Nato dai termini inglesi “smoke” e “fog”, con “smog” si intende quel fenomeno urbano che prevede il rilascio massiccio di particelle inquinanti nell’aria, mettendo a forte rischio la salute del cittadino. Un argomento che viene spesso citato all’ordine del giorno dai notiziari ma con l’aggravante di essere ormai passato in sordina, stagnando nell’indifferenza.
Sarà nostro piacere ricordare di cosa si tratta, i pericoli, come migliorare e perché la Pianura Padana è diventata la zona più inquinata dallo smog in Europa.
COS’È
Oltre alla definizione citata poco fa, possiamo dire da cosa deriva o i fattori scatenanti: veicoli a motore come auto, moto, mezzi pubblici ma anche il riscaldamento domestico, oltre agli eventi atmosferici.
Tutti questi, generano il Particulate Matter, ossia il particolato o polvere sottile, generalmente indicato con PM, che ha una dimensione solitamente tra i 10 e 2,5 micron. Più è piccolo e più è in grado di entrare in profondità nei nostri polmoni, semplice no?
QUALI SONO I PERICOLI
Prendendo dal sito ufficiale dell’Istituto Superiore della Sanità: l’esposizione prolungata nel tempo anche a bassi livelli di PM10 e PM2,5 è associata all’aumento di disturbi respiratori come tosse e catarro, asma, diminuzione della capacità polmonare, riduzione della funzionalità respiratoria e bronchite cronica insieme ad effetti sul sistema cardiovascolare. Non poca roba diciamo, specialmente se si considera il tempo prolungato a cui siamo sottoposti a questa qualità dell’aria.
SIAMO PRIMI: LA PIANURA PADANA NE HA PIÙ DI TUTTI IN EUROPA!
Esatto, come possiamo leggere dall’ultimo report dell’Agenzia Europea dell’ambiente (EEA), nonostante i miglioramenti, i livelli di PM10 e PM2,5 sono ancora preoccupanti e ci portano tuttora ad avere in casa la regione più inquinata d’Europa.
Il perché è presto detto: il Nord Italia è fortemente industrializzato, ha una forte concentrazione di città urbane importanti tra le quali Milano, Torino, Padova, Venezia.
Una situazione che può sembrare in realtà analoga ad altre zone europee e in effetti è così ma ad aggiungersi c’è anche la conformazione territoriale che la rende unica. Troviamo infatti le Alpi e gli Apennini che sigillano la pianura, rendendo il ciclo dell’aria più lento e con una stabilità atmosferica maggiore, di conseguenza il ricircolo dell’aria è ostacolato maggiormente.
La classifica ad oggi delle città con più di 50 mila abitanti in Italia è la seguente:
1. Cremona 2. Padova 3. Vicenza 4. Venezia 5. Brescia 6. Piacenza 7. Bergamo 8. Alessandria 9. Asti 10. Verona
Milano è dodicesima, mentre Torino è quattordicesima. Se considerassimo le città europee, solo due città polacche e una croata avrebbero concentrazioni di PM2,5 maggiori di Cremona.
COSA POSSIAMO FARE
ridurre l’utilizzo dei veicoli a motore: se possiamo prendere una bici per arrivare a lavoro, usiamola. Se possiamo fare due passi per andare a fare delle commissioni, facciamoli.
Utilizzo dei mezzi pubblici: autobus, monopattini, metro. Tutti strumenti che ad oggi vengono forniti per aiutare il cittadino ad evitare la macchina o altri mezzi inquinanti in circolazione.
Il decreto Rilancio del 2020 con il Superbonus 110 ha dato un forte sprint all’economia della riqualificazione energetica in Italia, fondamentale per diversi motivi.
Come ben sapete infatti nel 2020 il coronavirus ha messo in ginocchio tantissime strutture aziendali, ospedaliere e famiglie intere, necessitando quindi di una contromossa decisa e importante per sostenere il colpo. Inoltre, tra le altre cose, a livello urbanistico il territorio italiano era compromesso da una grande quantità di strutture abitative oramai decadenti o che comunque non venivano assolutamente incontro alle esigenze energetiche di allora (in realtà rimangono necessità anche oggi, anzi forse maggiormente vista la situazione in Est Europa).
In pratica diventa territorio ideale per lanciare il decreto che dovrebbe dare una nuova verve per garantire lavoro, interesse e soprattutto guardare al futuro concretamente assieme ad aziende, imprese edili, lavoratori del settore in piena attività per rinnovare le case esistenti e sfruttare al meglio le tecnologie delle rinnovabili.
Tutto molto accattivante sulla carta, ma purtroppo non sempre e oro ciò che luccica.
Nascono infatti tanti problemi legati in primis alle condizioni in cui riversano buona parte delle abitazioni. Se contiamo infatti gli abusi edilizi in Italia siamo al 13% ma per poter abbassare questa percentuale devono essere fatte delle demolizioni su cui poi costruire nuovamente, comportando dei costi in più. Quanto? Secondo lo studio riportato da SkyTg24 ogni demolizione comporta una somma da versare pari a 109 mila euro. Per quanto concerne invece la demolizione degli abusi, la stima minima degli edifici da abbattere è intorno ai 40mila, per un costo unitario di 100mila euro. La spesa totale minima è dunque intorno ai 4 miliardi di euro. Un numero enorme di abitazioni dei cittadini, che sicuramente avranno voluto approfittare giustamente del Superbonus 110% e dei suoi vantaggi ma che lungo la strada della riqualificazione energetica avranno trovato non pochi intoppi. Senza contare il fattore burocratico italiano, non proprio famoso per essere il più celere e oliato dell’Unione Europea.
