RUBRICA – ATLAS PLANET: Viaggio sostenibile in Perù

Il viaggio alla scoperta del mondo di questa rubrica ha inizio da un meraviglioso Paese del Sud America, caratterizzato da paesaggi mozzafiato e ricco di natura incontaminata, con alle spalle una grande storia fatta di civiltà che si sono susseguite nel corso del tempo e che hanno contribuito a renderlo uno dei luoghi più affascinanti del pianeta: il Perù.

INFORMAZIONI GENERALI

Il termine Perù deriva dal termine Inca “pelu”, che significa “fiume”. 

Il Perù è il terzo Paese per grandezza del Sud America, dopo Brasile e Argentina, ed è caratterizzato da una popolazione multietnica di amerindi, europei, americani e asiatici, per un totale di oltre 33 milioni di abitanti, oltre un quarto dei quali sono concentrati nella capitale del Paese, Lima.

Le lingue ufficiali sono lo spagnolo, parlato da circa l’84% della popolazione, il quechua, parlato dal 13,7% della popolazione (e che in antichità era la lingua ufficiale dell’impero inca), e l’aymara, parlato in questo caso dal 1,7% di persone. Queste ultime due, sono lingue native americane del Sud America.

La moneta utilizzata in Perù è il Sol; un Sol peruviano equivale a circa 0,25€.

La Cordillera Blanca è una catena montuosa compresa nella parte settentrionale delle Ande, all’interno della quale è presente il monte Huascaràn, che, con i suoi 6.768 metri, è la montagna più alta del Paese.

A livello idrografico, il Perù ospita il 3,7% dell’acqua totale del pianeta, ed è qui che nasce il fiume più lungo del mondo, il Rio delle Amazzoni (6.992 km circa), precisamente dal monte Nevado Mismi, nel sud delle Ande (fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Perù).

Fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Amazon_origin_at_Mismi.jpg#filelinks

VIAGGIO IN PERÙ

Per viaggiare in Perù è necessario portare con sé il passaporto, con almeno sei mesi di validità residua dal momento in cui si arriva nel Paese, mentre invece il visto non è richiesto per soggiorni di durata inferiore a 183 giorni.

Partendo da Milano, un volo per Lima ha una durata media di circa 16 ore. Non esistono voli diretti per raggiungere il Paese sudamericano: la maggior parte degli itinerari prevede uno o più scali.

L’aeroporto principale del Perù è l’aeroporto internazionale di Lima Jorge Chàvez.

Il periodo ideale in cui visitare il Perù è quello che corrisponde alla stagione secca, che va da maggio a settembre.

In particolare, Settembre è un mese particolarmente adatto per trovare condizioni climatiche ideali nelle varie regioni del Paese, dalla costa alle Ande, ciascuna caratterizzata da un proprio microclima specifico. Le giornate in questo periodo, che è il più fresco e secco dell’anno, sono perfette per camminate all’aria aperta e per esplorare le meraviglie che questo Paese ha da offrire (fonte: https://stories.weroad.it/quando-andare-in-peru/#Il_clima_in_Peru).

In Perù è possibile individuare tre macro-aree principali: la zona desertica costiera, la zona andina, e l’area orientale, ricoperta dalla Foresta Amazzonica. Numerosi sono i siti di interesse che caratterizzano ciascuna di queste aree e che meriterebbero di essere menzionati.

Una delle attrazioni principali del Paese è senza dubbio il celebre e iconico sito archeologico di Machu Picchu, eletto Patrimonio UNESCO nel 2007, e realizzato nel 1440 circa dall’imperatore inca Pachacutec. Secondo alcuni studiosi, questa città fungeva da residenza estiva per l’imperatore e per il ceto nobiliare inca (fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Machu_Picchu).

In questo articolo, ci soffermeremo però su un’attrazione meno conosciuta rispetto alla celeberrima cittadina inca, ma altrettanto suggestiva e meritevole di ammirazione e incanto: la Rainbow Mountain.

RAINBOW MOUNTAIN

Non è infatti pensabile di recarsi in Perù senza visitare il Vinicunca, montagna delle Ande con un’altezza pari a 5.200 metri, detta anche  Montaña de Siete Colores o Rainbow Mountain.

La particolarità di questa altura è data dalla sua caratteristica colorazione a striature verticali di sette diversi colori, che ricordano un arcobaleno (da qui, la denominazione di Rainbow Mountain).

Questa particolare caratteristica è dovuta dalla presenza di diversi minerali nel terreno, e nello specifico:

  • il rosso: causato dall’ossido di ferro
  • il rosa: causato dal manganese
  • il giallo: causato dallo zolfo
  • il bianco: causato dal carbonato di calcio
  • il blu/verde: causato dal rame ossidato
  • il marrone: causato da un insieme di roccia e magnesio
  • il nero: causato dal granito

(Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Vinicunca)

Per raggiungere questo luogo d’incanto, che svela a pieno la propria magnificenza solo una volta raggiunta la vetta, è necessario essere pronti ad affrontare un’escursione piuttosto impegnativa della durata totale di circa sei ore, organizzabile in giornata con partenza all’alba da Cusco.

Infatti, oltre ai 1000 metri di dislivello, il trekking si svolge per la maggior parte in alta quota, fattore che non facilita una regolare respirazione.

Senza dubbio però, lo spettacolo mozzafiato che si presenta davanti agli occhi una volta raggiunta la vetta, ripaga della fatica fatta per raggiungere la meta.

ASSOCIAZIONI A TUTELA DELL’AMBIENTE

Il Perù, essendo caratterizzato da molteplici tipologie di habitat, ospita esemplari di flora e fauna molto diversi tra loro.

