Auto elettrica e il mito dell’auto tradizionale

Una stazione di ricarica della Tesla

Hai mai sentito dire che le auto elettriche non sono così eco-friendly come sembrano?

Bene, è ora di smontare questo mito una volta per tutte. Certamente, la produzione e l’uso delle auto elettriche comportano sfide ambientali, ma se guardiamo il quadro nel suo complesso, vediamo che la transizione energetica verso le auto elettriche offre grande vantaggi per l’ambiente.

Partiamo dai ragionamenti ovvi: diciamo addio alle emissioni nocive. Le auto tradizionali a combustione interna emettono fuoriuscite di gas di scarico dannosi per l’aria che respiriamo. Le auto elettriche, d’altro canto, non hanno tubi di scappamento e funzionano senza combustibili fossili. Ciò significa che producono zero emissioni di CO2 durante la guida, riducendo drasticamente l’inquinamento atmosferico e mitigando il cambiamento climatico. E fino a questo punto siamo d’accordo tutti (spero).

Ma non finisce qui. La chiave per apprezzare appieno l’impatto positivo delle auto elettriche è considerare l’intero ciclo di vita del veicolo, non solo il momento in cui lo guidiamo lungo le strade. Sì, la produzione delle batterie al litio può essere intensiva e richiedere risorse naturali, ma gli studi dimostrano che nel corso della vita utile di un’auto elettrica, le emissioni totali di gas serra sono significativamente inferiori rispetto alle auto a combustione interna.

Inoltre, l’avanzamento tecnologico e l’incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili come il solare e l’eolico stanno rendendo sempre più verde anche il processo di produzione delle auto elettriche. Quindi, mentre oggi potrebbero esserci delle sfide, il futuro si prospetta sempre più luminoso in termini di sostenibilità.

Vivere le strade e le città è più rilassante con la diminuzione del rumore. Le auto elettriche contribuiscono anche a ridurre l’inquinamento acustico nelle nostre città, grazie al loro funzionamento silenzioso rispetto ai motori a combustione rumorosi. Questo porta a un miglioramento della qualità della vita urbana e alla creazione di ambienti più piacevoli e salutari per tutti.

Infine, consideriamo anche il ruolo delle auto elettriche nell’accelerare la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio. Ogni auto elettrica sulle strade è un passo verso la riduzione della nostra dipendenza dai combustibili fossili e verso la creazione di un futuro più sostenibile per le generazioni future.

Quindi, amici, la prossima volta che qualcuno (magari fanatico delle macchine da corsa, molto criticate per il loro passaggio in versione ecologica) cercherà di convincervi che le auto elettriche non sono così fantastiche per l’ambiente, ricordate di guardare oltre le critiche superficiali e di considerare tutti i vantaggi che la transizione energetica ci offre. Sì, c’è ancora lavoro da fare, ma siamo sulla strada giusta verso un mondo più pulito e sostenibile. Andiamo avanti a tutta velocità verso un futuro elettrizzante! 🚗⚡️

RUBRICA – Detto tra noi… – Acqua in bocca

consumo acqua sostenibile

Ogni volta che parliamo di ambiente, di sostenibilità, di eco sistema, troviamo sempre la presenza di un denominatore comune: l’acqua. Dire che è il bene più prezioso, sarebbe scontato e superato; affermare che è indispensabile, sarebbe un paradosso; ribadire che la sua valenza è pericolosamente sottovalutata, sarebbe monotono.

Sapete perché esistono questi pensieri comportamentali? Perché sono diventati ripetitivi, ordinari e non più eccezionali. Una riprova?
Si torna a comprendere l’importanza dell’acqua ogni volta che, al mattino, aprendo il rubinetto, ci accorgiamo che non esce. Siamo immediatamente assaliti da sentimenti di smarrimento, perché quell’assenza momentanea, non risanabile con nostre azioni dirette, ma dipendente da fattori non legati alla nostra volontà, va ad infrangere le quotidiane abitudini. Certo, c’è la bottiglia di acqua minerale nel frigo che può sopperire alla carenza, ma lo potrà farlo in maniera assolutamente parziale.
Qualsiasi cosa ha maggior valore quando viene a mancare! Molti popoli hanno addirittura assegnato un valore sacro all’acqua. Penso ai quattro fiumi venerati da chi vive lungo le loro sponde. Il Tigri e l’Eufrate per esempio, la cui sorgente viene individuata nel Paradiso terrestre. Oppure il Giordano che, oltre ad essere servito per battezzare Gesù, compì il miracolo della guarigione dalla lebbra di Naaman, venerato capo dell’esercito siriano, che per ben sette volte si immerse nelle sue acque prima di guarire definitivamente. Come non pensare poi al Nilo, adorato dagli egizi per il ritrovamento di Mosè. In testa a tutti c’è però il Gange che, nascendo realmente nella catena montuosa dell’Himalaya, per gli indù scorre nel cielo. Ognuno di loro spera di morire sulla riva sinistra di questo fiume sacro, per avere così la possibilità di accedere alla vita eterna e alla reincarnazione. Stessa credenza accompagna la dispersione delle ceneri di un morto fra le sue gelide acque.

Anche per noi cristiani comunque l’acqua viene utilizzata per funzioni religiose. Basti pensare a quella santa contenuta nell’aspersorio o a quella della fonte battesimale. Tale sacramento veniva anticamente praticato per immersione del neonato e, successiva- mente, per semplice infusione, a significare la morte dell’uomo vecchio e la nascita in Cristo di quello nuovo.

L’acqua accompagna poi molti detti popolari, quelli cioè che, zippati in poche parole, rinviano a significati più ampi. Ed ecco quindi che troviamo: gettar acqua sul fuoco, un pesce fuor d’acqua, fare un buco nell’acqua, pestar acqua nel mortaio, la goccia che fa traboccare il vaso, piovere sul bagnato, lavarsene le mani, trovarsi in cattive acque, la goccia che scava la roccia, perdersi in un bicchiere d’acqua e così via. L’acqua è quindi un bene spirituale e materiale, che può rappresentare tutti e che fa parte della vita di ognuno di noi. Quello che, circa 3,5 miliardi di anni fa, ha consentito la formazione dei composti fondamentali per la vita del nostro Pianeta, che gli scienziati chiamano brodo primordiale, che poco ha del minestrone, ma che è stato protagonista dell’origine dei primi organismi. Dal momento in cui si genera, l’acqua inizia a compiere il suo ciclo continuo, chiamato idrologico: scende dalle nuvole, penetra nel terreno, sgorga dalla sorgente, evapora nel cielo. Grazie a questo percorso viene generata acqua dolce rinnovabile pari a circa 110.300 km3/anno, che si chiama rinnovabile proprio per il processo che la riguarda. Di questi però solo 12.500 km3/anno possono essere utilizzati dall’uomo. Continuando con le percentuali, l’acqua sulla terra copre il 71% della superficie, mentre costituisce il 60% di un corpo umano maschile ed il 50% di quello femminile. Senza di essa quindi non ci sarebbe vita.