Tutte facce del dado che purtroppo rendono una bella iniziativa in realtà una fatica in più per il cliente e chiaramente favoriscono la delusione una volta intrapresa la pratica per il SB110%.
Ma le aziende? Sicuramente anche loro non hanno incontrato poche difficoltà, sia per il cliente poco soddisfatto e convinto di poter riqualificare completamente casa sua con qualche migliaio di euro sia per le costanti e frequenti modifiche al decreto, che hanno ritardato spesso i lavori o dovuto cambiare le precedenze dei clienti (ad esempio uno delle modifiche imponeva delle nuove scadenze entro cui chi aveva la villa da riqualificare avrebbe dovuto concludere almeno il 30% dei lavori entro giugno 2021, mettendo quindi improvvisamente urgenza alle aziende).
Ma andiamo con ordine, chi sono le aziende protagoniste degli ultimi anni, soprattutto da quando esiste il Superbonus? Sono i General Contractor, ovvero compagnie in grado di fornire al cliente in un unico posto tutte le figure professionali in grado di portare avanti il cantiere, dal consulente all’ingegnere. Inoltre, l’azienda, nel caso del SB, potrà far firmare il contratto al cliente con la possibilità dello sconto in fattura in relazione ai costi che il General Contractor fatturerà per la realizzazione di interventi specifici oggetto di agevolazione.
Sostanzialmente ci si rivolge al General Contractor per avere una soluzione cosiddetta “chiavi in mano”.
Ma appunto come accennato poco fa, i problemi anche in questo caso non sono assolutamente inferiori, perché a causa delle numerose variazioni al decreto (21 correttivi in 30 mesi) ci sono stati rallentamenti importanti, senza contare che insieme a questo vi è anche una scarsità di materia prima, ritardando anche l’arrivo di infissi o cappotti per l’isolamento termico per esempio.
Nonostante tutto questo (tanta insoddisfazione, aziende nuovamente in ginocchio perché giustamente si sono fatte affidamento ad un sistema dello Stato), ci sono comunque realtà che tuttora stanno contribuendo a portare avanti i lavori presi in carico, usando anche le proprie casse per velocizzare quanto più possibile il percorso di ciascun cantiere.
Stiamo parlando di Energy Italy, General Contractor e azienda leader del settore della riqualificazione energetica, che ha inoltre espresso un parere in merito tramite il suo rappresentante d’eccellenza, il Presidente della Energy Holding Benedetto Roberto Ingoglia, in una recente intervista in merito ai problemi legati al Superbonus:
“È fondamentale che la politica metta da parte gli interessi di partito e trovi le soluzioni per far ripartire le cessioni del credito. Perché il Superbonus è un circuito che oltre a dare lavoro a tante persone, oltre a garantire un risparmio energetico alle famiglie, genera un ritorno per lo Stato pari al 47% della spesa in nuove tasse e Iva.”
Le difficoltà non sono certo mancate all’interno della azienda di Ingoglia ma hanno potuto affrontarle di petto grazie alla forza del loro gruppo e alla rete di imprese dislocata su tutto il territorio nazionale e che nonostante i numerosi cambiamenti normativi e alla carenza di materie prime è riuscita a portare a termine 129 cantieri e che ne ha in fase di realizzazione oltre 500, accontentando così più di 700 famiglie.
Concludendo quindi l’articolo in merito al Superbonus e chiudendo il cerchio con quanto detto all’inizio, quella del decreto Rilancio è sicuramente una splendida iniziativa che si scontra purtroppo con la realtà e tutte le sue sfaccettature. I clienti devono resistere così come per le aziende che purtroppo sono le prime che vengono additate come colpevoli di tutto ciò ma continuano a rispondere con i fatti a tutti.
Tra le diverse minacce potenziali e attuali, abbiamo quella dell’inquinamento dell’aria che ormai influenza la nostra quotidianità costantemente in maniera negativa.
Quando parliamo del tema però ovviamente c’è un mare magnum di terminologie e fenomeni associati, vediamo nel dettaglio che cosa si intende con inquinamento dell’aria.
CHE COS’È L’INQUINAMENTO DELL’ARIA?
Tecnicamente quando si parla di inquinamento dell’aria, la terminologia corretta sarebbe inquinamento atmosferico, e si intende per indicare la presenza di sostanze nell’aria, nello stato gassoso, vapori, nebbie o pulviscoli, che possano avere effettivi nocivi per gli esseri viventi o dannose per i materiali (fonte: Treccani).
Possiamo dunque dedurre già da questa definizione che non viene inteso tradizionalmente come solo come contaminazione di gas derivato dalla combustione, ma di sostanze differenti e spesso anche ancora più nocive. Ci sono intanto due categorie a proposito: l’inquinamento da sostanze naturali e sostanze umane.
Emanazioni vulcaniche, radioattive, gas putrefattivi da terreni paludosi, polveri sollevate dal vento, pollini e spore fungine appartengono alla prima categoria citata; lo smog derivato da combustione fossile, le scorie gassose industriali appartengono invece alla categoria dell’azione negativa dell’uomo sull’aria.