Per esempio, nella Foresta Amazzonica è possibile ammirare diverse tipologie di piante tropicali, come anche orchidee di varie specie, o avvistare caimani, giaguari, tapiri, pappagalli, scimmie e molto altro ancora.

Caratteristici del deserto sono cactus e piante tropicali, mentre sulle Ande è facile avvistare gli alpaca, animale simbolo del Paese.

RAREC- Rainforest Awareness Rescue Education Centre, è un un’associazione con sede a Iquitos, città nord-orientale del Perù, nel cuore della foresta amazzonica.

Questa società offre un rifugio temporaneo ad animali feriti o che vengono sottratti al bracconaggio.

L’associazione lavora con persone che vivono in comunità remote della Foresta Amazzonica, per dimostrare loro che esiste un’alternativa al bracconaggio e offrendo loro incentivi per incoraggiare la conservazione del patrimonio naturale.

Infatti, l’utilizzo senza scrupoli delle risorse naturali è una delle maggiori problematiche che affligge questa zona del Perù.

Se ti è venuta voglia di prenotare un biglietto per visitare questo meraviglioso Paese, e al contempo, renderti utile per la salvaguardia dell’ambiente, RAREC accoglie volontari provenienti da tutte le parti del mondo.

Ecco di seguito il link di collegamento al loro sito, in cui poter trovare tutti i dettagli: https://www.aynicooperazione.org/volontariato_internazionale/volontariato-ambientale-in-peru-con-rarec-rainforest-awareness-rescue-education-centre/

RUBRICA – Climatizzazione: i consigli dell’esperto

CALDAIA A IDROGENO

Caldaia-a-Idrogeno

L’introduzione di nuove Leggi Europee sul contenimento delle emissioni porta alla riconsiderazione di altre fonti, come ad esempio l’idrogeno, oltre a ridurre sensibilmente i costi, potrebbe anche diminuire notevolmente la nostra impronta di carbonio e quindi a riscaldarci in maniera più sostenibile.

L’idrogeno potrebbe servire non solo a riscaldarci, ma anche ad utilizzare i nostri elettrodomestici in maniera sempre più sostenibile. La caldaia a idrogeno a microcogenerazione in particolare, riesce a generare anche energia elettrica.

Perché passare al riscaldamento a idrogeno

In questo momento circa 8 case su 10 in Italia utilizzano caldaie a gas come combustibile per il loro impianto di riscaldamento. Le restanti 2 invece utilizzano sistemi come pompe di calore o il solare termico e quindi, almeno da un punto di vista di sostenibilità ambientale sono a posto. Per le restanti 8 invece, sarebbe necessario sostituirle con un’alternativa meno inquinante un processo costoso e proco pratico.

Anziché sostituire i sistemi di riscaldamento quindi, una soluzione migliore sarebbe quella di utilizzare un carburante a basse emissioni di carbonio. Per questo l’alternativa ideale è rappresentata dall’idrogeno. Le caldaie ad idrogeno infatti possono fornire sia riscaldamento che acqua calda che elettricità.

Come funzionano le caldaie a idrogeno

Prima di passare a spiegare quali sono i pro delle caldaie a idrogeno forse è necessario spiegare brevemente il loro funzionamento. 

Il principio di base è quello di usare l’idrogeno per alimentare gli elettrodomestici è quello di usare questo elemento, il più presente sull’atmosfera terrestre, come combustibile. Per fare ciò è quindi necessario separare l’idrogeno dagli elementi con cui è legato come ad esempio l’ossigeno.

All’interno delle celle a combustione avviene la scissione dell’elemento dell’acqua H2O nei suoi due elementi costitutivi ovvero idrogeno e ossigeno, un processo che genera vapore contenente energia termica. È questo vapore a rilasciare il calore necessario al riscaldamento così come è sempre questo vapore a muovere le turbine in grado di produrre l’energia elettrica innescando un vero e proprio processo di microcogenerazione. Ovviamente questa non è l’unica tecnologia tramite cui è possibile ottenere l’idrogeno, ma questa è sicuramente la più conveniente.

Le caldaie ad idrogeno vengono installate come le caldaie a gas, e, almeno esternamente, sono molto simili. L’unica differenza è che queste caldaie a idrogeno devono essere collegate, anziché all’impianto del gas, a quello dell’acqua in modo che possano essere sempre collegate al loro combustibile. Queste caldaie devono essere collegate anche alla rete elettrica, dal momento, che sono in grado di generare anche energia elettrica

I vantaggi delle caldaie a idrogeno                                               

Riduzione delle emissioni dei gas serra a zero. Uno degli obiettivi principali per cui sono state sviluppate le caldaie a idrogeno è quello della decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento che utilizziamo nelle nostre case. I combustibili fossili, infatti, ogni giorno rilasciano tonnellate e tonnellate di gas serra nell’atmosfera provocando un sempre più accentuato riscaldamento globale con conseguenze disastrose sul nostro pianeta.                                                                                                       

Efficienza energetica. L’idrogeno contiene una quantità abbastanza grande di energia. Alcuni calcoli dimostrano come un kg di idrogeno sia in grado di generare la stessa energia che generano 2,8 kg di benzina. Inoltre, l’idrogeno, essendo l’elemento più presente nel nostro pianeta, non rischia di esaurirsi.

Stoccaggio. No! Verrà prodotto a bordo macchina in quantità di poche decine di grammi in continuo e immediatamente bruciati. Produrrà il carburante necessario alla combustine in modo passo/passo.                        

Possibilità di generare corrente elettrica.