Basti pensare che i nostri muscoli, con la presenza del 70% di acqua, possono mantenersi saldi; l’acqua inoltre regola la nostra temperatura corporea, non ci fa seccare le labbra, rende la nostra pelle liscia e morbida, aiuta a farci digerire, a farci respirare, a farci vedere, a farci perdere peso in eccesso, ad espellere le sostanze nocive dal nostro corpo. Ecco perché occorre berne almeno un litro al giorno, visto che l’altro litro, comunque necessario, lo ingeriamo tramite gli alimenti.

Nei tempi andati, il rapporto fra l’uomo e l’acqua, si basava solo sul ciclo naturale. Quando però gli esseri umani smisero di essere solo cacciatori ed iniziarono a coltivare terreni e allevare animali, fu gioco forza individuare il sistema per procurarsela e conservar- la. Iniziarono allora ad utilizzare quella dei fiumi e dei laghi, per passare poi a scavare pozzi e trovare il modo per incanalarla. Secondo gli archeologi, le più antiche canalizzazioni risalgono a circa 4000 anni prima di Cristo e sono state scoperte in Iraq. Intorno al 2500 a.C. tutte le grandi città della Mesopotamia e dell’Egitto avevano scavato pozzi per prelevare acqua potabile e acqua per irrigare i campi. Raccoglievano anche l’acqua piovana in apposite cisterne, prime fra tutte quelle di Re Salomone, costruite verso il 1000 a.C. Si passò quindi agli acquedotti, quali sistemi per il trasporto dell’acqua nei villaggi e nelle città, la qua- le, partendo dal punto sorgivo più alto, arrivava a destinazione per caduta. Furono costruiti inizialmente nell’antica Grecia ma, per renderli veramente efficaci, dovettero arrivare i Romani, con i loro ponti mastodontici dal doppio uso: quello di portare acqua e quello di collegare due sponde di torrente. Il primo acquedotto che i romani edificarono fu nel 312 a.C. ed era lungo quasi 17 km mentre, attorno al 400 d.C., arrivò quello di Costantinopoli, l’odierna Istanbul, lungo 500 km. Praticamente la stessa distanza tra Milano e Roma.

I sistemi di trasporto odierni sono sicuramente più efficaci, anche se gli acquedotti sono ormai obsoleti e, generando una progressiva dispersione, aggravano di fatto la carenza di acqua.
Perdite che incidono quasi del 37% del totale del consumo: una esagerazione!!! Consumo che, per quanto riguarda noi italiani, si aggira intorno a 9,2 miliardi di metri cubi ogni anno. Siamo i primi in Europa per prelievo di acqua potabile. Scendiamo invece al secondo posto, subito dopo la Grecia, per quanto riguarda il consumo pro-capite: 153 metri cubi all’anno. Oltre alla precarietà delle infrastrutture, dobbiamo purtroppo fare i conti anche con la precarietà delle nostre abitudini di consumo. Quanta acqua consumiamo però di media ogni giorno?

consumo acqua sostenibile

Ogni volta che tiriamo lo sciacquone del bagno, partono almeno 10 litri; per la doccia ne servono dai 30 ai 50; per un bagno in vasca circa 150; per la lavastoviglie 20 litri; per le pulizia della casa almeno 10 litri. Se poi abbiamo la piscina, attingiamo almeno a 400 litri, cloro compreso. Pensate poi a quanta ne consumiamo inutilmente ogni volta che per lavarci i denti o il viso non chiudiamo il rubinetto. Quanta ne beviamo di media? 175 litri a testa all’anno e allo stesso tempo ci riempiamo la pancia con acqua minerale per 192 litri pro capite, un record mondiale, dopo l’Arabia Saudita e il Messico.

Detto fra noi, con la penuria che, andando avanti di questo passo, si avvertirà nel prossimo futuro, essa aumenterà sempre di più il suo valore.
Ma questo è bene che non si sappia. Quindi, mi raccomando: acqua in bocca!!

consumo acqua sostenibile

RUBRICA – Climatizzazione: i consigli dell’esperto – Energia, presente e futuro

energia carbon neutrality

Lobiettivo ormai lo conosciamo: limitare il riscaldamento terrestre a 1,5° centigradi rispetto all’epoca precedente alla Rivoluzione industriale e conquistare la carbon neutrality entro il 2050. Per arginare i danni del cambiamento climatico, insomma, dobbiamo riuscire nel giro di 30 anni a emettere non più anidri- de carbonica di quanta l’atmosfera sia in grado di assorbirne. La realizzazione di questo obiettivo passa soprattutto da una parola: rinnovabili. Energie rinnovabili.
La strada da percorrere la conosciamo. Il problema semmai è che il cammino si presenta ancora molto lungo. Secondo il Center for Climate and Energy Solutions, oggi il 79,7% dell’energia consumata è ancora di origine fossile, ovvero quella estratta dalle profondità della Terra – sotto forma di carbone, gas e petrolio – che rilascia una quantità insostenibile di gas serra. Il restante 20,2% è invece affidato alle rinnovabili. Attenzione, però: il 2,2% deriva dalle centrali nucleari e il 7,5% dalla biomassa tradizionale. A livello globale, solo il 10,6% dell’energia consumata nel mondo deriva da quelle che normalmente abbiamo in mente quando parliamo di rinnovabili: eolico, idrico e solare. Troppo poco? Dipende da che lato la si guarda e anche da che parte del mondo si prende in considerazione. Nel 2018, l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili in Europa ha raggiunto il 32% del totale, con l’obiettivo di arrivare al 50% entro il 2030. Tra i vari paesi, ci sono però enormi differenze: nazioni virtuose come Austria e Svezia veleggiano già oggi attorno al 70%, mentre le maglie nere di Ungheria e Malta sono ferme all’8%.

Situazione mediana in Italia, dove arriviamo al 35% circa.
A differenza di quanto si possa pensare, la maggior parte di questa energia non proviene però dal sole, che anzi – fatto 100 il totale delle rinnovabili utilizzate – vale solo il 12%, contro il 36% di eolico, il 33% di idrico e il restante 19% da geotermico, biomassa e altro. Le grandi differenze tra le varie nazioni europee – e ancor più tra le diverse zone del mondo – indica però una cosa: crescere è possibile. Osservando le tendenze storiche, si nota infatti quanto sia stata incredibilmente rapida l’ascesa delle rinnovabili e il contestuale crollo del loro prezzo.
L’energia eolica ha raggiunto i 100 terawattora solo nel 2005, ma nel 2019 ha tagliato il traguardo dei 1.400 TWh, mentre il prezzo per la produzione è sceso dai 57 centesimi di dollari al kilowatt degli anni ’80 fino ai quattro centesimi di oggi. Lo stesso vale per il Sole. Ancora nel 2000, la produzione globale di energia solare era pari soltanto a 4 gigawatt. La crescita da allora è stata più che esponenziale: si sono raggiunti i 100 gigawatt nel 2012 e la cifra era già quintuplicata nel 2018. Nell’anno appena concluso si stima che si siano raggiunti gli 800 gigawatt. Contemporaneamente, il costo per la produzione di energia solare è crollato: negli anni ’70 si era attorno a 77 dollari per kilowatt, oggi questa cifra è arrivata ai 30 centesimi e la riduzione non accenna a fermarsi.
È possibile crescere ancora con questi ritmi? Probabilmente sì, soprattutto considerando come i pannelli solari stiano diventando sempre più efficienti e che startup come Heliogen, finanziata anche da Bill Gates, stiano lavorando a impianti di concentrazione dell’energia solare in grado di catturare l’energia termica fino a 1.500°C, trasformandola poi in elettricità talmente abbondante da alimentare anche l’industria pesante.
Il costo di produzione dell’energia solare continua a diminuire, mentre la sua resa continua ad aumentare. Tutto bene, quindi? Non proprio, visto che a oggi pare improbabile alimentare le grandi metropoli del mondo tramite le rinnovabili. Per esempio, città come Parigi o Londra consumano circa 100 watt per metro quadro, mentre i migliori pannelli in circolazione, a oggi, rendono tra i 5 e i 10 watt per metro quadro. Anche ricoprendo tutti i tetti di pannelli solari, non si riuscirebbe a soddisfare la richiesta energetica estremamente concentrata delle metropoli.

