il tempo però non ci stupisce solo in questo aspetto ma anche per la concezione di ozio creativo, che si contrappone proprio al neg-ozio (aspetto visitato nei piani sottostanti al quarto). Comunemente l’ozio è sinonimo di tempo sprecato o tempo per far nulla di produttivo, ma nell’antichità l’otium è il momento migliore in cui avviene l’epifania di un’idea, è il momento cruciale in cui avviene il cambiamento del mondo e che spiega quindi il perché ancora una volta dell’ultimo piano del Green Pea: il piano dedicato all’incontro tra pensieri mentre siamo in un momento di ozio creativo, ossia quel momento dove la mente si libera nel modo più libero possibile e perché no, anche geniale. Non è nemmeno un caso che il luogo che ospitava l’otium nell’antichità si chiamasse scholè, luogo in cui si vive l’amore per il sapere.
Concludendo quindi questo bellissimo viaggio all’interno di Green Pea: abbiamo scoperto grazie al nostro ospite Francesco Farinetti che questo non è solo un luogo pieno di bellezze architettoniche, design, intrattenimento nel nome della sostenibilità, ma anche un luogo di culto per essa: si parla di conoscenza, apprendimento, futuro e educazione. Concetti imprescindibili al giorno d’oggi, ora più che mai nella situazione che il nostro pianeta sta vivendo. Il più grande e l’unico centro commerciale sostenibile diventa quindi simbolo vero e proprio non solo del vivere in maniera sinergica con l’ambiente circostante ma anche educare il prossimo a farlo in tutto il mondo: dal consumare, al vestire, al confrontarsi a vicenda.
È solo così che si diventa parte del cambiamento, l’indifferenza lo uccide.
Una piattaforma dove ognuno di noi ha il potere di comunicare con chiunque nel mondo e in qualsiasi forma: foto, video, articoli, incontrare vecchie amicizie o crearne di nuove, scambiare opinioni, vendere prodotti, assumere persone. Un enorme reticolo di funzioni che fungono da stampino della nostra personalità: i social media sono tutto questo e sono oggi la più grande conquista che internet abbia potuto offrirci. Vi spiego i perché, come utilizzarli e gli esempi di Tik Tok e Cam.Tv.
I PERCHÉ DELLA RIVOLUZIONE
Parlare di social oggi come rivoluzione ha davvero poco senso ma necessita sempre un resoconto, un “tracciare la linea” diciamo, per vedere cosa sono i social e perché ancora oggi sono rivoluzionanti. Partiamo dal primo punto: i social sono e siamo noi.
Sono partiti con la creazione di un profilo, con tanto di foto e descrizione di chi siamo, i nostri interessi e passioni, opinioni per poi collegarci con chi condivideva tutto questo e creare nuove relazioni forti, seppur online.
Quindi questo è il primo pilastro dei Perché, i social simulano la nostra realtà: il nostro aspetto, personalità e ci mettono in campo virtuale per trovare i nostri simili, creando così comunità o società, collegandoci pur essendo in capi opposti della nazione o del mondo. Tutto questo in 5 minuti, connessione lenta permettendo.
Si atterra quindi al secondo Perché, ossia i social rappresentano noi, il nostro pensiero.
Al nostro profilo social diamo anche una voce, un pensiero appunto, e lo mettiamo a confronto con quello di qualcun altro. Semplificando di molto, le cose possono andare in due modi: o si è d’accordo o si è in disaccordo. È anche questo lo straordinario potere, il confronto non poteva essere così semplice, veloce, ubiquo, e non lo è mai stato. Si creano dunque dibattiti, ma anche partiti dello stesso pensiero, movimenti che possono anche influenzare l’opinione reale di ciascuno di noi. Ci addentriamo tra poco sul contro altare, non da meno, delle opinioni.
Rimane intanto il fatto che i social ci hanno plasmato, o viceversa, ma comunque rappresentano noi stessi come persone e comunità online e quindi la nostra società virtuale in cui la democrazia assume un ruolo praticamente sganciato dalle dinamiche concrete della realtà.
Collegandoci proprio a quest’ultima frase, arriviamo proprio a quello che credo sia il motivo più importante per cui i social hanno rivoluzionato il nostro modo di comunicare, presentare e aumentare l’immagine di noi stessi: i social hanno livellato le gerarchie sociali.