La data o il periodo preciso in cui l’uomo ha cominciato a diffondere nell’aria sostanze nocive non è chiaro: dal XIII secolo viene introdotto il carbon fossile e si verificarono inconvenienti dovuti alla presenza della combustione incompleta del carbone ma in realtà il vero punto di non-ritorno avviene con la rivoluzione industriale, momento cruciale in cui progressivamente sono aumentate le emissioni dei gas tossici nell’atmosfera.
INCIDENTI STORICI
Solo recentemente l’inquinamento atmosferico sta ottenendo la giusta attenzione legislativa, ovviamente sempre a seguito di gravi incidenti che hanno caratterizzato la drasticamente vita sociale e l’ecosistema di una determinata area geografica.
Alcuni tra i più famosi e disastrosi sono l’esplosione della centrale nucleare di Cernobyl, il Grande Smog della Londra del 1952 (12 mila morti) dove il diossido di azoto intossicò la popolazione della città, oppure il più grande di sempre, con più di 21 mila vittime e 500 mila intossicati, il disastro di Bhopal in India dell’ ’84 dove la allora nota industria multinazionale di pesticidi subì una perdita di Isocianato di metile senza precedenti a causa della scarsa manutenzione e condizioni di lavoro disumane. Come detto, questi incidenti non solo sono un danno permanente nella mente delle persone ma anche per l’ambiente: basti pensare che ora nella zona indiana dove è capitato l’ultimo evento elencato, l’ex stabilimento non è stato bonificato e continua ad inquinare le zone circostanti.
QUALI SONO AD OGGI I PERICOLI LEGATI ALL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO?
La diretta correlazione tra inquinamento atmosferico e salute non è ancora ben chiarita, ma è certo invece come influenzi le condizioni polmonari con l’infiammazione bronchiale l’azione irritativa sulle prime vie respiratorie. C’è ancora oggi la discussione se questi elementi nell’aria siano fattori scatenanti dei cancri polmonari.
Il problema sicuramente è anche il fattore meteorologico, dove i venti sicuramente contribuiscono alla diffusione di certi elementi nocivi o peggio ancora miscelarli tra loro, creando un nuovo pulviscolo atmosferico (noto anche come PM10 o PM 2,5, a seconda del diametro misurato in micron) in grado di essere ancora più determinante per l’effetto nocivo sulla salute.
Oppure ancora, sempre sul fattore meteorologico esiste il cosiddetto effetto di d’inversione termica, caratterizzato dalla permanenza in contatto del suolo di masse d’aria più fredda di quella degli strati sovrastanti, provocando la sospensione dei moti convettivi e quindi l’accumulo nell’aria degli inquinanti.
SOLUZIONI? LIMITATE
Il perché è presto detto, ovvero che le cause di questo fenomeno ormai onnipresente sono diverse sia nella quantità che nella natura.
Ma qualcosa si può fare, ad esempio regolazione, manutenzione e buona conduzione degli impianti delle combustioni nonché impiego di combustibili di buona qualità. Un altro metodo per contrastare l’eccessiva produzione di inquinamento atmosferico può essere la rivisitazione della gestione del traffico urbano con soluzioni cittadine in grado di adattarsi al movimento odierno, velocizzandolo.
E IN ITALIA?
Nell’ultimo rapporto annuale World Air Quality Report di IQAir, che stima i livelli di inquinamento dell’aria in tutto il mondo, l’Italia si posiziona tra le 100 nazioni per qualità dell’aria (67sima per essere precisi). Ricordiamo inoltre che questa classifica si basa sullo studio delle nazioni e della diffusione del PM2.5 (pulviscolo con dimensione uguale o inferiore a 2,5 micron).
Un dato poco rassicurante che purtroppo ci vede tra i protagonisti di un panorama sempre più saturo di un elemento pervasivo come l’aria, che inevitabilmente condiziona le nostre vite.
Il tema della sostenibilità ambientale e dell’etica aziendale è sempre più sentito al giorno d’oggi in un mondo flagellato dalla crisi: una crisi economica, sociale, morale, ambientale e culturale.
Le aziende costruiscono il rapporto con i propri consumatori sulla fiducia reciproca. Una fiducia, però, che si presenta come un’arma a doppio taglio: può portare al successo dell’impresa ma anche al suo declino se disattesa.
Con la crescente attenzione verso il cambiamento climatico e la sensibilità dei consumatori verso le tematiche green, la tentazione da parte delle aziende di dare un’immagine verde per attirare clienti è molto alta. Se però le dichiarazioni non corrispondono alla sostanza il rischio è quello di scivolare nella pratica del Greenwashing, ossia di darsi una patina di società attenta all’ambien- te anche se non è così.
Per Greenwashing quindi si intende una tecnica di di marketing perseguita da aziende, istituzioni ed enti che propongono come ecosostenibili le proprie attività, esaltando gli effetti positivi di alcune iniziative e al contempo cercando di occultare l’impatto ambientale negativo dell’impresa nel suo complesso.
Non si tratta tuttavia di un fenomeno nuovo: a citarlo per la prima volta fu l’ambientalista statunitense Jay Westerveld. Egli utilizzò questo termine nel 1986 per stigmatizzare la pratica delle catene alberghiere che facevano leva sull’impatto ambientale del lavaggio della biancheria per invitare gli utenti a ridurre il consumo di asciugamani, nascondendo in realtà una motivazione economica (relativa a un taglio nei costi di gestione).