Ma la soluzione ai limiti odierni delle rinnovabili non viene solo dal solare. Secondo alcune analisi, a fare la differenza è la somma di solare ed eolico, in grado di garantire in Europa fino al 70/80% del fabbisogno energetico se usati in maniera efficiente, complementare e attivando rapidi meccanismi di scambio tra i paesi che più facilmente producono eolico (nord Europa) e quelli più adatti alla produzione di solare (sud Europa). E quando si verifica quella che gli esperti chiamano “calma buia”, ovvero momenti in cui il Sole è oscurato dalle nuvole e il vento non soffia? È qui che potrebbero entrare in gioco le centrali nucleari: poco amate e anzi sempre più temute (soprattutto dopo che il disastro di Fukushima del 2011 ha riacceso le paure), non saranno abbandonate tanto in fretta quanto una buona parte della popolazione spera. D’altra parte, i numeri relativi alla costruzione di nuovi reattori mostrano come si stia ancora puntando su questa forma di energia: sono 53 quelli attualmente in costruzione su un totale di 449 al momento attivi.

E se comunque tutto questo non bastasse? Se anche affidandoci il più possibile alle rinnovabili non saremmo lo stesso in grado di azzerare la produzione di gas serra in eccesso? È qui che entrano in gioco le altre leve su cui agire per evitare la catastrofe climatica: dalla riduzione dei consumi ai drastici (e fondamentali) cambiamenti alla nostra dieta (gli allevamenti mondiali sono responsabili del 14,5% delle emissioni), fino ai meccanismi per catturare le emissioni tramite le tecnologie – purtroppo ancora molto costose – di cattura e stoccaggio del carbonio.

Un’altra soluzione che potrebbe aiutarci a dare un futuro migliore alla Terra passa dalla piantumazione di alberi: organismi che assorbono naturalmente la CO2 e la trasformano in biomassa vegetale. Secondo le stime, per tornare alla concentrazione di carbonio dell’era pre-industriale, sarebbe necessario piantare qualcosa come mille miliardi di nuovi alberi. È fattibile? Sul tema, le opinioni sono divergenti e gli esperti si dividono tra favorevoli e contrari.

Inutile però concentrarsi sulle singole misure: tra rinnovabili, cambiamenti drastici alle nostre abitudini e nuovi strumenti per ridurre l’anidride carbonica presente in atmosfera, è solo attraverso la combinazione più efficace e realistica che potremo salvare il pianeta.

energia carbon neutrality

ATLAS PLANET – Viaggio sostenibile in Thailandia

viaggio in Thailandia

La Thailandia, situata nel cuore del sudest asiatico e conosciuta come “La Terra del Sorriso”, è ricca di cultura antica, tradizione, paesaggi mozzafiato e una cucina rinomata in tutto il mondo.

INFORMAZIONI GENERALI
Originariamente conosciuta con il termine “Siam”, dal 1939 prende il nome che tutti conosciamo: “Thailandia”, traduzione di “Prathet Thai”, ossia terra dei “thai”, vocabolo che in thailandese significa libero, indipendente.

Nel 2021 il Paese contava circa 71,6 milioni di abitanti, “divisi” in quattro grandi macro-gruppi: i thai centrali, i nord-orientali (detti anche “Isan”), i centrali e i meridionali.

La Thailandia vanta una storia ricca e antica che ha plasmato la sua cultura, rendendola unica e inconfondibile. I maestosi templi buddisti, come il Wat Pho e il Wat Arun, a Bangkok, sono testimonianza della profonda spiritualità del popolo thailandese. Il Buddismo Theravada è la religione predominante del Paese e influenza molti aspetti della vita quotidiana delle persone.

viaggio in thailandia

La lingua nazionale è il thailandese, caratterizzata da un proprio alfabeto, ma sono presenti anche numerosi dialetti diffusi in tutto il Paese, mentre invece il bath è la moneta ufficiale.

La Thailandia è situata nella parte centrale della penisola indocinese e presenta una complessa struttura geologica, plasmata originariamente dalla collisione di placche tettoniche, principalmente quella dell’India e quella della Sonda; la maggior parte delle catene montuose presenti nel Paese, come quella dell’Himalaya, sono il risultato di questi movimenti.

Doi Inthanon, situata nella provincia di Chiang Mai, con i suoi 2.565 metri, è la montagna più alta della Thailandia.

Il Paese è caratterizzato anche da una varietà di fiumi e laghi che contribuiscono a dare forma al paesaggio e che svolgono un ruolo fondamentale nell’economia del Paese. Due tra i principali fiumi thailandesi sono il fiume Chao Phraya, principale corso d’acqua della Thailandia, che attraversa la pianura centrale e sfocia nel Golfo di Thailandia, e il Mekong, uno dei fiumi più lunghi del mondo. Lungo il suo percorso, il Chao Phraya attraversa la capitale Bangkok, dando un significativo contributo alla vita quotidiana delle persone e all’agricoltura, spesso infatti definito “il fiume della vita” per il suo ruolo cruciale nella storia e nell’economia del paese.

Il Mekong scorre invece lungo il confine orientale del Paese, contribuendo all’irrigazione e alla pesca. La regione che si sviluppa lungo i suoi argini è rinomata per la sua ricca biodiversità e offre uno spettacolo naturale unico, con cascate e gole che attraggono visitatori da tutto il mondo (fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Thailandia).

VIAGGIO IN THAILANDIA

I cittadini italiani che desiderino recarsi in Thailandia dovranno avere con sé un passaporto con almeno sei mesi di validità, mentre invece non è necessario alcun visto di ingresso per soggiorni inferiori ai 30 giorni. Pur non vigendo alcun obbligo in tal senso, è fortemente raccomandato stipulare una polizza assicurativa sanitaria per il periodo di permanenza nel Paese (fonte: https://www.viaggiaresicuri.it/find-country/country/THA).

Suvarnabhumi di Bangkok è il principale aeroporto thailandese. La durata media di un volo da Milano a Bangkok è di circa 12:07 ore e può prevedere uno o più scali.

La Thailandia offre una varietà di paesaggi spettacolari, dalle spiagge di sabbia bianca delle isole tropicali alle maestose montagne del nord. L’isola di Phuket è famosa per le sue spiagge paradisiache e per la possibilità di cimentarsi con entusiasmanti attività acquatiche. Krabi, con le sue scogliere calcaree a picco sul mare, è uno spettacolo da non perdere per gli amanti della natura.