Accesso ad incentivi fiscali. È possibile usufruire delle agevolazioni del 65% per la sostituzione della caldaia o di quelle che ammontano al 50% che rientrano nel cosiddetto bonus ristrutturazione.

Tutela dei coralli

Coralli

I coralli rappresentano da secoli una delle manifestazioni più affascinanti della natura.

Basti pensare che il corallo rosso era già conosciuto e apprezzato da Greci e Romani, in quanto presente in abbondanza nel mar Mediterraneo, ritenuti rari e preziosi non solo per finalità ornamentali, ma anche per la produzione di medicine per la cura di patologie renali.

Il corallo rosso era, in realtà, tempo fa, abbondante anche in Italia, ma oggi è divenuto sempre più raro.

Emergono, al contrario, importanti novità rispetto ad altri tipi di coralli. 

È recentissima, infatti, la conferma che i fondali dell’Isola di Marettimo, nell’Arcipelago delle Egadi, sono ricchi di corallo nero.  Esso si trova a profondità elevate, tra i 50 e i 300 metri, ed hanno una struttura elastica che gli consente di resistere all’irruenza degli agenti marini, fungendo anche da rifugio per moltissimi altri organismi.

Non solo. 

A due chilometri dalle coste di Monopoli, in provincia di Bari, è stata scoperta la prima barriera corallina del Mar Mediterraneo.

La scoperta, dopo ricerche e studi durati tre anni, condotti da un gruppo di ricercatori del dipartimento di Biologia dell’Università di Bari, in collaborazione con l’Università del Salento e l’Università di Roma Tor Vergata, è stata pubblicata nel 2019 sulla rivista scientifica Scientific Reports.

La barriera corallina ritrovata in Puglia, lunga 2,5 chilometri, ha caratteristiche uniche e colori più tenui rispetto alle barriere delle Maldive o dell’Australia poiché in questi luoghi i processi di simbiosi delle madrepore sono facilitati dalla luce, mentre in quella italiana domina la penombra.  Ciò non impedisce a quegli animaletti marini che costituiscono i corallini bianchi di formare comunque imponenti strutture di carbonato di calcio, pur senza alghe. 

Non dipende da questo il diverso fenomeno dello sbiancamento dei coralli (c.d. bleaching) che rappresenta, invece, un segnale inequivocabile del processo di decadimento a cui tali creature sono sottoposte a causa del cambiamento climatico.

Infatti, i colori intensi delle barriere coralline che siamo abituati a vedere in alcuni fondali marini sono prodotti da un’alga unicellulare che vive in simbiosi con i coralli, alga che costituisce una fonte di energia fondamentale per gli stessi.

Purtroppo, l’innalzamento delle temperature marine provocato dai mutamenti climatici e dai livelli di inquinamento spinge i coralli a reagire espellendo questa alga simbiotica, assumendo, così, un colore bianco spettrale.

Tra l’altro, le stesse alterazioni ambientali provocano la diffusione incontrollata di predatori dei coralli.

Nel 2022 in Australia è stata diffusa una richiesta d’aiuto da parte dell’agenzia governativa che si occupa della Grande Barriera Corallina, preoccupata dal sesto episodio – nel giro di pochi anni – di sbiancamento di massa dei coralli.

Monitorando le barriere individuali pare, infatti, che il 93% delle stesse abbia già subito danni.

Il problema non è limitato soltanto ai coralli, estendendosi evidentemente il pericolo di sopravvivenza a più di millecinquecento specie di pesci, a sei specie di tartarughe marine e a trenta specie di delfini e di balene, tutti privati del loro habitat naturale. 

L’equilibrio della barriera corallina, rimasto intatto per migliaia di anni, è, quindi, seriamente minacciato dai cambiamenti climatici e – inutile negarlo – anche dall’attività dell’uomo che troppo spesso non prende in considerazione le conseguenze delle proprie azioni.

E i coralli reagiscono a tali effetti proprio come noi e come tutti gli altri esseri viventi.

Non è azzardato, alla luce di tutto ciò, pensare che le barriere coralline siano destinate all’estinzione, atteso che, quando gli eventi di sbiancamento dei coralli diventano regolari, gli stessi non hanno neppure più il tempo di rigenerarsi o di riprodursi.

Smart Road: l’autostrada sostenibile e intelligente

L’estate è ormai verso la sua conclusione ma nonostante questo rimane comunque la voglia di viaggiare in Italia o all’estero e visto i grandi costi dei mezzi come gli aerei o i treni, un’alternativa molto valida è quella del viaggio in macchina! Certamente questo graverà nuovamente sulla sostenibilità della nostra vacanza ma forse si sta finalmente arrivando ad una soluzione che segnerà la mobilità per i prossimi anni!

Stiamo parlando della Smart Road, letteralmente “strada intelligente” e porterà con sé tante novità in ambito sostenibile, tecnologico e sociale. La cosa che forse più sorprenderà però non è questa ma che la prima al mondo nascerà proprio nel nostro Paese, più precisamente sulla Salerno-Reggio Calabria!

Per chi non lo sapesse o non ha avuto la “fortuna” di calcare le proprie gomme su questo tragitto, è una delle arterie principali del sistema stradale, famoso per i tanti e infiniti lavori che non hanno quasi mai permesso una viabilità comoda ma spesso trafficata e piena di problemi legati anche alla natura geologica del territorio (tanto che proprio per questo solo recentemente è stata promossa ad A2, Autostrada del Mediterraneo precisamente).

Il rinnovato tratto quindi si prepara a sperimentare un’evoluzione epocale grazie all’implementazione della tecnologia smart road. Questa innovativa iniziativa mira a rivoluzionare l’esperienza di guida, migliorando la sicurezza, l’efficienza e la sostenibilità lungo il tragitto.