Ognuno ha la possibilità di avere un canale, ognuno può esprimere la propria opinione, ognuno può essere d’accordo e creare una pagina dove tutti la pensiamo allo stesso modo, soprattutto ognuno ha lo stesso valore di ogni altro membro della piattaforma social.
Stiamo spiegando quindi l’avvento degli influencer in poche parole: sono le persone che più di altri e senza particolari sotterfugi utilizzano al meglio questi canali riuscendo a dare più valore alle proprie passioni o opinioni, diventando importanti nella società online, acquisendo carisma e credibilità in quello che dicono.
Facciamo un esempio recente, ai tempi del Covid, confrontando un influencer con 1 milione di follower e un medico con 500 follower. Quest’ultimo pur avendo un parere più consone e autorevole sulla questione sanitaria sarà sempre meno “ascoltato” rispetto alla prima controparte che vanta di un pubblico nettamente più vasto e sempre in crescita. Questo gioco provocatorio non solo vuole evidenziare la parità dei social che mettono istituzioni e società allo stesso livello, ma anche le opinioni stesse, anzi spesso le opinioni più ascoltate sono prese per veritiere. Ci stiamo addentrando quindi verso il quarto Perché della rivoluzione dei social, ossia la comunicazione dell’informazione.
Quest’ultimo Perché che ci porterà a come utilizzare questi potenti mezzi è quello che più li mette a rischio, sia dal punto di vista della buona rivoluzione sia al contrario dal punto di vista delle persone che (anche giustamente) li demonizzano. Quante volte infatti sentiamo parlare di Fake News, notizie false, in cui vengono portati dati fallaci a discapito dell’opinione altrui e per darsi da soli una ragione. Per molti possono essere facilmente smascherabili ma la capillarità della rete non ci dà minimamente idea di quanto un’informazione, che sia vero o peggio falsa, sia velocemente trasmissibile, virale. L’informazione non è mai stata così tanto a rischio e a repentaglio: sono più le persone che si informano sui social che sui giornali, sono più le persone che guardano video di reporter amatoriali che di autorevoli testate in televisione. Per chi ha una formazione o una consapevolezza ripeto, tutto questo è “smascherabile”, chi invece utilizza tutto questo senza un buon senso o quantomeno un sistema immunitario digitale in grado di riconoscere una notizia falsa da quella vera sarà presto vittima del qualunquismo o peggio ancora del complottismo.
Arriviamo quindi alla seconda parte dell’articolo.
COME UTILIZZARE AL MEGLIO I SOCIAL
Dopo esserci riportati al presente con la domanda perché ancora oggi i social rivoluzionano la nostra vita quotidiana, i nostri pensieri e la nostra società, è arrivato dunque il momento di chiederci come utilizzare al meglio questo potente canale, sia per divertimento sia per monetizzare la nostra attività.
In qualsiasi caso voi vogliate iniziare ad utilizzare i social c’è sempre un fattore da considerare che vi orienterà al meglio: a chi parliamo. LinkedIn parla ai professionisti, Instagram e Facebook a persone con passioni, blogger, atleti (un po’ di tutto diciamo), si differenziano solo per l’età: Facebook parla con un target che si aggira sui 25 anni in su, Instagram parla con un target che si aggira dai 20 anni in poi. Arrivando poi agli ultimi arrivati ma non meno importanti: Tik Tok e Cam.Tv, il cui target è giovanissimo nel primo e nel secondo si rivolge a professionisti e forti appassionati. Ma questi ultimi due li vedremo meglio nella parte finale dell’articolo.
Una volta individuato il nostro social ideale, è utilissimo capire quindi che cosa vogliamo dare al nostro pubblico che ci segue e no, stabilendo quindi il nostro messaggio (il prodotto/servizio dell’azienda o di noi stessi) con un determinato tono di voce: professionale, divertente, ironico, non importa quale, basti che rappresenti voi stessi.
Ma i social non sono solo azione ma anche ricezione. Anche questo se vogliamo è una rivoluzione, perché è abbastanza semplice: se prima con i media tradizionali il messaggio era unidirezionale, con i nuovi media adesso è molto più democratica la trasmissione, in cui ognuno di noi può essere l’emittente e il pubblico allo stesso tempo.