Immancabile anche una visita alla città di Chiang Mai, nel nord del Paese, circondata da imponenti montagne e verdi foreste. Qui, è possibile esplorare antichi templi, mercati artigianali e godersi la cucina del nord con i suoi sapori caratteristici.

Approfondiremo ora il meraviglioso monastero reale di Wat Mahathat, tappa imperdibile nel proprio viaggio alla scoperta della Thailandia.

IL TEMPIO DI WAT MAHATHAT

Il Wat Mahathat è un tempio buddhista che si trova nella città di Ayutthaya, nella Thailandia centrale, ed è uno tra i più antichi del Paese.

La leggenda vuole che il re Boromaraja I (1370-1388) ebbe una rivelazione divina per cui una reliquia del Buddha si materializzò di fronte a lui. Decise quindi di costruire il tempio per custodirla, diventato a oggi uno dei principali centri di riferimento del buddhismo. Il suo nome letteralmente significa infatti “tempio buddhista della reliquia di Buddha” (fonte: https://turismothailandese.it/destinazioni/wat-mahathat/).

Sulla destra del tempio è presente un grande e imponente fico sacro, tra le cui radici è incastonata una testa del Buddha realizzata in arenaria.

viaggio in Thailandia
Fonte: https://www.vacanzethai.it/ayutthaya/ayutthaya-historical-park/wat-mahathat/

Oggi il Wat Mahathat è visitato ogni anno da migliaia di visitatori, dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità.

ASSOCIAZIONE A TUTELA DELL’AMBIENTE

Save Elephant Foundation è una lungimirante associazione no-profit thailandese che si occupa di assistere e fornire cure a elefanti in cattività. I programmi messi in atto a tal fine comprendono:

– iniziative di riabilitazione degli animali, aiutando gli elefanti a guarire dalle ferite sia fisiche che psicologiche causate loro dallo sfruttamento operato dall’uomo e fornire a questi animali una zona protetta e sicura dove vivere in natura insieme ai loro simili;

– iniziative di ecoturismo educativo, per promuovere la protezione degli elefanti selvatici e il ripristino del loro habitat naturale;

– iniziative di sensibilizzazione della comunità locale, soprattutto indirizzate ai proprietari di elefanti per contribuire a migliorare le condizioni degli elefanti tenuti in cattività;

– iniziative di conservazione ambientale.

L’associazione si trova a Chiang Mai, nel nord della Thailandia.

Un modo semplice e a portata di tutti per sostenere l’operato dell’associazione, è quello di adottare a distanza un elefante presente all’interno del santuario, per un periodo di sei mesi o di un anno. La donazione contribuirà a fornire cibo, cure mediche e riparo a questi meravigliosi animali, supportando il lavoro dei volontari, i quali provvederanno ad aggiornare i donatori con foto e aggiornamenti dell’esemplare adottato.

Una bellissima iniziativa che offre una seconda chance a questi elefanti, permettendo loro di trascorrere il resto della vita in armonia, insieme ai propri simili e riscoprendo la natura come propria casa.

Visita il sito dell’associazione per saperne di più!
https://www.saveelephant.org/

viaggio in Thailandia

Aziende Carbon Neutral: un viaggio verso l’Impresa del futuro

aziende carbon neutral

Viviamo in un’epoca in cui il termine “carbon neutral” è sulla bocca di tutti, ma cosa significa davvero? L’essere carbon neutral rappresenta un ambizioso impegno da parte delle aziende per bilanciare le emissioni di carbonio generate dalle loro attività attraverso una combinazione di riduzione delle emissioni e compensazioni ambientali. È un viaggio verso l’impresa del futuro, dove il successo economico è strettamente intrecciato con la responsabilità ambientale.

UN APPROCCIO GLOBALE
Il concetto di carbon neutrality ha guadagnato una crescente popolarità su scala globale grazie alle grandi aziende come Microsoft, Google e Amazon, ormai all’avanguardia di questa rivoluzione verde. Ad esempio, Microsoft si è posta l’obiettivo di diventare carbon neutral entro il 2030, con l’ambizione di azzerare tutte le emissioni di carbonio, dirette e indirette, entro il 2050.

Queste aziende stanno investendo miliardi di dollari in progetti di energia rinnovabile, tecnologie sostenibili e soluzioni innovative per compensare il loro impatto ambientale. Questo non è solo un modo per dimostrare la responsabilità sociale, ma anche un approccio strategico per garantire la sostenibilità a lungo termine delle loro operazioni.

I CASI ITALIANI
Anche in Italia fortunatamente non siamo da meno. Le aziende stanno adottando un approccio attivo verso la carbon neutrality, come Eataly, famosa per la sua promozione della cultura gastronomica italiana, che si è impegnata a diventare carbon neutral attraverso l’utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili e progetti di riforestazione. Questa mossa non solo ha un impatto positivo sull’ambiente, ma è anche un potente strumento di marketing, attirando i consumatori che cercano marchi in linea con i valori della sostenibilità.

Nel settore della moda italiana, brand di fama mondiale come Gucci e Prada stanno adottando misure concrete per ridurre l’impatto ambientale delle loro produzioni. Materiali sostenibili, progetti di compensazione delle emissioni e la promozione di pratiche etiche sono diventati parte integrante delle loro strategie aziendali.

Un esempio notevole è l’impegno di Macron, azienda di abbigliamento sportivo, che ha fissato l’obiettivo di diventare carbon neutral entro il 2023. Il loro piano ambizioso include l’uso di energia da fonti rinnovabili, l’efficienza energetica e progetti di compensazione delle emissioni, dimostrando che anche settori considerati tradizionalmente meno sostenibili possono contribuire positivamente alla causa ambientale.

L’IMPORTANZA DI ESSERE CARBON NEUTRAL
Essere carbon neutral non è solo una scelta etica, ma anche una necessità per rimanere competitivi. I consumatori moderni sono sempre più consapevoli dell’impatto ambientale delle aziende e mostrano una preferenza marcata per brand che dimostrano un impegno reale verso la sostenibilità. Le aziende che ignorano questa tendenza rischiano di perdere non solo clienti, ma anche di trovarsi in difficoltà con la crescente legislazione ambientale.

La pressione per ridurre le emissioni di carbonio è una realtà in molti paesi, con normative che si fanno sempre più stringenti.

Essere quindi carbon neutral non è più solo un vantaggio competitivo ma è diventato un requisito per operare nel mercato globale.

NUOVI STANDARD
In conclusione, il movimento delle aziende carbon neutral non è solo un trend passeggero, ma piuttosto una trasformazione radicale del modo in cui concepiamo il successo aziendale. Queste aziende stanno ridefinendo gli standard dell’industria, dimostrando che è possibile prosperare economicamente mentre si agisce in modo responsabile nei confronti dell’ambiente.

Il futuro è green, e diventare carbon neutral è il nuovo standard per un’impresa di successo. Le aziende che abbracciano questa visione non solo contribuiscono alla lotta contro il cambiamento climatico, ma stanno anche plasmando un nuovo paradigma commerciale, sostenibile e redditizio.

aziende carbon neutral

RUBRICA – Atlas Planet

Viaggio sostenibile in Islanda

viaggio in Islanda

Questo mese partiremo alla scoperta di un Paese dai paesaggi mozzafiato, tra vulcani, ghiacciai, geyser, aurore boreali e molto altro ancora…l’Islanda!