Nei casi più frequenti di Greenwashing, la comunicazione presenta le seguenti caratteristiche: non vi sono informazioni o dati puntuali che supportino quanto dichiarato; le informazioni e i dati vengono dichiarati come certificati mentre invece non sono riconosciuti da organi autorevoli; vengono enfatizzate delle sin- gole caratteristiche di quanto comunicato; le informazioni sono generiche al punto da creare confusione nei consumatori; possono essere utilizzate etichette false o contraffatte; infine, sono riportate affermazioni ambientali non vere.
Quali sono i rischi legati al Greenwashing?
Uno dei principali è la perdita di fiducia: una volta che i consumatori scoprono di essere stati ingannati è molto difficile ricostruire l’immagine e la reputazione della società con la conseguenza che il danno può essere anche superiore al beneficio che l’azienda sperava di ottenere.
Altro pericolo è la mancanza di un’azione concreta per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità. Se un’azienda vede premiati i propri slogan di Greenwashing potrebbe accontentarsi di quel risultato senza impegnarsi e fare gli investimenti necessari per migliorare il proprio modello produttivo.
Per quanto riguarda il settore finanziario il rischio è quello di finanziare progetti e imprese che non apportano alcun beneficio per l’ambiente e le persone.
Come si può fare quindi per evitare le trappole del Greenwashing?
L’Europa sta venendo in aiuto creando una normativa stringente su quello che può essere definito green. Il principale strumento normativo è la Tassonomia UE, adottata dal Parlamento nel 2020, con l’intento di definire univocamente, nell’ambito dei mercati
finanziari, “l’attività economica sostenibile dal punto di vista ambientale”. Un sempre maggior numero di aziende sarà poi tenuto a dare il proprio resoconto delle attività sostenibili e dei reali risultati raggiunti attraverso la dichiarazione non finanziaria delle imprese come ribadito con la direttiva EU NFDR (Non Finance Reporting Directive), mentre i fondi comuni di investimento dovranno precisare il grado di allineamento dei propri assetti alla Tassonomia, come stabilito dalla SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation). Ma ciò sicuramente non basta, è fondamentale che i sistemi di standardizzazione siano chiari e resi obbligatori il più possibile. Prima di comprare un prodotto o uno strumento di investimento dalle caratteristiche green bisogna informarsi accuratamente, appurarsi che l’ecologismo non sia puramente di facciata!
Cosa intendiamo con l’espressione moda sostenibile? La moda che rispetta l’ambiente e la società in tutte le sue fasi! Un movimento, un processo di promozione del cambiamento del settore verso una maggiore integrità ecologica. Un cambiamento che interessa tutta la filiera: concezione, produzione, distribuzione, vendita e smaltimento. Ed anche (e soprattutto, direi) il consumatore. Sempre più consapevoli ed esigenti, attenti a prendersi cura dell’ambiente che abitiamo in ogni modo. Una moda che si propone di utilizzare, consapevolmente, materie prime meno inquinanti, e di ridurre gli sprechi nella produzione, come i costi di acqua ed elettricità e produrre parti durevoli, stimolando il consumo consapevole. Una vera e proprio rivoluzione, oggi sempre più caratterizzante la nostra società. Un movimento che intreccia le sue origini con quelle del movimento ambientalista moderno e che si pone l’obiettivo di educare i clienti a praticare un consumo green, rispettoso dell’ambiente, nonché delle persone che ne fanno parte, ma anche di aumentare il valore della produzione e dei prodotti locali, dei capi di abbigliamento, prolungare il ciclo di vita dei materiali, ridurre la quantità di rifiuti e i danni all’ambiente creati dalla produzione e dal consumo.
Punto di partenza e filosofia d’azione dell’ideatrice del marchio salentino Woo. Giulia Petronella, giovane imprenditrice di Mesagne (BR), che nel 2020, rientrata a casa dopo dieci anni vissuti nel Nord Europa, ha dato vita al marchio sostenibile di cappotti, borse e accessori impermeabili.
Tradizione familiare e rispetto di ambiente e lavoratori sono i punti di forza di Woo. L’idea di Giulia va infatti fatta risalire all’attività di famiglia: l’impresa dei genitori produceva cerate per i pescatori, e rappresenta per l’imprenditrice pugliese un fantastico bagaglio di risorse, conoscenze, mano d’opera che la pone in una situazione di vantaggio.
WOO è la collezione di abbigliamento e accessori con le radici nella pesca e il mood nell’urban lifestyle. Un team tutto al femminile, che mantiene le sue radici nella città natale di Giulia, anche per quel che riguarda la produzione, che avviene a chilometro zero, ma guarda allo stile nordeuropeo fatto di tagli lineari e forme pulite. Produce (solo dopo l’ordine del cliente – così da creare capi ad hoc per ogni singolo cliente!) capi durevoli in PVC, collaborando con fornitori certificati che producono PVC riciclabile al 100%, conforme agli standard Reach e privo di metalli pesanti, dannosi per la salute delle persone. Un PVC che consuma meno acqua ed energia rispetto ad altri materiali, come ad esempio la pelle.