Bisogna quindi anche capire come utilizzare i social quando interagiamo con i contenuti di altre persone. Qui è necessaria la massima attenzione: la consapevolezza di sapere che siamo in un social network, in cui chiunque ha voce in capitolo e libero di dire praticamente ciò che vuole, in dovere di dire come la pensa su qualsiasi cosa accada nel mondo “reale”. Consecutivamente è fondamentale essere in grado di capire come reagire davanti queste: commentare, mettere il famoso “like”, condividendo, questionare e perché no, litigare. Queste però sono azioni quasi naturali per chiunque, meno invece è l’avere con noi una lente in grado di riconoscere quando dar peso a qualcosa, soprattutto quando tratta di temi delicati quali la sanità pubblica ad esempio. Informatevi, sempre e non solo sui social perché il sistema rappresenta solo e soltanto noi stessi (vedere prima parte dell’articolo) e di conseguenza farà vedere solo ciò che a noi interessa. Siate consapevoli di questo dato di fatto.
Come in una normale società, come la intendiamo dal vivo in cui esiste il confronto, esiste anche lo svago o il divertimento. Questo nei social si traduce con “challenge”: una sfida orientata al maggior coinvolgimento possibile di tutti i partecipanti, in cui ci si sfida e si viene invitati a fare lo stesso. Questo per tenere vivo il gruppo, per aumentare il senso di appartenenza. Anche qui, come per il fattore del confronto, c’è un lato negativo: non ci sono limitazioni a queste sfide, come non ci sono particolari limitazioni nel modo di confrontarsi tra persone. Quindi anche in questo caso, saper utilizzare i social non vuol dire solo saper parteciparvi ma anche avere la consapevolezza o il buon senso dei limiti, altrimenti il rischio di poter incappare in incidenti è decisamente alto.
Cam.Tv e Tik Tok: i social per monetizzare e velocizzare i contenuti.
Qui vedremo i nostri esempi più lampanti di quello che è stato detto finora: l’innovazione, i social che hanno plasmato noi stessi, il modo di vivere all’interno di una società online e soprattutto come utilizzarli al meglio.
TIK TOK
Sicuramente uno dei social più in voga degli ultimi anni e che ha scatenato il suo successo soprattutto nella cerchia dei giovanissimi della comunità. Il punto centrale su cui verte il messaggio di Tik Tok e che lo caratterizza rispetto ai suoi colleghi come Facebook e Instagram è “sfruttate al meglio il tempo a disposizione” che in poche parole significa velocità e creatività.
Se infatti andiamo a esplorare cosa viene prodotto all’interno della piattaforma vedremo contenuti velocissimi da consumare (durata massima dai 15 ai 60 secondi) e soprattutto creativi al massimo per saper catturare subito l’attenzione del consumatore. Quindi possiamo vedere il perché ha ottenuto così tanto successo: si è allontanato parecchio da quella che prima consideravamo a inizio articolo una rivoluzione, la condivisione di noi stessi attraverso pensieri, opinioni, esperienze arrivando a condividere invece la bravura nel saper utilizzare con una comunità online il tempo a nostra disposizione e nella maniera più veloce possibile, perché ormai l’attenzione sul nostro schermo è sempre più fragile, effimera.
Conviene anche soffermarsi su l’altra caratteristica di Tik Tok, la velocità di condivisione dei contenuti che spesso si traduce con giochi, viralità, intrattenimento, in una parola “challenge” ovvero la sfida e il piacere di sfidare gli altri. Il succo dei social, ed è per questo che Tik Tok ne entra benissimo a far parte è il gusto del confronto con il prossimo con l’obiettivo di aver ragione nel caso delle opinioni, oppure nel caso delle challenge nel gusto di vincere.
Ma come detto precedentemente, saper utilizzare il social è alla base del corretto utilizzo e di chi utilizza questo mezzo. Non è strano infatti sentire di incidenti dovute a certe sfide estreme che portano chiunque a fare mosse azzardate, per dirlo eufemisticamente, pur di vincere, fino ad arrivare al punto di morire. Ecco l’unica pecca che paradossalmente è anche la cosa più bella dei social: la democrazia nell’utilizzare questo mezzo, lo rende anche pericoloso per tutti SE non educati adeguatamente a utilizzarli o almeno limitati da filtri delicati come l’età (gli incidenti dovute alle challenge sono infatti frequenti con i bambini o adolescenti).