Questo implica l’integrazione di una vasta gamma di tecnologie avanzate tra cui:

  • Sensori di ultima generazione saranno disseminati lungo l’autostrada, monitorando costantemente il traffico, le condizioni meteorologiche e lo stato del manto stradale. Questi dati saranno elaborati in tempo reale per fornire informazioni preziose agli automobilisti, consentendo una guida più sicura e prevedibile.
  • Un elemento chiave della smart road sarà la comunicazione veicolare. I veicoli saranno in grado di scambiare informazioni tra di loro e con l’infrastruttura stradale. Questo permetterà di prevenire incidenti attraverso sistemi di frenata automatica d’emergenza e avvertimenti di collisione. Inoltre, le auto potranno adattare la loro velocità in base al flusso del traffico, migliorando così il flusso complessivo e riducendo le congestioni.
  • La sostenibilità sarà al centro della trasformazione. Pannelli solari lungo l’autostrada forniranno energia per alimentare le tecnologie smart e saranno integrati con stazioni di ricarica per veicoli elettrici. Questo promuoverà l’adozione di veicoli a basse emissioni e contribuirà alla riduzione dell’impatto ambientale.
  • Oltre agli evidenti benefici per i conducenti, la smart road offrirà vantaggi economici e sociali. Una maggiore efficienza nel traffico ridurrà i tempi di percorrenza e i costi operativi per le aziende di trasporto merci. Inoltre, l’accesso a dati dettagliati sul traffico consentirà una migliore pianificazione urbana e infrastrutturale.

In conclusione, la trasformazione dell’autostrada A2 in una smart road rappresenta un passo audace verso il futuro delle infrastrutture stradali. La sinergia tra tecnologie avanzate, comunicazione veicolare e sostenibilità contribuirà a ridefinire l’esperienza di guida e a plasmare in modo positivo il tessuto stesso delle nostre città e delle nostre vite.

La situazione sullo SMOG nella Pianura Padana

Nato dai termini inglesi “smoke” e “fog”, con “smog” si intende quel fenomeno urbano che prevede il rilascio massiccio di particelle inquinanti nell’aria, mettendo a forte rischio la salute del cittadino. Un argomento che viene spesso citato all’ordine del giorno dai notiziari ma con l’aggravante di essere ormai passato in sordina, stagnando nell’indifferenza.

Sarà nostro piacere ricordare di cosa si tratta, i pericoli, come migliorare e perché la Pianura Padana è diventata la zona più inquinata dallo smog in Europa.

COS’È

Oltre alla definizione citata poco fa, possiamo dire da cosa deriva o i fattori scatenanti: veicoli a motore come auto, moto, mezzi pubblici ma anche il riscaldamento domestico, oltre agli eventi atmosferici.

Tutti questi, generano il Particulate Matter, ossia il particolato o polvere sottile, generalmente indicato con PM, che ha una dimensione solitamente tra i 10 e 2,5 micron. Più è piccolo e più è in grado di entrare in profondità nei nostri polmoni, semplice no?

QUALI SONO I PERICOLI

Prendendo dal sito ufficiale dell’Istituto Superiore della Sanità: l’esposizione prolungata nel tempo anche a bassi livelli di PM10 e PM2,5 è associata all’aumento di disturbi respiratori come tosse e catarro, asma, diminuzione della capacità polmonare, riduzione della funzionalità respiratoria e bronchite cronica insieme ad effetti sul sistema cardiovascolare. Non poca roba diciamo, specialmente se si considera il tempo prolungato a cui siamo sottoposti a questa qualità dell’aria.

SIAMO PRIMI: LA PIANURA PADANA NE HA PIÙ DI TUTTI IN EUROPA!

Esatto, come possiamo leggere dall’ultimo report dell’Agenzia Europea dell’ambiente (EEA), nonostante i miglioramenti, i livelli di PM10 e PM2,5 sono ancora preoccupanti e ci portano tuttora ad avere in casa la regione più inquinata d’Europa.

Il perché è presto detto: il Nord Italia è fortemente industrializzato, ha una forte concentrazione di città urbane importanti tra le quali Milano, Torino, Padova, Venezia.

Una situazione che può sembrare in realtà analoga ad altre zone europee e in effetti è così ma ad aggiungersi c’è anche la conformazione territoriale che la rende unica. Troviamo infatti le Alpi e gli Apennini che sigillano la pianura, rendendo il ciclo dell’aria più lento e con una stabilità atmosferica maggiore, di conseguenza il ricircolo dell’aria è ostacolato maggiormente.

La classifica ad oggi delle città con più di 50 mila abitanti in Italia è la seguente:

1. Cremona
2. Padova
3. Vicenza
4. Venezia
5. Brescia
6. Piacenza
7. Bergamo
8. Alessandria
9. Asti
10. Verona

Milano è dodicesima, mentre Torino è quattordicesima. Se considerassimo le città europee, solo due città polacche e una croata avrebbero concentrazioni di PM2,5 maggiori di Cremona.

COSA POSSIAMO FARE

  • ridurre l’utilizzo dei veicoli a motore: se possiamo prendere una bici per arrivare a lavoro, usiamola. Se possiamo fare due passi per andare a fare delle commissioni, facciamoli.
  • Utilizzo dei mezzi pubblici: autobus, monopattini, metro. Tutti strumenti che ad oggi vengono forniti per aiutare il cittadino ad evitare la macchina o altri mezzi inquinanti in circolazione.

SUPERBONUS: le difficoltà fino ad oggi incontrate per i general contractor e il caso Energy Italy

Il decreto Rilancio del 2020 con il Superbonus 110 ha dato un forte sprint all’economia della riqualificazione energetica in Italia, fondamentale per diversi motivi.