Tradotto in italiano con l’espressione “Turismo lento”, lo Slow Tourism rappresenta una vera e propria innovazione, una nuova modalità di viaggiare sostenibile e responsabile che invita i travelers alla valorizzazione del territorio.
Si contrappone al più noto “Turismo di massa” e trasforma le nostre vacanze in esperienze uniche, complete e coinvolgenti, in- vitandoci, appunto, a rallentare il ritmo per partire alla scoperta di culture e territori, abbandonando la frenesia che molto spesso caratterizza la nostra quotidianità. Lo Slow Tourism ha un’anima green: un tuffo nel territorio nel rispetto dei viaggiatori e non solo, delle tradizioni e dell’ecosistema. Una filosofia di viaggio, o meglio, di vita, che consente di ammirare il lato più autentico di una destinazione, ciò che ci circonda, e vivere l’esperienza del viaggio in pieno relax.
Viaggiare in maniera sostenibile e intelligente, vivendo a pieno l’esperienza del viaggio, la natura, le emozioni. Mettere al centro del viaggio il viaggio, nel più autentico significato di “spostamento da un luogo all’altro”, il percorso, e non la destinazione. Procurare benefici sia al nostro fisico e alla nostra mente, sia al luogo. Benefici quali riscoprire il vero piacere del viaggio, immergendo- si in una dimensione genuina, in una natura incontaminata, o vivere esperienze autentiche, aiutando corpo e mente a liberarsi dalla routine e vivere con più calma. Contribuire ad un turismo ecologico ma anche essere predisposti a scoprire i nostri cinque sensi, le nostre emozioni. Un viaggio per il quale sono sufficienti scarpe comode e partire! Quando nasce il “Turismo lento”? Le sue origini risalgono al 1986, come movimento culturale e gastronomico fondato da Carlo Petrini, sociologo, gastronomo, scrittore e attivista della nostra penisola. Con l’obiettivo di proporre un cambiamento focalizzato sull’invertire la velocità con cui scorre la vita perché una maggiore lentezza equivale a una maggiore consapevolezza. Le sue origini si inseriscono nel più ampio movimento Slow; nasce infatti per protesta contro l’apertura di un McDonald’s in Piazza di Spagna a Roma, alla quale seguì la creazione di Slow Food, organizzazione nata in risposta al dilagare del fast food, del cibo spazzatura e delle abitudini frenetiche, non solo alimentari, che caratterizzano la vita moderna. La filosofia Slow ha poi influenzato altri settori, come quello del viaggio.
Solo negli ultimi anni e, precisamente, post pandemia, il “Turismo lento” ha riscontrato un enorme successo nel nostro Paese. Oggi, in Italia, sono molte le mete per vivere l’esperienza dello Slow Tourism: splendidi cammini immersi nella natura, lunghe piste ciclabili, incantevoli itinerari panoramici, … Eccone una lista delle più amate e ricercate dai viaggiatori sostenibili:
il Cammino delle Terre Mutate, un itinerario solidale nato dopo il terremoto del 2016 tra Marche, Umbria e Abruzzo. Oltre duecento chilometri alla scoperta di tradizioni e culture, alla scoperta delle terre del cambiamento;
il percorso del fiume Titerno, nell’entroterra campano, per fare trekking tra le Forre di Lavello, raggiungere le Gole di Caccaviola, attraversando incantevoli panorami;
la ciclovia del Po, per gli amanti della bici, è un lungo itinerario che segue il corso del Po per quasi duecentocinquanta chilometri immersi nella natura;
le Grotte di Catullo, a pochi passi da Sirmione, ammirando il suggestivo panorama del lago di Garda;
terre di Siena, nell’incantevole panorama toscano, una delle mete più affascinanti per chi ama il trekking, offrono differenti percorsi tra vigneti e colline;
le Dolomiti, Patrimonio dell’UNESCO, che donano ai viaggiatori paesaggi mozzafiato, ideali per fare trekking ma anche da attra- versare in bici;
le Cinque Terre Express, un viaggio in treno per ammirare gli incantevoli borghi della Liguria;
il cammino Palermo-Messina, che attraversa la splendida Sicilia e si immerge nella natura del Parco delle Madonie, fino ad arrivare alle pendici dei Monti Nebrodi;
il Sentiero degli Dei, lungo la Costiera Amalfitana;
il Bernina Express, un treno che attraversa paesaggi meraviglio- si, partendo da Tirano, fino ad arrivare nella svizzera Sankt Moritz.
L’estinzione di una specie è un fenomeno biologico naturale e molto lento, per lo meno in un ecosistema equilibrato, e che viene compensato dalla comparsa di nuove specie. Purtroppo a partire dalla Rivoluzione Industriale, la scomparsa di molte specie non è stata dovuta a fattori naturali ma per altre cause ricollegabili all’uomo: cambiamenti climatici, distruzione degli habitat, inquinamento, deforestazione, caccia indiscriminata ed introduzione di specie invasive.
L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) ogni anno compila la lista rossa delle specie in via di estinzione cioè l’elenco degli animali e delle piante che rischiano di scomparire per sempre dal nostro Pianeta; delle 112.432 specie studiate circa 30.000 sono quelle considerate a rischio più o meno elevato di estinzione (23% dei mammiferi, 14% degli uccelli, 25% dei rettili ed il 41% deli anfibi).