Tik Tok merita sicuramente il successo ottenuto, anzi non è nemmeno utile dire che sia una novità ma è l’esempio più evidente di come il successo di un’applicazione social è altrettanto una minaccia importante per la salvaguardia di categorie non protette efficacemente dall’applicazione stessa.
CAM.TV
Passiamo ad una controparte che merita la stessa identica attenzione mediatica del social precedentemente citato, magari non per tipo di successo tra i giovanissimi ma per novità dell’applicazione di un social verso la comunità. Il punto, infatti, di ogni social è quello di essere utile o almeno che offra novità rispetto alla concorrenza perché altrimenti non da ragione di esistere o di essere utilizzata. Questo vale per il tema che trattiamo adesso ma vale in realtà per ogni cosa esistente nel business.
Quindi, Cam.Tv. Il motivo per cui questo social merita la giusta attenzione da parte nostra è l’estrema novità di poter dare alla comunità online la possibilità di poter lavorare anche da casa, cosa che in questo periodo di lockdown dovuto alla pandemia del Covid-19 è ben poco scontata, anzi è una tragedia per moltissime attività, costrette a chiudere proprio perché il contatto con il cliente era tutto. La consulenza, ad esempio, ha visto la crisi perché l’incontro con il cliente in loco era il momento in cui si poteva la spiegazione del business e la trattativa.
Con Cam.Tv si è aperta una porta che forse poteva essere quasi scontata, è sempre così con le idee giuste. Viene unito il concetto di comunità online, viva, in grado di scambiare conoscenze e opinioni, assieme al concetto “nuovo” di call, meeting, chiamatelo come volete, l’importante è che sia online. Vista la distanza sociale imposta lo strumento diventa indispensabile.
Immaginatevi quindi di tradurre letteralmente la vostra attività digitalmente, i vantaggi che trarrete sono a dir poco così tanti da non sapere di elencarli davvero tutti: velocità, network, ampliamento della propria rete di vendita, creazione di nuovi interessi proficui grazie alle funzionalità di Internet. E potrei andare avanti.
Arriviamo all’altra e non meno importante novità di Cam.Tv che necessita rispondere all’essenziale domanda che ogni professionista con un’attività si starà chiedendo: come vengono retribuite le mie attività in questa piattaforma? Semplice, con la criptovaluta del sistema all’interno di Cam.Tv, chiamata LKScoin. Detta in maniera potabile, grazie a questa moneta virtuale sarete in grado di poter fornire consulenze a pagamento alla vostra rete di vendita attuale e ai vostri nuovi clienti trovati proprio grazie all’applicazione Cam.Tv. Inoltre, potrete comunicare i vostri video, pensieri, consigli per guidare il vostro cliente e per ricompensarvi o meglio sostenere la vostra attività, vi donerà in forma di “likes” i vostri LKScoin.
Quindi arriviamo alla terza novità, che come potrete notare ognuna è direttamente collegata. L’ultima novità risiede nel sapersi elevare all’interno del contesto online e renderlo il più giustificabile, o professionale, possibile. I contenuti non sono più leggeri ma diventano veri e propri strumenti di guadagno, o meglio, di valore! Saper comunicare non vuol dire più parlare e basta ma significa saper investire (tempo o denaro, ma spesso entrambi) in quello in cui si crede: video, seminari, articoli e chi più ne ha più ne metta.
Questo è l’insegnamento importante che invece di offre Cam.Tv: online tu hai il potenziale per trasformare la tua attività in qualcosa di ancora più speciale, più grande e di valore, come un’evoluzione, o meglio ancora, una rivoluzione.
La raccolta dei fondi è un sistema per crescere le proprie idee, progetti ma anche salvare realtà in difficoltà. Oggi più che mai l’importanza di sopravvivere con l’aiuto di altre persone grazie al metodo del crowdfunding è un concetto da far passare e da far conoscere a tutti. Soprattutto perché forse uno dei metodi che più rappresentano il concetto importante della comunità.