INFORMAZIONI GENERALI

La parola “Islanda” deriva da ísland, termine norreno che significa “terra del ghiaccio”.

L’Islanda è una nazione insulare che fa parte della Regione Scandinava.

Con i suoi 366.700 abitanti (dato aggiornato al 2020), è uno dei Paesi meno popolato d’Europa, la maggior parte dei quali sono concentrati nella città di Reykjavik, capitale del Paese.

La lingua ufficiale dell’Islanda è l’islandese. La moneta utilizzata nel Paese è la Corona islandese (isk); attualmente una Corona islandese corrisponde a 0,0066 EUR.

Da un punto di vista geologico, l’Islanda è un’isola piuttosto giovane: con 20 milioni di anni (contro i circa 14 miliardi della crosta terrestre), è una delle terre di più recente formazione di tutto il pianeta.

Gran parte del territorio islandese è predominato da vasti altopiani e imponenti montagne, e circa trenta vulcani attivi; uno di questi, il Hvannadalshnúkur (2110 m), è anche il monte più alto del Paese, situato nel sud dell’isola.

A livello idrografico, l’Islanda è ricoperta per il 10% da ghiacciai, e ospita il Vatnajökull, il ghiacciaio più grande d’Europa e il quarto del mondo, situato nel sud-est del Paese. È anche caratterizzata da numerosi laghi, spesso di origine vulcanica e quindi posizio- nati all’interno di antichi crateri (fonte: https://it.wikipedia.org/ wiki/Islanda).

VIAGGIO IN ISLANDA

Un italiano che voglia recarsi in Islanda è necessario che abbia con sé un passaporto in corso di validità o una carta d’identità valida per l’espatrio.

Il principale aeroporto del Paese è quello di Keflavík (KEF), l’unico servito da traffico aereo internazionale. Per raggiungerlo, un volo diretto con partenza da Milano impiega poco più di quattro ore e mezzo, che diventano sette e più in caso di eventuali scali.

Per avere qualche chance di avvistare l’aurora boreale, l’inverno è il periodo migliore per recarsi in Islanda, precisamente tra ottobre e marzo (https://www.weroad.it/viaggi/viaggio-in-islanda-aurora-boreale).

Le meraviglie naturali che l’Islanda offre sono infinite! Per questo, quando si organizza un viaggio nel Paese, la scelta delle tappe da includere nel proprio tour dipende dai giorni di viaggio.
Alcune delle mete da non perdere sono sicuramente la Cascata di Dettifoss, la più imponente d’Europa, (originata da un violento terremoto che ha deviato il corso del fiume), ma anche la valle di Haukadalur, in cui poter ammirare una serie di crateri di geyser. Per non parlare dell’aurora boreale, per ammirare la quale, se le condizioni sono favorevoli e il cielo è buio, è possibile alzare gli occhi al cielo in qualsiasi posizione dell’isola e sperare di riuscire ad avvistarla. Tuttavia, ci sono alcune zone particolarmente adatte a tale scopo: i fiordi occidentali e l’Islanda settentrionale hanno ore di oscurità più lunghe e, di solito, una copertura nuvolosa inferiore rispetto ad altre aree del Paese, motivo per cui sono luoghi ideali per osservare l’aurora boreale (fonte: https://guidetoi- celand.is/it/aurore-boreali/aurora-boreale-in-islanda).

viaggio in Islanda

In questo articolo, ci soffermeremo su un’altra attrazione di questo meraviglioso Paese: la montagna di Kirkjufell.

KIRKJUFELL

La montagna di Kirkjufell si trova nella penisola di Snæfellsnes, nel nord-ovest dell’isola, e ha un’altezza di 463 metri.
La sua particolare forma le ha conferito il soprannome di “montagna della chiesa”, causata dall’azione dei ghiacciai che negli anni ne erosero le pareti; questa caratteristica, oltre alla sua peculiare posizione vicino al mare, la rende una dei luoghi più fotografati dell’Islanda.

Nonostante ci siano diversi percorsi che permettano di scalare la montagna, la maggior parte dei turisti preferisce ammirarne il paesaggio dal basso. Ai piedi del monte, si trova la cascata Kirkju- fellfoss, che contribuisce ad amplificare la bellezza del paesaggio (fonte: https://www.scopriislanda.com/kirkjufell).

Questa montagna ha acquisito recentemente particolare popo- larità dopo essere stata selezionata come location per la sesta e la settima stagione della celebre serie TV Game of Thrones (gli appassionati della serie ricorderanno, per esempio, la scena in cui Jon Snow e i suoi seguaci hanno lottato contro gli “estranei”).

ASSOCIAZIONE A TUTELA DELL’AMBIENTE

Un’associazione locale esemplare in termini di tutela dell’ambiente è SEEDS Iceland, organizzazione di volontariato e non governativa che lavora su progetti ambientali, sociali e culturali coinvolgendo le comunità locali e i cittadini.

Oltre a permettere ai volontari di entrare in contatto con la cultura islandese e vivere il Paese secondo una prospettiva diversa dal solito, i principali obiettivi di SEEDS sono:


– promuovere la diversità culturale, oltre allo scambio e alla cooperazione interculturale;

– incentivare lo sviluppo di valori e competenze per la cooperazione globale dei cittadini e per la protezione del pianeta Terra.

Per esempio, il progetto “Environmental Aware & Trash Hunting”, fa parte di una serie di campi di volontariato organizzati dall’associazione, in collaborazione con diversi partner, che permette ai volontari di entrare in contatto con tematiche ambientali locali, partecipando a workshop, visite, nonché contribuendo in prima persona alla salvaguardia dell’ambiente partecipando ad attività di pulizia all’aperto.

Visita il sito di SEEDS per saperne di più sui progetti portati avanti dall’associazione!
https://www.seeds.is/

viaggio in Islanda

RUBRICA – Climatizzazione: i consigli dell’esperto

POMPA DI CALORE ELETTRICA

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Uno Studio condotto per conto delle Associazioni dei consumatori di 4 Paesi europei (per l’Italia, Altroconsumo) ha rilevato che il sistema di riscaldamento più efficiente ed economico, sia nel caso di abitazioni singole che di appartamenti in condominio, è la pompa di calore elettrica.

La crisi climatica con tutte le sue conseguenze economiche e non solo, ci obbliga a ripensare anche a come riscaldiamo le nostre abitazioni per passare a soluzioni più efficienti.

Mai come ora, del resto, pensare al benessere del pianeta significa pensare anche al nostro portafoglio: il brusco aumento dei costi di gas e luce ha fatto schizzare verso l’alto le bollette come non succedeva da tempo. Il gas per le caldaie, utilizzato da milioni di consumatori in tutta Europa, non solo inquina, come tutti i combustibili fossili, ma ci espone alle forti fluttuazioni di prezzo, che si scaricano sulle bollette.

Fra i sistemi attuali, è possibile identificare quelli più efficienti, ma il futuro cosa ci riserverà? Quale sarà l’alternativa più convenienteper riscaldare in modo sostenibile le nostre case? Quali soluzioni dovrebbero essere sostenute dall’UE e dalle autorità nazionali e quali misure legislative saranno più utili?