In base all’ ultima ricerca dell’ IUCN risalente a dicembre 2019 ben 73 sono le specie che si sono estinte in un periodo relativamente breve e recente, animali che non potremo più ammirare liberi nel loro habitat come la tartaruga nera dal guscio molle, il geco di Christmas Island, l’orice dalle corna a sciabola.
Accanto a queste specie per cui purtroppo non c’è più nulla da fare, ci sono quelle che ancora popolano la Terra ma che sono tenute sotto vigile osservazione perché fortemente minacciate dall’attività umana e quindi a forte rischio di estinzione e che quindi necessitano di un intervento repentino per essere salvate.
Qui di seguito la top list delle specie in via di estinzione, classificate come Critically Endangerend, che contano quindi meno di mille esemplari, e che scompariranno per sempre a meno che non si agisca per salvarli .
RINOCERONTE DI GIAVA
Noto anche come rinoceronte della Sonda, è un membro molto raro della figlia dei rinocerotidi ed una delle cinque specie di rinoceronte. Un tempo era il più diffuso tra i rinoceronti asiatici popolando un’ area che dalle isole di Giava e Sumatra, attraverso il sud- est asiatico, arrivava all’India ed alla Cina; ora è diventato forse il mammifero più raro del mondo contando 58-61 esemplari nel parco nazionale di Ujung Kulon nell’estremità occidentale di Giava, in Indonesia. La sua condanna a morte è stata conseguenza del bracconaggio perché il suo corno, particolarmente richiesto dalla medicina tradizionale cinese, può valere fino a 30.000 dollari al chilo al mercato nero.
GORILLA DI MONTAGNA
Sottospecie del gorilla orientale, di cui ad oggi sopravvivono 680 esemplari, suddivisi in due subpopolazioni isolate: una popola la regione dei Monti Virunga (area che si estende tra Uganda, Ruanda e Repubblica Democratica del Congo), l’altra nell’ Uganda sud-occidentale all’interno del Parco nazionale di Bwindi. la sua sopravvivenza è resa precaria dal bracconaggio e dalla preoccupante deforestazione che riduce le risorse naturali indispensabili per la sua sopravvivenza nel suo habitat naturale.
LEOPARDO DELL’ AMUR
Sottospecie di leopardo originario delle zone montane della Taiga e altre foreste temperate della Corea, Cina nord-orientale e della Russia orientale, è oggi considerato il felino più raro al mondo, contando 103 esemplari di cui solo 6 femmine. Nonostante viva nella stessa area della tigre siberiana, ha ricevuto una minore attenzione dai media ed ambientalisti; l’agricoltura intensiva, la frammentazione degli habitat ed il bracconaggio a scopo commerciale hanno ridotto al minimo il numero degli esemplari di questa specie.
TARTARUGA GIGANTE DI ESPANOLA
Specie della famiglia Testudinidae, originaria della’ omonima isola dell’arcipelago delle Galapagos (Ecuador), che è stata salvata per ora solo grazie ad un efficace programma di riproduzione in cattività e soprattutto grazie al contributo della testuggine Diego che ha generato circa 800 esemplari; prelevato all’inizio del 1900 dall’isola di Espanola da una spedizione scientifica e portato in un apposito centro sull’ isola di Santa Cruz per avviare un programma di riproduzione, ha fatto ritorno dopo 100 anni a “casa”.
ELEFANTE DI SUMATRA
L’ elefante di Sumatra è una sottospecie di elefante asiatico che vive appunto, nell’isola indonesiana di Sumatra. Negli ultimi 25 anni questa specie ha perso l’ 80%del suo habitat originario a causa dell’ intensa deforestazione operata per fare spazio alle piantagioni di olio di palma ed all’ agricoltura intensiva e questo ha provocato la drastica diminuzione della sua popolazione, oltre per la caccia di cui sono vittime per le loro zanne d’ avorio.
AMAZZONE IMPERIALE
Uccello della famiglia degli Psittacidi è caratterizzata dalla colorazione blu- viola di testa e petto. Bandiera simbolo della piccola isola Dominica, nel mar dei Caraibi, questo coloratissimo pappagallo conta soltanto un centinaio di esemplari a causa della rovina del suo habitat per i rovinosi cambiamenti climatici in atto da imputare al riscaldamento globale che ha provocato un intensificarsi di uragani e tifoni.
CEBO DORATO o CAPPUCCINA BIONDA
Sono solo 180 i cebi dorati censiti; la sua casa è la foresta Atlantica del Nord Est del Brasile, devastata dalla deforestazione, dallo sfruttamento minerario e dalla colonizzazione urbana.
ORANGO DI TAPANULI
Tra tutte le grandi scimmie, l’orango di Tapanuli ha la popolazione più bassa contando di soli 800 individui in natura causa la deforestazione, la caccia, il traffico di selvaggina ed un colossale progetto idroelettrico realizzato proprio all’ interno della foresta tropicale dell’ isola di Sumatra, nella cui parte settentrionale vive.
PANGOLINO DEL BORNEO
Mammifero dell’ ordine dei Pholidota che vive nelle foreste dell ‘Indocina e dell’ Indonesia, dalla Birmania e dal Vietnam al Borneo, Giava e Sumatra. Cacciati in modo indiscriminato per pelle e carne, è una specie attualmente tutelata da programmi di conservazione che però non hanno fermato la crudeltà dei bracconieri che continuano a sterminare i pochi esemplari rimasti in natura.