Ma andiamo con ordine, gettiamo le fondamenta per costruire un tema delicato e essenziale per chi vuole capire come funziona.
DI COSA SI TRATTA?
Una domanda a cui sembra aver già risposto ma che in realtà abbiamo solo introdotto per incuriosire o confermare qualcosa che già sapevamo.
La nascita della terminologia ad esempio. Il termine “crowdfunding” nasce dall’unione di “crowd”, folla in italiano, e “funding”, che significa finanziamento. Se vogliamo quindi italianizzarlo bruscamente vorrebbe quindi significare il “finanziamento della folla”. Non c’è un riferimento preciso di cosa, ma solo da parte di chi finanzia.
Idee, progetti, eventi, prodotti, magari che ancora devono esistere oppure che già sono realtà ma hanno bisogno di allargare i propri orizzonti con numeri più importanti e quindi soldi per poterne produrre in larga scala. Ecco che quindi siamo già arrivati ad un altro tipo di finanziamento, per un altro obiettivo: realtà esistenti ma con pochi fondi per poter continuare ad esistere.
Negli ultimi anni il crowdfunding si è diffuso, anche in Italia, ed è sempre più utilizzato per realizzare progetti che altrimenti non vedrebbero la luce, tra cui le startup. Sappiamo tutti quanto all’inizio sia difficile, per i fondatori di una startup, convincere investitori e fondi di investimento a finanziare un progetto imprenditoriale che non offre molte garanzie di un ritorno economico.
Ed è proprio qui che entra in gioco il crowdfunding: sempre più startup si affidano a questa forma alternativa di finanziamento per raccogliere i fondi necessari per partire con la propria attività.
Immaginate quindi già da queste prime righe quanto OGGI sia fondamentale avere uno strumento a disposizione come quello del crowdfunding, per sostenere e salvare sempre più aziende, organizzazioni durante il periodo nefasto che vede il protagonista con il nome di Covid 19.
Procediamo quindi con il secondo step per addentrarci completamente in questo tema, ossia come funziona.
COME FUNZIONA IL CROWDFUNDING
Ti sei mai chiesto come funzionasse il crowdfunding? Sulla carta è molto semplice.
Il funzionamento di base è questo: una persona, un’organizzazione o un’azienda ha bisogno di un supporto economico per realizzare un determinato progetto.
Solitamente Internet viene in soccorso per facilitare il contatto tra persona interessate e investitori. Ci si rivolge a diverse piattaforme dove si pubblica il progetto e viene stabilito un obiettivo di raccolta, identificato magari tramite una “startup-valuation”, una vera e propria valutazione della realtà proposta all’investitore, in questo modo viene presentata l’idea e l’obiettivo con la raccolta fondi.
COSA SUCCEDE SE L’OBIETTIVO VIENE RAGGIUNTO?
Se l’obiettivo viene raggiunto o ampiamente superato, il richiedente riceve i soldi, i finanziatori riceveranno una “ricompensa” (dipende dalla tipologia di crowdfunding, ad esempio solitamente gli investitori vengono menzionati nei prodotti creati o supportati, si possono ricevere dei prodotti e via dicendo) e la piattaforma ospitante della raccolta fondi percepirà una commissione.
Se invece malauguratamente l’obiettivo non viene raggiunto con la somma prestabilita entro il termine prefissato, di solito il denaro rimane sui conti correnti degli investitori e il progetto non viene finanziato. Altrimenti, ci sono piattaforme come Indiegogo dove il denaro viene subito prelevato dai conti correnti degli investitori e il progetto viene finanziato anche se l’obiettivo non viene raggiunto nel periodo di tempo stabilito.
CHE TIPOLOGIE DI CROWDFUNDING ESISTONO?
Esistono fondamentalmente 4 tipologie che è necessario sapere per avere quantomeno idea degli scenari in cui una raccolta fondi possa essere definita tale, MA è anche vero che ogni giorno, specialmente in periodo Covid, nascono nuove idee o necessità che non per forza rientrano nelle tipologie che andremo ad analizzare accuratamente. Partiamo!
Reward Crowdfunding
È la forma di crowdfunding probabilmente più diffusa, inizialmente molto utilizzata per finanziare progetti culturali e artistici (film, CD musicali, libri, fumetti, ecc.): in questa tipologia i finanziatori ricevono una ricompensa non monetaria.