Come ben sapete infatti nel 2020 il coronavirus ha messo in ginocchio tantissime strutture aziendali, ospedaliere e famiglie intere, necessitando quindi di una contromossa decisa e importante per sostenere il colpo. Inoltre, tra le altre cose, a livello urbanistico il territorio italiano era compromesso da una grande quantità di strutture abitative oramai decadenti o che comunque non venivano assolutamente incontro alle esigenze energetiche di allora (in realtà rimangono necessità anche oggi, anzi forse maggiormente vista la situazione in Est Europa).

In pratica diventa territorio ideale per lanciare il decreto che dovrebbe dare una nuova verve per garantire lavoro, interesse e soprattutto guardare al futuro concretamente assieme ad aziende, imprese edili, lavoratori del settore in piena attività per rinnovare le case esistenti e sfruttare al meglio le tecnologie delle rinnovabili.

Tutto molto accattivante sulla carta, ma purtroppo non sempre e oro ciò che luccica.

Nascono infatti tanti problemi legati in primis alle condizioni in cui riversano buona parte delle abitazioni. Se contiamo infatti gli abusi edilizi in Italia siamo al 13% ma per poter abbassare questa percentuale devono essere fatte delle demolizioni su cui poi costruire nuovamente, comportando dei costi in più. Quanto? Secondo lo studio riportato da SkyTg24 ogni demolizione comporta una somma da versare pari a 109 mila euro. Per quanto concerne invece la demolizione degli abusi, la stima minima degli edifici da abbattere è intorno ai 40mila, per un costo unitario di 100mila euro. La spesa totale minima è dunque intorno ai 4 miliardi di euro. Un numero enorme di abitazioni dei cittadini, che sicuramente avranno voluto approfittare giustamente del Superbonus 110% e dei suoi vantaggi ma che lungo la strada della riqualificazione energetica avranno trovato non pochi intoppi. Senza contare il fattore burocratico italiano, non proprio famoso per essere il più celere e oliato dell’Unione Europea.

Tutte facce del dado che purtroppo rendono una bella iniziativa in realtà una fatica in più per il cliente e chiaramente favoriscono la delusione una volta intrapresa la pratica per il SB110%.

Ma le aziende? Sicuramente anche loro non hanno incontrato poche difficoltà, sia per il cliente poco soddisfatto e convinto di poter riqualificare completamente casa sua con qualche migliaio di euro sia per le costanti e frequenti modifiche al decreto, che hanno ritardato spesso i lavori o dovuto cambiare le precedenze dei clienti (ad esempio uno delle modifiche imponeva delle nuove scadenze entro cui chi aveva la villa da riqualificare avrebbe dovuto concludere almeno il 30% dei lavori entro giugno 2021, mettendo quindi improvvisamente urgenza alle aziende).

Ma andiamo con ordine, chi sono le aziende protagoniste degli ultimi anni, soprattutto da quando esiste il Superbonus? Sono i General Contractor, ovvero compagnie in grado di fornire al cliente in un unico posto tutte le figure professionali in grado di portare avanti il cantiere, dal consulente all’ingegnere. Inoltre, l’azienda, nel caso del SB, potrà far firmare il contratto al cliente con la possibilità dello sconto in fattura in relazione ai costi che il General Contractor fatturerà per la realizzazione di interventi specifici oggetto di agevolazione.

Sostanzialmente ci si rivolge al General Contractor per avere una soluzione cosiddetta “chiavi in mano”.

Ma appunto come accennato poco fa, i problemi anche in questo caso non sono assolutamente inferiori, perché a causa delle numerose variazioni al decreto (21 correttivi in 30 mesi) ci sono stati rallentamenti importanti, senza contare che insieme a questo vi è anche una scarsità di materia prima, ritardando anche l’arrivo di infissi o cappotti per l’isolamento termico per esempio.

Nonostante tutto questo (tanta insoddisfazione, aziende nuovamente in ginocchio perché giustamente si sono fatte affidamento ad un sistema dello Stato), ci sono comunque realtà che tuttora stanno contribuendo a portare avanti i lavori presi in carico, usando anche le proprie casse per velocizzare quanto più possibile il percorso di ciascun cantiere.

Stiamo parlando di Energy Italy, General Contractor e azienda leader del settore della riqualificazione energetica, che ha inoltre espresso un parere in merito tramite il suo rappresentante d’eccellenza, il Presidente della Energy Holding Benedetto Roberto Ingoglia, in una recente intervista in merito ai problemi legati al Superbonus:

“È fondamentale che la politica metta da parte gli interessi di partito e trovi le soluzioni per far ripartire le cessioni del credito. Perché il Superbonus è un circuito che oltre a dare lavoro a tante persone, oltre a garantire un risparmio energetico alle famiglie, genera un ritorno per lo Stato pari al 47% della spesa in nuove tasse e Iva.”

Le difficoltà non sono certo mancate all’interno della azienda di Ingoglia ma hanno potuto affrontarle di petto grazie alla forza del loro gruppo e alla rete di imprese dislocata su tutto il territorio nazionale e che nonostante i numerosi cambiamenti normativi e alla carenza di materie prime è riuscita a portare a termine 129 cantieri e che ne ha in fase di realizzazione oltre 500, accontentando così più di 700 famiglie.

Concludendo quindi l’articolo in merito al Superbonus e chiudendo il cerchio con quanto detto all’inizio, quella del decreto Rilancio è sicuramente una splendida iniziativa che si scontra purtroppo con la realtà e tutte le sue sfaccettature. I clienti devono resistere così come per le aziende che purtroppo sono le prime che vengono additate come colpevoli di tutto ciò ma continuano a rispondere con i fatti a tutti.