VAQUITA
Detta anche focena del Golfo di California (il termine vacuità è spagnolo e significa “piccolla vacca”) ed endemica della parte settentrionale del Golfo della California, si stima ne siano rimasti solo 12 esemplari. La focena non è stata mai cacciata direttamente ma sterminate dalle reti da pesca posizionate in realtà per catturare un’ altra specie endemica del Golfo, il totoaba e avvelenate dall’inquinamento marino in particolare dai pesticidi riversati nelle acque dalle industrie costiere, il flusso di acqua dolce del fiume Colorado ridotto a causa dell’irrigazione e la depressione conseguente all’ incrocio. Per cercare di impedirne l’ estinzione, il governo messicano ha creato una riserva naturale che ricopre la parte settentrionale del Golfo della California ed il delta del fiume Colorado, vietando le reti da pesca in tutta l’ area protetta.
Atlas, l’uomo che dovrebbe sorreggere il mondo e proteggerlo, non lo si può di certo identificare con quella parte di umanità poco attenta all’ ambiente in cui viviamo ed agli altri esseri viventi con cui coabitiamo. Per mano dell’uomo, in maniera diretta o indiretta, sono tante le specie che stanno soccombendo e se non corriamo ai ripari i nostri bimbi le potranno ammirare solo in qualche documentario o in cattività nei parchi faunistici…
Spesso coltivare un orto rappresenta uno degli hobby più amati dalle persone.
E cosa c’è di meglio di praticare una passione in maniera sana e sostenibile?
In questa rubrica di Atlas vogliamo pertanto proporre dei consigli su come coltivare un orto bio in maniera corretta, che permetterà non solo di combattere la noia e lo stress, ma anche di avere a portata di mano e gratuitamente ortaggi sani, biologici e non sottoposti a trattamenti chimici.
Dos ✔✔
SCEGLI IL LUOGO ADATTO
Non è così scontato, ma un orto deve essere posizionato in uno spazio facilmente accessibile e ben esposto alla luce. Per iniziare ti consigliamo inoltre di selezionare una superficie non troppo vasta, adeguata alla tua esperienza e al tempo a tua disposizione.
SCEGLI SEMI BIO
Ovviamente! Puoi acquistarli in un qualsiasi vivaio, oppure puoi optare per la coltivazione degli ortaggi da scarti di altri prodotti bio (cipolla, aglio, patate con germogli, ecc.)
SEMINA NEL PERIODO GIUSTO
E’ fondamentale sapere quali sono i mesi più adatti per coltivare gli ortaggi desiderati. Ad esempio gennaio è il mese ideale per piantare le cipolle; aprile è ottimo per zucchine e melanzane; luglio è il mese di carote e cicoria. Basta cercare su internet il calendario delle semine per avere informazioni più dettagliate a riguardo.
N.B. Con luna calante seminare ortaggi da foglia e da radice; con luna crescente seminare ortaggi da frutto, da seme e da fiore.
PRATICA LA ROTAZIONE DELLE COLTURE
Affinché il tuo orto biologico sia produttivo e rigoglioso è fondamentale cambiare la posizione delle piante di anno in anno, seminando ogni volta in aree diverse. In questo modo non sarà necessario impiegare pesticidi, in quanto questo tipo di agricoltura sfrutta la capacità di alcune piante di stimolare la crescita di altre.
PER GLI ORTI BIO SUL BALCONE: OTTIMIZZA GLI SPAZI!
Non escludere l’idea di coltivare il tuo orto biologico solo perché credi di non avere molto spazio a disposizione. Puoi avvalerti di vasi pensili per alcuni ortaggi, di cassette per la frutta per altre verdure, o anche di vasi di terracotta e fioriere. Ovviamente sarà necessario piantare ortaggi dalle radici corte, come aglio, peperoncini, prezzemolo, spinaci e piccole zucche. Ti sorprenderà scoprire quanti ortaggi potrai coltivare sfruttando anche solo pochi centimetri di superficie!
Dont’s ✗✗
UTILIZZARE DISERBANTI DI SINTESI
Per evitare la crescita di erbacce puoi ricorrere alla pacciamatura, ricoprendo il terreno non coltivato con materiali di origine organica, come la corteccia di pino sminuzzata o la ghiaia. In questo modo proteggerai il suolo anche dall’erosione.
UTILIZZARE PESTICIDI DI SINTESI
Altrimenti non sarebbe più un orto biologico! Puoi proteggere le tue piante creando una barriera attorno ad esse con fili di rame, oppure spruzzandoci sopra un composto di aglio tritato/pestato e acqua (messi a macerare per qualche ora) ogni 3 giorni.
COLTIVARE TROPPI ORTAGGI
Soprattutto se non hai mai avuto esperienza prima, è fondamentale cimentarsi nella coltivazione di un numero limitato di ortaggi. Pochi ma buoni!
SEMINARE ORTAGGI TROPPO VICINI TRA LORO
Prima di procedere con la semina è necessario tener conto di quanto cresceranno le piantine: piante troppo ravvicinate si rubano luce a vicenda e sarà più difficile proteggerle dalle erbe infestanti.