Oggi è molto usata nel mondo delle startup, non solo per finanziare, ma anche – e soprattutto – per testare un prodotto. Difatti, se raggiungo l’obiettivo di raccolta, non solo ottengo i fondi necessari per realizzare il mio prodotto, raggiungendo il break even point, ma ottengo anche una sua validazione: in altre parole ho la prova che il mercato vuole il mio prodotto.
Equity Crowdfunding
L’equity crowdfunding è forse la forma più diffusa di crowdfunding, soprattutto nel mondo delle startup. In sostanza i finanziatori del progetto ricevono una piccola quota di partecipazione (equity), diventando dei soci di minoranza, solitamente senza diritto di voto in assemblea, ma con diritto alla distribuzione degli utili.
Se l’obiettivo della campagna viene raggiunto e, in seguito, la startup evolve in un’azienda vera e propria che produce utili, i finanziatori avranno diritto a ricevere una parte di quegli utili sotto forma di dividendi, proprio come gli azionisti delle public company.
Lending Crowdfunding
Noto anche come social lending o P2P (Peer to peer) lending, questa è una forma di crowdfunding attraverso la quale un privato presta una somma di denaro ad un altro privato, attraverso una piattaforma intermediaria, ricevendone in seguito la restituzione comprensiva di interessi.
Ancora poco diffusa in Italia, questa tipologia al momento non è molto usata dalle startup, data la modesta entità delle somme raccolte attraverso le piattaforme
Donation Crowdfunding
Arriviamo dunque all’ultima tipologia, non meno importante anzi forse la più incisiva perché non garantisce un ritorno di alcun tipo ma un risultato di un grande impatto: la sopravvivenza di una realtà in forte difficoltà.
Adottata soprattutto delle organizzazioni no profit per finanziare progetti sociali senza scopo di lucro, questa tipologia è a tutti gli effetti una donazione e, come tale, non prevede alcuna ricompensa, restituzione o partecipazione agli utili per i finanziatori.
PIATTAFORME DI CROWDFUNDING IN ITALIA: LE PRINCIPALI
Tra le quattro tipologie di crowdfunding che abbiamo appena visto, le più adatte per raccogliere fondi per una startup sono le prime due, reward ed equity.
Ma quali sono le principali piattaforme su cui poter contare per poter raccogliere fondi e realizzare i nostri progetti? In Italia come già accennato all’inizio sono diverse le realtà che rappresentano le tipologie raccontate poco prima. Eccovele riassunte:
Mamacrowd
Fondata nel 2016 dal gruppo SiamoSoci e autorizzata da Consob, Mamacrowd è la piattaforma di equity crowdfunding n°1 in Italia, con 17.5 milioni di euro raccolti e 51 campagne di successo, tra cui quella di Startup Italia, che ha raggiunto quasi 3 milioni di euro con un overfunding del 570%.
Contando su un network di partner esperti nel campo, la piattaforma opera una rigida selezione delle startup e delle PMI innovative, al fine di aumentare la probabilità di successo dei progetti proposti.
Crowdfundme
Altra piattaforma italiana di equity crowdfunding, CrowdFundMe è quotato in Borsa Italiana e dal 2013 ha raccolto 14,56 milioni di euro, con ben 49 progetti di successo all’attivo.
Come Mamacrowd, la piattaforma propone progetti imprenditoriali di startup e PMI innovative, basandone la valutazione economica sia sugli asset (materiali e immateriali) posseduta dalla società, sia sulla validità e il potenziale del modello di business.
200Crowd
Piattaforma equity based, 200Crowd appartiene a Two Hundred, una società fintech italiana gestore di portali per la raccolta di capitali.
A differenza di altre piattaforme di equity crowdfunding, 200Crowd prevede un investimento minimo fisso di 500 €, anziché consentire a chi lancia la campagna di stabilire il proprio.
Wearestarting
Nata nel 2015, WeAreStarting è una piattaforma di equity crowdfunding per startup e PMI italiane: in questi anni ha raccolto 1,315 milioni di euro, di cui 1 milione solo nel 2018.