Inquinamento atmosferico – di che si tratta, pericoli e situazione in Italia

Tra le diverse minacce potenziali e attuali, abbiamo quella dell’inquinamento dell’aria che ormai influenza la nostra quotidianità costantemente in maniera negativa.

Quando parliamo del tema però ovviamente c’è un mare magnum di terminologie e fenomeni associati, vediamo nel dettaglio che cosa si intende con inquinamento dell’aria.

CHE COS’È L’INQUINAMENTO DELL’ARIA?

Tecnicamente quando si parla di inquinamento dell’aria, la terminologia corretta sarebbe inquinamento atmosferico, e si intende per indicare la presenza di sostanze nell’aria, nello stato gassoso, vapori, nebbie o pulviscoli, che possano avere effettivi nocivi per gli esseri viventi o dannose per i materiali (fonte: Treccani).

Possiamo dunque dedurre già da questa definizione che non viene inteso tradizionalmente come solo come contaminazione di gas derivato dalla combustione, ma di sostanze differenti e spesso anche ancora più nocive. Ci sono intanto due categorie a proposito: l’inquinamento da sostanze naturali e sostanze umane.

Emanazioni vulcaniche, radioattive, gas putrefattivi da terreni paludosi, polveri sollevate dal vento, pollini e spore fungine appartengono alla prima categoria citata; lo smog derivato da combustione fossile, le scorie gassose industriali appartengono invece alla categoria dell’azione negativa dell’uomo sull’aria.

La data o il periodo preciso in cui l’uomo ha cominciato a diffondere nell’aria sostanze nocive non è chiaro: dal XIII secolo viene introdotto il carbon fossile e si verificarono inconvenienti dovuti alla presenza della combustione incompleta del carbone ma in realtà il vero punto di non-ritorno avviene con la rivoluzione industriale, momento cruciale in cui progressivamente sono aumentate le emissioni dei gas tossici nell’atmosfera.

INCIDENTI STORICI

Solo recentemente l’inquinamento atmosferico sta ottenendo la giusta attenzione legislativa, ovviamente sempre a seguito di gravi incidenti che hanno caratterizzato la drasticamente vita sociale e l’ecosistema di una determinata area geografica.

Alcuni tra i più famosi e disastrosi sono l’esplosione della centrale nucleare di Cernobyl, il Grande Smog della Londra del 1952 (12 mila morti) dove il diossido di azoto intossicò la popolazione della città, oppure il più grande di sempre, con più di 21 mila vittime e 500 mila intossicati, il disastro di Bhopal in India dell’ ’84 dove la allora nota industria multinazionale di pesticidi subì una perdita di Isocianato di metile senza precedenti a causa della scarsa manutenzione e condizioni di lavoro disumane. Come detto, questi incidenti non solo sono un danno permanente nella mente delle persone ma anche per l’ambiente: basti pensare che ora nella zona indiana dove è capitato l’ultimo evento elencato, l’ex stabilimento non è stato bonificato e continua ad inquinare le zone circostanti.

QUALI SONO AD OGGI I PERICOLI LEGATI ALL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO?

La diretta correlazione tra inquinamento atmosferico e salute non è ancora ben chiarita, ma è certo invece come influenzi le condizioni polmonari con l’infiammazione bronchiale l’azione irritativa sulle prime vie respiratorie. C’è ancora oggi la discussione se questi elementi nell’aria siano fattori scatenanti dei cancri polmonari.

Il problema sicuramente è anche il fattore meteorologico, dove i venti sicuramente contribuiscono alla diffusione di certi elementi nocivi o peggio ancora miscelarli tra loro, creando un nuovo pulviscolo atmosferico (noto anche come PM10 o PM 2,5, a seconda del diametro misurato in micron) in grado di essere ancora più determinante per l’effetto nocivo sulla salute.

Oppure ancora, sempre sul fattore meteorologico esiste il cosiddetto effetto di d’inversione termica, caratterizzato dalla permanenza in contatto del suolo di masse d’aria più fredda di quella degli strati sovrastanti, provocando la sospensione dei moti convettivi e quindi l’accumulo nell’aria degli inquinanti.

SOLUZIONI? LIMITATE

Il perché è presto detto, ovvero che le cause di questo fenomeno ormai onnipresente sono diverse sia nella quantità che nella natura.

Ma qualcosa si può fare, ad esempio regolazione, manutenzione e buona conduzione degli impianti delle combustioni nonché impiego di combustibili di buona qualità. Un altro metodo per contrastare l’eccessiva produzione di inquinamento atmosferico può essere la rivisitazione della gestione del traffico urbano con soluzioni cittadine in grado di adattarsi al movimento odierno, velocizzandolo.

E IN ITALIA?

Nell’ultimo rapporto annuale World Air Quality Report di IQAir, che stima i livelli di inquinamento dell’aria in tutto il mondo, l’Italia si posiziona tra le 100 nazioni per qualità dell’aria (67sima per essere precisi). Ricordiamo inoltre che questa classifica si basa sullo studio delle nazioni e della diffusione del PM2.5 (pulviscolo con dimensione uguale o inferiore a 2,5 micron).

Un dato poco rassicurante che purtroppo ci vede tra i protagonisti di un panorama sempre più saturo di un elemento pervasivo come l’aria, che inevitabilmente condiziona le nostre vite.

LA TRAPPOLA DEL GREENWASHING: QUELLO CHE LE IMPRESE NON DICONO

Il tema della sostenibilità ambientale e dell’etica aziendale è sempre più sentito al giorno d’oggi in un mondo flagellato dalla crisi: una crisi economica, sociale, morale, ambientale e culturale.