Per rispondere a queste domande Element Energy ha condotto uno Studio per conto delle Associazioni dei consumatori di Italia (Altroconsumo), Repubblica Ceca (dTest), Polonia (Federacja Konsumentow), Spagna (OCU), insieme all’organizzazione BEUC (Bureau Européen des Unions de Consommateurs), per stimare il costo del riscaldamento (comprensivo dei costi di generazione dell’energia, di esercizio e di potenziamento delle reti energetiche, isolamento degli edifici e acquisto/installazione degli elettrodomestici) nel periodo 2025-2040 (periodo scelto in base all’entrata in vigore della normativa sul riscaldamento residenziale attualmente in fase di varo e della vita media di un apparecchio di riscaldamento), per le due soluzioni più tipiche nei Paesi considerati: una casa unifamiliare e un appartamento in un condominio.

Sono statianalizzati tre sistemi.
– Pompe di calore elettriche che utilizzano l’energia elettrica per estrarre calore dall’aria, dall’acqua o dal terreno. Può riscaldare o raffrescare. Nello studio sono stati presi in considerazione sistemi aria-acqua, in grado di riscaldare una casa tramite radiatori o a pavimento.
– Caldaie a idrogeno simili a quelle a gas, ma usano come combustibile l’idrogeno.
– Pompe di calore ibride elettriche-idrogeno che uniscono i due sistemi.

Una prima importante informazione da tener presente è che per rendere le abitazioni energeticamente più efficienti si deve lavorare sull’isolamento. Tali interventi sono prioritari rispetto all’installazione di sistemi energetici ingombranti e costosi. Secondo quanto emerge dallo studio, un valido isolamento delle abitazioni – contro il freddo d’inverno e il caldo d’estate – può diminuire i costi della rete elettrica del 4%.

I risultati dello Studio indicano che in tutti i 4 Paesi:
– le pompe di calore elettriche sono l’opzione di riscaldamento ecologico più economica per i consumatori;
– le caldaie a idrogeno sarebbero tra il 90 e il 140% più costose di quelle elettriche a pompa di calore;
– mentre le ibride costerebbero il 35% in più.

Inoltre, il teleriscaldamento (non necessita di sistemi di riscaldamento individuali) alimentato da pompe di calore, sebbene sia ancora nelle prime fasi di sviluppo, sarebbe valida opzione per le aree urbane ad alta densità.

C’è anche da notare che mentre i sistemi a pompa di calore sono e in grado di fornire raffrescamento durante l’estate, questo non è vero per le caldaie a idrogeno: il cittadino dovrà quindi acquistare un altro apparecchio (climatizzatore) per l’estate, aumentando così le sue spese.

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Adotta una tartaruga: l’iniziativa di Plastic Free Odv Onlus

adotta una tartaruga

Adotta una tartaruga” è il nome dell’iniziativa dell’associazione Plastic Free Onlus per la tutela di questi animali che hanno una storia evolutiva lunga e che hanno superato indenni l’estinzione di tantissimi ordini di rettili, tra cui i giganteschi dinosauri, conservando per di più caratteristiche anatomiche e biologiche primordiali. Dal 10 giugno 2020, infatti, quelli di Plastic Free Onlus sono impegnati nel salvare tartarughe marine, con l’obiettivo di contribuire a sostenere, recuperare, curare e riabilitare le tartarughe marine ferite dall’incuria dell’uomo.

Nata nel 2019, Plastic Free Onlus è un’associazione di volontariato che si pone l’obiettivo di informare e sensibilizzare più persone possibili sulla pericolosità dell’inquinamento da plastica. La loro mission? Liberare il pianeta dalle tonnellate di plastica che devastano i nostri mari, i nostri fiumi, i nostri ecosistemi e la nostra salute, e per questo si impegnano attivamente, sul campo, attraverso diversi progetti, quali: appuntamenti di clean up, salvataggio delle tartarughe marine, sensibilizzazione nelle scuole e Comuni Plastic Free.

Nata come realtà digitale, rappresenta oggi una tra le più importanti e concrete associazioni su questa tematica, un punto di riferimento in tutto il nostro territorio nazionale. Questi, i numeri della Onlus ad oggi: 3.455.886 Kg di plastica e rifiuti rimossi dall’ambiente; 5.120 appuntamenti di Clean Up realizzati; 181 tartarughe marine salvate e 3.008 accompagnate alla nascita; 178.094 studenti sensibilizzati; 2.166 appuntamenti nelle scuole.

E con l’obiettivo di raggiungere tutto il mondo, arrivare in ogni singola città e al cuore di tutte le persone per trasmettere l’amore verso il Pianeta e il dovere civico di preservarlo per garantire un posto migliore ai nostri figli e alle future generazioni, con l’iniziativa “Adotta una tartaruga” i volontari di Plastic Free Onlus aiutano a salvare la vita di molte tartarughe. Ogni anno, infatti, oltre 40.000 esemplari muoiono per l’incuria dell’uomo. Adottandole, i volontari di Plastic Free Onlus  contribuiscono a recuperare quelle in difficoltà, curarle, riabilitarle e liberarle nuovamente in mare. L’importo da donare lo scegli tu! Così come la tipologia di adozione: singola, mensile, annuale. E grazie al tuo supporto sarà più facile coprire le spese per il mantenimento della struttura, per l’acquisto del materiale necessario per le vasche, per l’acquisto di medicine necessarie alle cure, l’acquisto del cibo, per il pagamento di interventi veterinari e per tutto il necessario per le attività di monitoraggio dei nidi.

Con un semplice gesto, puoi contribuire anche te a salvare i nostri amici animali!

Stile di vita a impatto zero: come ridurre la propria impronta ecologica nella vita quotidiana

stile di vita a impatto zero

“SOSTENIBILITÀ”: un termine sempre più frequente nel nostro vocabolario quotidiano. Una parola chiave della nostra epoca, in cui la consapevolezza ecologica è in costante crescita.

Abbracciare uno stile di vita a impatto zero è diventato il nostro biglietto per un futuro migliore. Ridurre al minimo il consumo, gli sprechi e l’inquinamento è diventato un imperativo. In questo articolo, scopriremo alcune strategie concrete per incorporare uno stile di vita a impatto zero nella nostra routine.

IL PRIMO PASSO: LA CONSAPEVOLEZZA

Il viaggio verso uno stile di vita a impatto zero inizia con la consapevolezza. Un momento in cui fermarci a riflettere sulle nostre abitudini di consumo e valutare il nostro impatto sull’ambiente: quello che acquistiamo è veramente necessario? Quanto consumiamo? Quanti alimenti lasciamo scadere nel frigorifero, per poi buttarli via?

Domande di questo tipo ci aiutano a capire quali aspetti della nostra quotidianità possiamo ottimizzare.

RIDURRE GLI SPRECHI: PICCOLI CAMBIAMENTI, GRANDI IMPATTI

Una volta individuate le aree sulle quali dobbiamo migliorare, possiamo capire quali sono i piccoli cambiamenti quotidiani che possiamo adottare, senza faticare troppo, ma che allo stesso portare a importanti conseguenze positive nel lungo termine.

Tra questi, possiamo sicuramente individuarne qualcuno su cui tutti possiamo migliorare.