Al momento le campagne pubblicate sulla piattaforma presentano obiettivi di raccolta tra vanno da 35.000 a 120.000 euro, quindi cifre indubbiamente inferiori rispetto ad altre piattaforme, quali Mamacrowd.
Opstart
Piattaforma di equity crowdfunding, Opstart dal 2016 ha raccolto oltre 15 milioni di euro, di cui quasi 5 solo nel 2019, finanziando ben 81 progetti.
La piattaforma consente di finanziare PMI e startup innovative ad alto potenziale, rigorosamente selezionate sulla base della loro capacità di generare redditività e remunerare così il capitale investito.
Eppela
Nata nel 2011, Eppela è una piattaforma di crowdfunding italiana che applica il modello reward based. In questi anni ha raccolto oltre 28 milioni di euro.
La piattaforma consente di impostare campagne di raccolta fondi con una durata minima di 15 giorni e una durata massima di 40. In caso di raggiungimento dell’obiettivo prefissata, Eppela trattiene una commissione del 5% sulla somma raccolta.
Kickstarter
Lanciata a New York nel 2009, Kickstarter è una piattaforma internazionale di reward crowdfunding ed è tra le più conosciute e utilizzate al mondo.
Nell’arco di 10 anni sono stati raccolti 529 milioni di dollari per finanziare ben 439.891 progetti, riguardanti per lo più film indipendenti, videogiochi, musica, spettacoli teatrali, fumetti, giornalismo e imprese legate all’alimentazione.
Indiegogo
Nata a San Francisco nel 2008, Indiegogo è un’altra piattaforma reward-based conosciuta e usata a livello internazionale. A differenza di Kickstarter, però, anche se la somma target non è raggiunta entro il periodo di tempo prefissato, il finanziamento va al progetto.
In questi anni la piattaforma ha raccolto ben 1.3 miliardi di dollari e sono state lanciate oltre 800.000 campagne per finanziare progetti creativi imprenditoriali di arte, film, tecnologia, bricolage, ecc.
ARRIVIAMO AL PUNTO: QUANTO È IMPORTANTE AL GIORNO D’OGGI TUTTO QUESTO?
Sembra una domanda abbastanza scontata, quasi retorica ma che ritengo vero fulcro dell’articolo stesso perché invece nella realtà pochi conoscono la risposta, o meglio conoscono questa soluzione. Il crowdfunding è la prova dell’importanza di saper essere (e fare) una comunità in momenti difficili, specialmente nella tipologia della donazione senza ricevere benefit di alcun genere. Al giorno d’oggi, in cui in ogni momento chiudono tantissimi negozi, aziende, parchi, la raccolta fondi diventa cruciale per la sopravvivenza e salvaguardia di posti di lavoro. Ma ancora la comunicazione in quest’ambito sembrerebbe essere povera perché in pochi sfruttano questi mezzi, pur essendo di facile accesso e utilizzo. Diventa quindi cruciale la redazione e la condivisione di articoli in cui se ne parla, in breve si fa informazione: un’arma in più per sopravvivere in un periodo in cui non sappiamo ancora bene a chi doverci affidare.
Collegandoci direttamente con l’articolo sul crowdfunding in questo articolo di Atlas, oggi parleremo anche delle realtà in Italia che reagiscono con forza e determinazione alla pandemia e non solo, utilizzando le proprie forze e strumenti efficaci per raccogliere fondi per sostenere realtà in difficoltà
Stiamo parlando del Parco Natura Viva di Bussolengo, riconosciuto e recensito da tantissimi visitatori (quasi 16 mila recensioni su Google). Noto oltre che per il vasto ventaglio di specie all’interno dello stesso, anche per i valori che trasportano questa bellissima organizzazione: passione e formazione.
Portavoce di tutto ciò è Cesare Avesani Zaborra, CEO del parco Natura Viva (Centro Tutela Specie Minacciate) e laureato in Scienze Biologiche. Durante la nostra intervista ci ha raccontato diversi aspetti della propria realtà, vera rappresentazione di come bisogna intendere oggi un parco, il trattamento degli animali, la loro reintroduzione nel loro habitat naturale e quanto oggi, ma anche in passato, è stato importante il crowdfunding.