Le aziende costruiscono il rapporto con i propri consumatori sulla fiducia reciproca. Una fiducia, però, che si presenta come un’arma a doppio taglio: può portare al successo dell’impresa ma anche al suo declino se disattesa.

Con la crescente attenzione verso il cambiamento climatico e la sensibilità dei consumatori verso le tematiche green, la tentazione da parte delle aziende di dare un’immagine verde per attirare clienti è molto alta. Se però le dichiarazioni non corrispondono alla sostanza il rischio è quello di scivolare nella pratica del Greenwashing, ossia di darsi una patina di società attenta all’ambien- te anche se non è così.

Per Greenwashing quindi si intende una tecnica di di marketing perseguita da aziende, istituzioni ed enti che propongono come ecosostenibili le proprie attività, esaltando gli effetti positivi di alcune iniziative e al contempo cercando di occultare l’impatto ambientale negativo dell’impresa nel suo complesso.

Non si tratta tuttavia di un fenomeno nuovo: a citarlo per la prima volta fu l’ambientalista statunitense Jay Westerveld. Egli utilizzò questo termine nel 1986 per stigmatizzare la pratica delle catene alberghiere che facevano leva sull’impatto ambientale del lavaggio della biancheria per invitare gli utenti a ridurre il consumo di asciugamani, nascondendo in realtà una motivazione economica (relativa a un taglio nei costi di gestione).

Nei casi più frequenti di Greenwashing, la comunicazione presenta le seguenti caratteristiche: non vi sono informazioni o dati puntuali che supportino quanto dichiarato; le informazioni e i dati vengono dichiarati come certificati mentre invece non sono riconosciuti da organi autorevoli; vengono enfatizzate delle sin- gole caratteristiche di quanto comunicato; le informazioni sono generiche al punto da creare confusione nei consumatori; possono essere utilizzate etichette false o contraffatte; infine, sono riportate affermazioni ambientali non vere.

Quali sono i rischi legati al Greenwashing?

Uno dei principali è la perdita di fiducia: una volta che i consumatori scoprono di essere stati ingannati è molto difficile ricostruire l’immagine e la reputazione della società con la conseguenza che il danno può essere anche superiore al beneficio che l’azienda sperava di ottenere.

Altro pericolo è la mancanza di un’azione concreta per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità. Se un’azienda vede premiati i propri slogan di Greenwashing potrebbe accontentarsi di quel risultato senza impegnarsi e fare gli investimenti necessari per migliorare il proprio modello produttivo.

Per quanto riguarda il settore finanziario il rischio è quello di finanziare progetti e imprese che non apportano alcun beneficio per l’ambiente e le persone.

Come si può fare quindi per evitare le trappole del Greenwashing?

L’Europa sta venendo in aiuto creando una normativa stringente su quello che può essere definito green. Il principale strumento normativo è la Tassonomia UE, adottata dal Parlamento nel 2020, con l’intento di definire univocamente, nell’ambito dei mercati

finanziari, “l’attività economica sostenibile dal punto di vista ambientale”. Un sempre maggior numero di aziende sarà poi tenuto a dare il proprio resoconto delle attività sostenibili e dei reali risultati raggiunti attraverso la dichiarazione non finanziaria delle imprese come ribadito con la direttiva EU NFDR (Non Finance Reporting Directive), mentre i fondi comuni di investimento dovranno precisare il grado di allineamento dei propri assetti alla Tassonomia, come stabilito dalla SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation).
Ma ciò sicuramente non basta, è fondamentale che i sistemi di standardizzazione siano chiari e resi obbligatori il più possibile.
Prima di comprare un prodotto o uno strumento di investimento dalle caratteristiche green bisogna informarsi accuratamente, appurarsi che l’ecologismo non sia puramente di facciata!

WOO: IL MARCHIO SALENTINO DELLA MODA SOSTENIBILE

Cosa intendiamo con l’espressione moda sostenibile? La moda che rispetta l’ambiente e la società in tutte le sue fasi! Un movimento, un processo di promozione del cambiamento del settore verso una maggiore integrità ecologica. Un cambiamento che interessa tutta la filiera: concezione, produzione, distribuzione, vendita e smaltimento. Ed anche (e soprattutto, direi) il consumatore. Sempre più consapevoli ed esigenti, attenti a prendersi cura dell’ambiente che abitiamo in ogni modo. Una moda che si propone di utilizzare, consapevolmente, materie prime meno inquinanti, e di ridurre gli sprechi nella produzione, come i costi di acqua ed elettricità e produrre parti durevoli, stimolando il consumo consapevole. Una vera e proprio rivoluzione, oggi sempre più caratterizzante la nostra società. Un movimento che intreccia le sue origini con quelle del movimento ambientalista moderno e che si pone l’obiettivo di educare i clienti a praticare un consumo green, rispettoso dell’ambiente, nonché delle persone che ne fanno parte, ma anche di aumentare il valore della produzione e dei prodotti locali, dei capi di abbigliamento, prolungare il ciclo di vita dei materiali, ridurre la quantità di rifiuti e i danni all’ambiente creati dalla produzione e dal consumo.

Punto di partenza e filosofia d’azione dell’ideatrice del marchio salentino Woo. Giulia Petronella, giovane imprenditrice di Mesagne (BR), che nel 2020, rientrata a casa dopo dieci anni vissuti nel Nord Europa, ha dato vita al marchio sostenibile di cappotti, borse e accessori impermeabili.