  • Eliminare la plastica monouso

La plastica monouso è uno dei principali inquinanti ambientali. Sostituire bottiglie di plastica con bottiglie riutilizzabili, sacchetti di plastica con sacchetti riutilizzabili e posate di plastica con posate in acciaio inox o legno è un passo significativo verso la riduzione dei rifiuti.

  • Compostare gli scarti alimentari

Il compostaggio degli scarti alimentari riduce i rifiuti e crea compost che può essere utilizzato per fertilizzare il terreno. Anche se non hai un giardino, molte comunità offrono servizi di compostaggio.

Un’altra soluzione ecologica e che consente di eliminare quasi totalmente il sacchetto dell’umido è l’installazione di un tritarifiuti. I tritarifiuti sono un importante strumento per la sostenibilità, perché riducono i rifiuti alimentari e le emissioni di carburante dei camion della spazzatura. Studi hanno dimostrato che il loro uso può eliminare il fino al 30% delle discariche di una città.

  • Riutilizzare e riparare

Piuttosto che gettare oggetti rotti o non più desiderati, considera l’opzione di ripararli o dare loro una seconda vita. Questa pratica riduce il flusso di rifiuti e promuove un approccio più sostenibile.

Inoltre, il riutilizzo di abbigliamento usato è diventato una tendenza responsabile sempre più frequente: invece di buttare vestiti ancora in buono stato, ma che non utilizzi più, puoi venderli su apposite e comode piattaforme online, o ancora meglio donarli a organizzazioni benefiche o depositarli nei contenitori dedicati alla raccolta di abiti usati.

  • Ridurre il consumo di energia e fonti rinnovabili

Il risparmio energetico è una delle chiavi per ridurre l’impatto ecologico. Spegnere le luci quando non servono, regolare il termostato in modo ottimale, investire in elettrodomestici a basso consumo energetico e considerare di produrre la propria energia tramite l’utilizzo di un impianto fotovoltaico. Oppure, se quest’ultima soluzione non fosse percorribile, scegliere un fornitore di energia che utilizzi esclusivamente fonti rinnovabili.

  • Trasporti sostenibili

Uno degli aspetti più significativi dello stile di vita a impatto zero è l’utilizzo responsabile dei mezzi di trasporto.  Utilizzare servizi pubblici, biciclette o veicoli elettrici invece delle auto a benzina riduce notevolmente le emissioni di gas serra.

Adottare uno stile di vita a impatto zero richiede impegno e costanza, ma i benefici sono molteplici: contribuiamo a un ambiente più pulito e sano, preserviamo le risorse per le generazioni future e viviamo in armonia con il nostro pianeta.

Ciascuno di noi può fare la differenza, un gesto alla volta. E quando vediamo il nostro piccolo contributo sommarsi a quello degli altri, ci rendiamo conto che un mondo migliore è alla portata di tutti noi.

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RUBRICA – La risposta è nei libri

La luce e l’ombra della città in letteratura

C’era una volta un topo campagnolo che ebbe ospite nella sua umile tana, un topo di città; gli offrì le provviste migliori messe da parte ma il disgusto per i cibi toccati e mangiati era ben visibile sul volto dell’ospite.

Il topo di città convinse quello di campagna a trasferirsi con lui in città, nel benessere e nello sfarzo ma, entrati nelle mura e accingendosi a consumare un ricco pranzo in una lussuosa casa, furono interrotti dal latrato di alcuni cani che li costrinse a rifugiarsi in fretta e furia in una tana.

Il topo di campagna si rivolse quindi a quello di città dicendo:” Questa vita non fa per me, il mio bosco e la mia tana sicura dai pericoli mi compensano delle mie povere lenticchie!”.

Questa favola di Orazio è emblema della contrapposizione, mai sanata, tra ambiente campestre e la città.

Già nell’ Antica Grecia, il poeta Teocrito trascina i suoi lettori, i cittadini dell’Alessandria dei Tolomei (caratterizzata in quegli anni da un fenomeno di crescente urbanizzazione), in una dimensione lontana, onirica, caratterizzata da prati fioriti e campi soleggiati. Al pari, nel mondo latino, troviamo Virgilio con le sue Bucoliche, creatore del locus amoenus, un luogo fuori dal tempo e dallo spazio, in cui i pastori diventano portavoci di un’età dell’oro.

Ma la visione della città in letteratura è una tematica ricorrente che può variare notevolmente in base all’opera, all’autore, al contesto storico e culturale e la prospettiva che l’autore vuole esplorare e che si presta ad essere sfondo per approfondire una vasta gamma di tematiche umane.

Il tratto negativo narrato dagli scrittori è soprattutto quello dell’alienazione e della solitudine; la città è vista come luogo in cui le persone si sentono spesso sole o isolate, nonostante la presenza di una grande popolazione. La frenesia e l’anonimato che le caratterizza possono portare infatti a un senso di estraneità e solitudine.

Al contrario la città può diventare spazio di opportunità e ambizione; spesso i personaggi vi si trasferiscono per cercare fortuna, realizzare i propri sogni o cercare una vita migliore.

Questa ambivalenza è ben visibile in due grandi scrittori italiani e nelle loro opere; Boccaccio e Pascoli.

Nel “Decameron” un gruppo di giovani nobili si rifugia in una villa di campagna per sfuggire alla peste che sta devastando la città di Firenze. Gran parte delle novelle che lo compongono sono ambientate in contesti rurali, e Boccaccio dipinge spesso la campagna come un luogo di pace, amore e libertà, in contrasto con la città che è spesso rappresentata come corrotta, immorale e pericolosa.

Boccaccio critica apertamente la società urbana del suo tempo attraverso le storie dei personaggi che vivono nella città. Nelle novelle spesso si incontrano figure come mercanti disonesti, preti corrotti e nobili viziosi che si comportano in modo immorale; questi ritratti della città riflettono la visione critica di Boccaccio nei confronti della società urbana.

Tuttavia lo scrittore non era completamente avverso alla stessa. Nel “Decameron” ci sono anche storie di amore e virtù che si svolgono in ambienti urbani, dimostrando che egli riconosceva che la città poteva offrire anche opportunità positive. Inoltre, il fatto che i giovani nobili si rifugino in campagna durante l’epidemia di peste indica che Boccaccio vedeva la campagna come un rifugio temporaneo, ma non necessariamente come un modo di vita ideale.

Da un lato quindi Boccaccio critica aspramente la corruzione e la depravazione presenti nella società urbana del suo tempo, ma dà anche spazio a storie di virtù e amore ambientate in città riflettendo le ambivalenze del suo periodo storico rispetto alla vita urbana e rurale.

Secoli dopo, Giovanni Pascoli tratterà della natura nella sua raccolta Myricae, il cui nome deriva proprio da un verso virgiliano e nella quale descrive la natura nelle varie stagioni. L’industrializzazione avviatasi proprio negli anni in cui scriveva Pascoli, ha portato all’inevitabile trasferimento in città di molte famiglie in cerca di lavoro. Nelle sue opere Pascoli spesso rappresenta la città come un luogo frenetico, in contrasto con la tranquillità della campagna. La città è vista come un ambiente caotico, in cui le persone si muovono in fretta e sembrano perse nella frenesia della vita urbana, luogo di alienazione e disorientamento, spesso rappresentata come un labirinto in cui le persone possono sentirsi perdute.