Tutti questi aspetti chiave che andremo piano piano scoprendo in questo articolo ci sono stati raccontati attraverso episodi chiave, dimostrazione che le esperienze ci portano a imparare davvero qualcosa, non solamente con i libri.
Prima di affrontare il discorso centrale sulla raccolta fondi è bene secondo Cesare dover fare una premessa sulla cultura degli animali e del loro trattamento, specie quando si parla di mantenimento.
Ci racconta infatti come già in passato, ma ancora oggi purtroppo, viene travisato il termine “parco” con l’accezione ottocentesca, dove normalmente gli animali provenienti dai loro ambienti vengano traferiti in città per semplicemente essere trasformati in pezzi da museo in cui vengono esposti. Il parco si è da allora trasformato, evoluto se vogliamo, in un tassello di un sistema molto più complesso ma necessario per mantenere le specie più a rischio, comportando sicuramente dei grossi investimenti. Questa è la premessa a cui Cesare tiene far presente, perché comunque viviamo in un mondo in cui l’informazione bisogna prenderla con le pinze, dove è necessario far parlare gli esperti formati sui libri e sul campo.
Chiarito questo punto quindi è ancora più giusto capire la realtà di Natura Viva, il modus operandi, i valori e il lavoro che viene fatto, giustificando successivamente il tema centrale: quanto sia importante la raccolta fondi in questo settore.
Un’altra premessa che Cesare ha tenuto fare è che non è “solo” la struttura del parco ad essere a rischio durante questa pandemia ma la biodiversità stessa che contraddistingue la nostra natura.
Anche essa infatti viene colpita duramente ma con un effetto particolare e magari già risentito in altri ambienti o settori: l’effetto domino.
Quel particolare flusso di conseguenze che rendono irreversibile un intero sistema, così è in natura. Senza addentrarci in particolari più scientifici, si rischia l’estinzione stessa delle specie, sia dal punto di vista genetico che da quello di catena alimentare in quanto anche altri animali rischiano di non poter sopravvivere se non rispettano questa catena naturale.
Il mantenimento quindi è a rischio, strutture che possano aiutare gli animali a ripartire dove erano rimasti, concedere un nuovo punto di partenza. In pratica una sorta di effetto domino all’interno di un effetto domino.
Si ritorna quindi sul Parco Natura Viva che oltre a voler formare le persone, necessaria assieme alla passione (una “missione per la disponibilità”), ha bisogno di sostenere spese importanti per salvaguardare le specie ospitate all’interno.
La tipologia di crowdfunding in questione è la Donation Crowdfunding: una raccolta fondi basata sul risultato di poter salvare un aspetto, una realtà, in difficoltà. Il parco Natura Viva ha messo il suo per sostenere gli animali ma non basta per mantenere tutta la struttura, aprendo di fatto la raccolta fondi per salvare anche i posti di lavoro, manutenzione e altri aspetti che mandano avanti questa bellissima e affascinante organizzazione.
L’obiettivo è quello di poter raggiungere la quota di 100 mila euro e ne hanno raggiunti già 24 mila (il link per donare è questo https://www.gofundme.com/f/ueb2e-aiuta-gli-animali-del-parco-natura-viva). Oltre ad augurare la miglior ripresa del parco da questo brutto colpo della pandemia, noi ci teniamo a sottolineare ancora quanto sia importante il mantenimento non solo delle specie ospitate, che sono ben 200 di cui 1200 animali, ma anche della struttura che mantiene e cura questo parco, necessaria per la reintroduzione nell’habitat naturale.
Il CEO del Parco Natura Viva teneva anche a condividere un esempio lampante di quanto si possa ottenere con una comunicazione efficace per raggiungere i risultati che questi settori meritano, oggi più che mai.
Una raccolta fondi della EAZA (European Associations of Zoos and Aquaria) durata due anni in cui vengono raccolti per la conservazione delle specie più a rischio la bellezza di 63 milioni di euro.
Un esempio lampante e rappresentativo in cui l’unione e l’organizzazione fanno la forza ma anche che il crowdfunding non sia una sorpresa in tutto ciò e che ancora di più fa vedere la grande volontà della folla nel saper dare il giusto per le giuste cause. Uno strumento in più che ci aiuta a combattere il virus e uscirne insieme rafforzati.