INNAFFIARE LE FOGLIE
Ricordati di innaffiare sempre il terreno, e non le foglie. Potrebbero rovinarsi o, addirittura, marcire.
Devi ridipingere le pareti di casa?Ti stai chiedendo come eliminare la muffa e le macchie di condensa dai muri?
Ti stai chiedendo come eliminare la muffa e le macchie di condensa dai muri?
O vuoi solo scoprire come risparmiare fino al 30% dei costi in bolletta?
In qualsiasi caso questo articolo fa per TE!
A chi non interesserebbe rendere la propria casa un ambiente sano e confortevole, portando allo stesso tempo un risparmio energetico dei costi di climatizzazione?
Proprio così, a nessuno!
A tal proposito oggi, noi di Atlas, vogliamo presentarvi qualcosa di innovativo e molto interessante.
Si tratta della PITTURA TERMICA, una speciale pittura idrodiluibile composta da microsfere di ceramica termoisolanti, in grado di trattenere il calore all’interno della casa, senza farlo uscire.
Come i thermos, infatti, la ceramica è in grado di mantenere invariata la temperatura di ciò che si trova al suo interno, raccogliendo e riflettendo il calore nell’ambiente circostante.
Ridipingere le pareti di casa con la pittura termica comporta quindi una riduzione della temperatura massima di riscaldamento e un notevole risparmio dei costi di climatizzazione ambientale.
Ma questo non è l’unico vantaggio!
Grazie all’omogenea distribuzione della temperatura, infatti, vengono migliorati il comfort e l’abitabilità delle stanze e si avrà fin da subito la percezione di un ambiente più sano e accogliente e un’immediata sensazione di benessere.
Inoltre, la diminuzione del moto di convezione dell’aria (il calore si diffonde per irraggiamento), comporta un minore movimento di polveri nell’ambiente, contribuendo a migliorare le condizioni di benessere e a ridurre la possibilità di reazioni allergiche, dando sollievo a persone con problemi respiratori.
Infine, la pittura termica con microsfere di ceramica ha la peculiarità di essere un regolatore dell’umidità degli ambienti trattati, ostacolando il formarsi di spore, muffe, muschi e il proliferare di germi.
È adatta a qualsiasi tipo di superficie murale interna ed esterna ed esistono anche variabili decorative di diversi colori. Senz’altro un’alternativa ideale alla classica pittura.
È stato emesso nei primi giorni del mese di marzo 2021, il primo Titolo di Stato Green, con scadenza 2045. Il Btp verde del Tesoro si propone di aiutare il Paese a sostenere gli obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030.
Btp Green (Green Bond Framework) è il primo Titolo di Stato verde della Repubblica italiana ed è dedicato al finanziamento delle spese sostenute dallo Stato a positivo impatto ambientale e, precisamente, andrà a finanziare soprattutto le spese del periodo 2018/2020, così come previsto dalla legge di bilancio per il 2020, pubblicata online dalla gazzettaufficiale.it.
Uno strumento per aiutare il nostro Paese a sostenere gli obiettivi previsti dall’Agenda 2030, gli obiettivi di matrice ambientale delineati dalla Tassonomia europea delle attività sostenibili, i sei punti elencati dal Consiglio europeo: la mitigazione dei cambiamenti climatici, l’adattamento ai cambiamenti climatici, l’uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine, la transizione verso un’economia circolare, la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento, la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.
Con l’obiettivo di investire in progetti per 35 miliardi di euro – tetto massimo “teorico” in quanto saranno le condizioni del mercato e, soprattutto, la domanda a stabilire il peso dell’emissione, Btp Green è stato comunicato ufficialmente dal MEF – Ministero dell’Economia e delle Finanze, illustrando le strategie ambientali della Repubblica Italiane e i meccanismi che accompagneranno l’emissione die Btp Green. Quattro meccanismi essenziali: i criteri di selezione delle spese presenti nel bilancio dello Stato ritenute ammissibili per le emissioni di Btp Green, l’uso del ricavato delle varie emissioni, il monitoraggio di tali spese e l’impatto ambientale delle stesse.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha affidato a un pool di banche il mandato per il collocamento sindacato del primo titolo di Stato green, un nuovo bond che verrà emesso in un mercato da oltre 400 miliardi di dollari (dati al 2020). Sarà quotato sui mercati secondari Mts e MoT e destinato esclusivamente agli investitori istituzionali, con un particolare focus su coloro che ancora non detengono titoli di debito pubblico. Inoltre, seguirà lo standard Green Bond Principles dell’Icma, Associazione internazionale dei mercati di capitali e, come informa il MEF, verrà redatto un documento annuale – l’Italian Sovereign Green Bond Allocation and Impact Report – che illustrerà l’allocazione delle risorse affidate allo Stato dagli investitori istituzionali che decideranno di puntare sui bond, oltre a fornire indicazioni sullo stato di avanzamento dell’erogazione delle somme.
L’emissione rappresenta un grande traguardo italiano, un successo verso una finanza verde che fa ingresso trionfante nei mercati, in un momento storico globale particolare, con tutto il mondo ancora impegnato a sconfiggere la più incisiva pandemia da oltre un secolo. E proprio questo, dona un valore aggiunto all’impegno nell’ottica della finanza green, un interesse espresso ormai da diverso tempo dai risparmiatori per la finanza sostenibile che è ormai impegno attivo, realtà.