La visione di Giovanni Pascoli della città tende generalmente a essere critica e nostalgica, concentrandosi spesso sugli aspetti negativi della vita urbana e sulla sua alienazione rispetto al mondo rurale e alla natura. Tuttavia, è importante notare che può occasionalmente offrire alcune visioni più positive e ottimistiche. Nelle sue poesie è possibile trovare occasionali accenni alla città come luogo di opportunità e crescita; Genova viene descritta in termini lusinghieri, elogiando il porto come un luogo di incontro e scambio culturale, sottolineando il ruolo della città come centro di commercio e interazione umana.

L’ Europa nel corso dell’800 è protagonista di un’accelerazione dell’industrializzazione; la crescita delle città e le trasformazioni industriali hanno avuto un impatto significativo sulla vita delle persone, e questi cambiamenti si riflettono ampiamente nella letteratura dell’epoca.

I luoghi urbani ottocenteschi, caratterizzati dal fumo delle ceneri industriali, sono stati rappresentati in molte opere letterarie, basti pensare a Hard Times di Charles Dickens. Il concetto di città inteso in senso moderno nasce in quest’epoca, e proprio la città ottocentesca è il luogo in cui terminano le illusioni, in opposizione alla campagna: “…la città in letteratura diventa topos esistenziale, luogo della scoperta della complessità del mondo ed intreccio di narrazioni e finzioni, paesaggio interiore e mentale, spazio della modernità nelle sue tensioni e difficili conciliazioni tra individualità e collettività…”.

La natura e la campagna sono i luoghi della guarigione mentre la città risulta il suo opposto: luogo della perdizione tra le cui vie e proposte, l’uomo si può smarrire. Associata alla città vi è infatti spesso la figura del labirinto; esso è spesso accostato alla dimensione ed all’ esperienza urbana, con l’intrico di strade e di incroci che caratterizzano la città moderna. Labirinto non è quindi solo un groviglio di percorsi ma può essere anche una struttura organizzata

Nella letteratura moderna a prevalere è quindi il sentimento della nostalgia dei paesi incontaminati con conseguente denuncia sul degrado paesaggistico.

Ma non è necessario il confronto con ciò che sta fuori le mura o con la natura perché l’esperienza urbana riveli contraddizioni e sofferenze; in questo la città basta a se stessa. Il pensiero corre alle capitali di Balzac, di Hugo, di Zola o la Londra di Dickens e la Pietroburgo di Dostoevskij; non ritroviamo le immagini di semplici fondali che ospitano l’azione ma luoghi che pulsano di vita propria.

In Proust, Virginia Woolf, nella Vienna di Kraus, la Trieste di Svevo, la Dublino di Joyce, le città appaiono come scenari metafisici, sintesi allegoriche di una condizione frammentata e priva di centro dell’esistenza umana.

Per la narrativa dell’Ottocento, la città è il luogo in cui la concentrazione degli uomini, la convivenza degli stati sociali, la molteplicità dei comportamenti e dei linguaggi, le vie e le piazze, quasi metafore delle infinite vicende possibili, la rendono il teatro naturale dell’osservazione realista; essa stessa diventa racconto.

Calvino definiva “città-romanzo” la Parigi di uno dei grandi narratori dell’800, Balzac: in una delle sue opere la città compare nelle vesti della donna-mostro, una sorta di cortigiana che distende il proprio corpo in una rete di vicoli e strade, generatrici di incontri, sorprese. L’esperienza del soprannaturale non ha più bisogno del soprannaturale per aver luogo ma basta il quotidiano e l’inquietudine dell’ordinario cittadino a garantirla. Nella città tutto può accadere perché tutto è contemporaneamente presente: l’alto ed il basso, la luce e l’ombra, il bene ed il male.

Non vi è scrittore dell’800 che, ambientando la propria opera nella Città, non rappresenti la folla, con la forza del suo fluire senza sosta; la gente brulica nelle strade, privata di ogni socialità e preda di una solitudine senza rimedio. Il processo di urbanizzazione delle grandi capitali europee del 1800, il diffondersi di manifatture che oltrepassano la vecchia produzione artigianale, modificano la percezione della città da luogo protetto e raccolto nelle mura a spazio impersonale, luogo dello smarrimento di sé. I personaggi di Dickens, Balzac, Zola e Dostoevskij sperimentano il conflitto con se stessi quando, accettando la logica alienante della città, dove tutto si compra e vende, si ritrovano stranieri a se stessi.

Ne “Il nostro comune amico” di Dickens, la città è rappresentato come un organismo vivo, oggetto di un degrado crescente, dovuto allo sviluppo abnorme; la storia è però una storia di identità perdute e ruota intorno a due presenze simboliche, il fiume ed i rifiuti. Nel Tamigi, segno di fecondità e vita per la città che attraversa, galleggiano rifiuti e cadaveri. Le acque torbide del fiume, ritratte per lo più di notte e nella nebbia, diventano rappresentazione della malattia che avvolge Londra. Il Tamigi è il luogo in cui tendono tutti i protagonisti del racconto mentre la mappa dei loro spostamenti è un labirinto, reso ancora meno leggibile dall’ oscurità, destinati a ritrovarsi al punto di partenza.

Ma anche nella letteratura dell’800 nonostante la tendenza a esplorare le sfide sociali e le criticità delle città, è possibile trovare esempi di rappresentazioni positive delle città; essi spesso sottolineano le opportunità, la cultura e il progresso che le città potevano offrire.

Ne “I Miserabili” di Victor Hugo sebbene lo scrittore rappresenti aspetti negativi di Parigi, come la povertà e l’ingiustizia, la città stessa è raffigurata con amore e orgoglio; viene celebrata la sua grandezza e la sua storia, e la città diventa un simbolo di speranza e resilienza.

Pensiamo a “La Signora Dalloway” di Virginia Woolf, romanzo modernista ambientato nella Londra del XX secolo, noto per la sua profonda esplorazione della vita sociale e interiore dei personaggi. La città di Londra è un elemento centrale nel romanzo e Woolf la utilizza in modo significativo per esprimere temi come la percezione, la memoria e la connessione umana. Virginia Woolf usa la città per creare una ricca rappresentazione della vita sociale dell’epoca, con personaggi provenienti da diversi strati sociali che si incrociano lungo le strade della città ela stessa diventa un mezzo attraverso cui esplorare la memoria e i cambiamenti nel corso del tempo.

In conclusione le città hanno sempre esercitato un’attrazione irresistibile sugli scrittori che le hanno descritte, celebrate o criticato nei loro lavori letterari. La città è un luogo di contrasti, di opportunità e sfide. La letteratura ci permette di immergerci nelle sue rappresentazioni, di esplorarne i misteri e di riflettere sulla nostra stessa relazione con l’ambiente urbano. La città, nella sua immensa varietà, rimarrà per sempre uno dei luoghi più affascinanti e discussi della letteratura; con la sua complessità, i suoi strati e le sue contraddizioni, può riflettere e rappresentare l’animo umano in tutte le sue sfaccettature.

Esplorare la città diventa strumento per esplorare la complessità e la ricchezza dell’esperienza umana.