Tradizione familiare e rispetto di ambiente e lavoratori sono i punti di forza di Woo. L’idea di Giulia va infatti fatta risalire all’attività di famiglia: l’impresa dei genitori produceva cerate per i pescatori, e rappresenta per l’imprenditrice pugliese un fantastico bagaglio di risorse, conoscenze, mano d’opera che la pone in una situazione di vantaggio.

WOO è la collezione di abbigliamento e accessori con le radici nella pesca e il mood nell’urban lifestyle. Un team tutto al femminile, che mantiene le sue radici nella città natale di Giulia, anche per quel che riguarda la produzione, che avviene a chilometro zero, ma guarda allo stile nordeuropeo fatto di tagli lineari e forme pulite. Produce (solo dopo l’ordine del cliente – così da creare capi ad hoc per ogni singolo cliente!) capi durevoli in PVC, collaborando con fornitori certificati che producono PVC riciclabile al 100%, conforme agli standard Reach e privo di metalli pesanti, dannosi per la salute delle persone. Un PVC che consuma meno acqua ed energia rispetto ad altri materiali, come ad esempio la pelle.

SLOW TOURISM: UN NUOVO MODO DI VIAGGIARE SOSTENIBILE

Tradotto in italiano con l’espressione “Turismo lento”, lo Slow Tourism rappresenta una vera e propria innovazione, una nuova modalità di viaggiare sostenibile e responsabile che invita i travelers alla valorizzazione del territorio.

Si contrappone al più noto “Turismo di massa” e trasforma le nostre vacanze in esperienze uniche, complete e coinvolgenti, in- vitandoci, appunto, a rallentare il ritmo per partire alla scoperta di culture e territori, abbandonando la frenesia che molto spesso caratterizza la nostra quotidianità. Lo Slow Tourism ha un’anima green: un tuffo nel territorio nel rispetto dei viaggiatori e non solo, delle tradizioni e dell’ecosistema. Una filosofia di viaggio, o meglio, di vita, che consente di ammirare il lato più autentico di una destinazione, ciò che ci circonda, e vivere l’esperienza del viaggio in pieno relax.

Viaggiare in maniera sostenibile e intelligente, vivendo a pieno l’esperienza del viaggio, la natura, le emozioni. Mettere al centro del viaggio il viaggio, nel più autentico significato di “spostamento da un luogo all’altro”, il percorso, e non la destinazione. Procurare benefici sia al nostro fisico e alla nostra mente, sia al luogo. Benefici quali riscoprire il vero piacere del viaggio, immergendo- si in una dimensione genuina, in una natura incontaminata, o vivere esperienze autentiche, aiutando corpo e mente a liberarsi dalla routine e vivere con più calma. Contribuire ad un turismo ecologico ma anche essere predisposti a scoprire i nostri cinque sensi, le nostre emozioni. Un viaggio per il quale sono sufficienti scarpe comode e partire!
Quando nasce il “Turismo lento”? Le sue origini risalgono al 1986, come movimento culturale e gastronomico fondato da Carlo Petrini, sociologo, gastronomo, scrittore e attivista della nostra penisola. Con l’obiettivo di proporre un cambiamento focalizzato sull’invertire la velocità con cui scorre la vita perché una maggiore lentezza equivale a una maggiore consapevolezza. Le sue origini si inseriscono nel più ampio movimento Slow; nasce infatti per protesta contro l’apertura di un McDonald’s in Piazza di Spagna a Roma, alla quale seguì la creazione di Slow Food, organizzazione nata in risposta al dilagare del fast food, del cibo spazzatura e delle abitudini frenetiche, non solo alimentari, che caratterizzano la vita moderna. La filosofia Slow ha poi influenzato altri settori, come quello del viaggio.

Solo negli ultimi anni e, precisamente, post pandemia, il “Turismo lento” ha riscontrato un enorme successo nel nostro Paese. Oggi, in Italia, sono molte le mete per vivere l’esperienza dello Slow Tourism: splendidi cammini immersi nella natura, lunghe piste ciclabili, incantevoli itinerari panoramici, … Eccone una lista delle più amate e ricercate dai viaggiatori sostenibili:

  • il Cammino delle Terre Mutate, un itinerario solidale nato dopo il terremoto del 2016 tra Marche, Umbria e Abruzzo. Oltre duecento chilometri alla scoperta di tradizioni e culture, alla scoperta delle terre del cambiamento;
  • il percorso del fiume Titerno, nell’entroterra campano, per fare trekking tra le Forre di Lavello, raggiungere le Gole di Caccaviola, attraversando incantevoli panorami;
  • la ciclovia del Po, per gli amanti della bici, è un lungo itinerario che segue il corso del Po per quasi duecentocinquanta chilometri immersi nella natura;
  • le Grotte di Catullo, a pochi passi da Sirmione, ammirando il suggestivo panorama del lago di Garda;
  • terre di Siena, nell’incantevole panorama toscano, una delle mete più affascinanti per chi ama il trekking, offrono differenti percorsi tra vigneti e colline;
  • le Dolomiti, Patrimonio dell’UNESCO, che donano ai viaggiatori paesaggi mozzafiato, ideali per fare trekking ma anche da attra- versare in bici;
  • le Cinque Terre Express, un viaggio in treno per ammirare gli incantevoli borghi della Liguria;
  • il cammino Palermo-Messina, che attraversa la splendida Sicilia e si immerge nella natura del Parco delle Madonie, fino ad arrivare alle pendici dei Monti Nebrodi;
  • il Sentiero degli Dei, lungo la Costiera Amalfitana;
  • il Bernina Express, un treno che attraversa paesaggi meraviglio- si, partendo da Tirano, fino ad arrivare nella svizzera Sankt Moritz.